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Editoriale



Editoriale/Alla ricerca del minore dei mali

Giancarlo Bosetti

 

 

Giancarlo Bosetti I lettori di "Caffe’ Europa" scrivono

Tra i messaggi che i lettori di Caffe’ Europa ci mandano, ce ne sono di due tipi: una minoranza che ha la certezza assoluta che i bombardamenti non si dovevano fare comunque e quelli che invece sono d’accordo con la linea che abbiamo proposto: si’ all’inizio di una azione militare contro Milosevic in difesa dei diritti umani, ma senza smettere di ragionare sia sulla natura di questa guerra sia, e soprattutto, sul modo in cui viene condotta. Ai primi dico che si sbagliavano e si sbagliano. E ora cerchero’ di spiegare loro perche’. Ai secondi dico che i dubbi crescono perche’ i risultati sperati (sconfitta del regime di Belgrado e rientro dei profughi) non arrivano, almeno fino a questo momento. E arrivano invece sempre nuove notizie di errori atroci della Nato, massacri di massa ad opera dell’esercito e dei reparti paramilitari serbi, cacciata della popolazione albanese dal Kosovo. Alcuni di questi lettori entrano nella discussione e cercano di mandarla avanti con i loro dubbi e le loro proposte, che pubblichiamo. Se dovessi giudicare da queste reazioni direi che l’opinione pubblica italiana non e’ divisa in modo fazioso e netto in due parti, ma e’ interamente attraversata dalle incertezze. Salvo una minoranza attestata sulle antiche posizioni antiamericane, nessuno trova la soluzione del problema pescando tra le proprie vecchie passioni politiche, di sinistra o di destra.

 

I difetti della NATO

La questione dunque si presenta complicata e priva di scorciatoie liberatorie; non basta questa volta trovare un nemico cui dar torto (che sia il governo, la Nato, i comunisti o chi vi pare) per riordinare le idee e trovare la bandiera sotto la quale schierarsi. Anche chi, come me, e come molti di voi che ci scrivete, pensa che non si poteva piu’ tollerare che il regime di Belgrado procedesse sistematicamente e dichiaratamente alla "serbizzazione" di un territorio abitato al 90% da non-serbi, e che fosse necessario intervenire con le armi, sa tuttavia che un’azione della Nato non e’ una "formula modello" per il ristabilimento dei diritti umani. Non abbiamo trovato la chiave per l’ordine democratico del mondo, dal momento che l’alleanza di diciannove paesi democratici, affidabile sicuramente piu’ di ogni altro strumento disponibile, non rappresenta il mondo intero. D’altra parte l’Onu non e’ "operativa" per una infinita’ di ragioni, la prima delle quali e’ che – come e’ stato scritto – non c’e’ un regime criminale al mondo che non riesca a trovare l’appoggio di un veto nel Consiglio di sicurezza. E cosi’ almeno e’ stato finora. Ma se ad agire e’ un soggetto "parziale", come la Nato, la sua natura di polizia universale dei diritti umani e’ quanto meno difettosa. C’e’ un difetto di mandato, anche se le opinioni pubbliche di diciannove paesi solidi e democratici, rappresentano pur sempre una garanzia maggiore di una consorteria di dittatori. E c’e’ un difetto di legittimita’: chi e con quali regole fissa i limiti dell’azione militare?

 

Le mani sporche del non-intervento

Questi dubbi pero’ non sono sufficienti a farci dire che, data la natura imperfetta, dal punto di vista della universalita’, della Nato, allora non si doveva agire con la forza. La strettoia logica e politica consiste nel fatto che c’e’ una responsabilita’ fortissima, e complice dei crimini etnici, anche nella posizione del "non-intervento". Non c’e’ un limbo per le anime innocenti, che credono di mantenere le mani pulite solo perche’ dicono "no ai bombardamenti". Finora si trattava di decidere quale era la via "meno sporca". E "meno sporca" e’ sicuramente la via dell’azione. In assenza di un esercito europeo, che a muoversi sia la Nato, cioe’ in primo luogo gli Stati Uniti, e’ il minore dei mali. Ma il ragionamento (insieme agli eventi) non si ferma qui, perche’ il "minore dei mali" deve essere valutato in modo pragmatico, e’ un eccellente e saggio criterio, che ha pero’ una caratteristica: non e’ un dogma, si stabilisce volta per volta sulla base della valutazione dei fatti.

 

La posta: il controllo del territorio kosovaro

La discussione che ospitiamo sulle nostre pagine, tra Habermas, Pizzorno, Bobbio, Ferrajoli e altri (e che continuera’) aiuta a chiarire le questioni di diritto internazionale e i conflitti di principio entro i quali siamo costretti. Ma intanto i fatti non vanno persi di vista: le garanzie per il rientro dei profughi non sono sufficienti, l’esercito serbo non e’ stato neutralizzato, Milosevic non e’ stato piegato ad accettare il piano G8, anche se qualche segnale in queste ore dice che potrebbe farlo. E’ evidente che, in assenza di risultati, la sospensione unilaterale dei bombardamenti non sarebbe una soluzione del problema (ed e’ purtroppo vero che la situazione dei profughi oggi e’ peggiore che all’inizio delle operazioni). Non lo sarebbe pero’ neanche la loro prosecuzione a tempi indefiniti, dal momento che la posta in gioco non e’ la distruzione della Serbia ma il controllo e la sicurezza del territorio del Kosovo. Le prossime mosse, in una ipotesi ragionevole, sono quelle indicate dalla proposta italiana, basata sulla richiesta a Russia e Cina di sostenere un intervento Onu sul terreno per proteggere il rientro degli albanesi cacciati dalle loro case. Una ipotesi difficile e che comunque puo’ essere sostenuta solo mantenendo aperta la pressione militare. Il che significa la continuazione dei bombardamenti e la minaccia, che potrebbe anche rapidamente tradursi in atto, di un intervento della Nato sul terreno. Quest’ultima possibilita’ non puo’ non essere contemplata (e l’averla esclusa in partenza da parte di Clinton e’ stato largamente giudicato un errore strategico, che ha avuto come conseguenza l’accelerazione della pulizia etnica), ma dovra’ necessariamente passare al vaglio delle opinioni pubbliche dei diciannove paesi che manderanno i loro soldati. Nel caso che il controllo del terreno kosovaro fosse invece opera dell’Onu, questo ne ridurrebbe il carattere di occupazione militare e ne accentuerebbe la funzione di gendarmeria. E’ molto probabile insomma che nel secondo caso si spari di meno. Ma molti fattori virtuosi devono convergere perche’ questa ipotesi si realizzi. E al momento i fattori virtuosi principali (i ripensamenti russo e cinese) mancano all’appello.

Questa in sintesi e’ la mia opinione, per i lettori che me l’hanno chiesta. Possono aggiungerla alle altre, alcune simili altre no, che trovano su Caffe’ Europa e confrontarla con la loro. E informarci delle loro conclusioni.

 

PS – Apriremo presto il capitolo del dopoguerra e vedremo che parte puo’ avere l’Europa nel tentativo di stabilizzare i Balcani. Presenteremo e discuteremo il piano di allargamento dell’Unione europea ali stati balcanici, di cui il presidente Prodi ha parlato fin dal suo insediamento a Bruxelles.

 

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