Nella storia dei referendum, questo sulla abolizione
della quota proporzionale nella legge lettorale, va a finire nella lista dei fallimenti,
accanto a quelli del 1990 sulla caccia e sullimpiego dei pesticidi e
allimponente stock di quesiti del 1997 (golden share, obiezione di coscienza, ancora
la caccia, labolizione dellOrdine dei giornalisti etc. etc. etc.). E un
fallimento assai piu di misura di quelli precedenti, al punto da aver mandato a
letto gli italiani la notte del 18 aprile quasi convinti che avesse vinto il si.
Ancora piu risicata risulta la sconfitta dei promotori se si considera come
e indispensabile fare il fatto che lattenzione dellopinione
pubblica era rivolta giustamente alla guerra e che lesito del referendum
quale che fosse non avrebbe potuto attenuare le preoccupazioni che vengono da
quella parte. Ma e un fallimento. Ed e una sconfitta. Dei referendari. Ora si
tratta di vedere quali conseguenze avra sulla vita politica nazionale, a cominciare
dallelezione del presidente della Repubblica, e che cosa ne sara del
tormentato capitolo delle riforme elettorali. I due schieramenti, durante la campagna
elettorale, hanno palesemente esagerato le conseguenze di una vittoria degli avversari: da
parte del "si" vi e stata una eccessiva enfasi (Segni, Di Pietro,
non Fini e Veltroni, e tanto meno DAlema e Berlusconi) nel ritenere che una vittoria
avrebbe automaticamente portato a compimento, con una spallata, la transizione italiana
verso un efficace sistema bipolare; da parte del "no" (Bertinotti, Cossutta,
Bossi, ma non Marini) si sono alimentate speranze che, sconfitti i referendari, si potesse
andare avanti allinfinito con una serie di partiti, piccoli e medi, in grado di far
cadere qualunque governo in qualunque momento.
Ma una riforma ci vuole lo stesso
Cosi non e. Una vittoria del si avrebbe probabilmente
facilitato una riforma elettorale, ma non ce lavrebbe regalata per incanto. La
vittoria del no rende questa riforma piu difficile, ma non certo meno necessaria. Si
tratta di vedere quale. E qui la stessa natura del referendum fallito non rende la
risposta al quesito, si o no, cosi come era formulato, di per se
risolutiva. Infatti il comitato di Segni, Abete e soci colpiva il residuo proporzionale
(25%) della legge Mattarella, che non e affatto la ragione principale che causa
frammentazione e proliferazione dei partiti. La questione posta nella scheda consegnata
agli elettori aveva certamente un significato politico e indicava, se si rispondeva
"si", il desiderio di semplificare e stabilizzare la vita politica
italiana in senso bipolare, se si rispondeva "no" (o se non si andava a votare)
il desiderio di difendere la rappresentanza di formazioni minori, ma non toccava
esattamente il punto cruciale da cui scaturisce linstabilita dei governi.
Rispetto a questo problema si trattava di un quesito sghembo.
La madre di tutti i guai
I governi eletti con il Mattarellum in Italia non sono instabili
perche gli elettori sono affezionati ai loro partiti, grandi e piccoli, non cadono
perche ce una scheda proporzionale con la quale e possibile
mandare in Parlamento anche formazioni dell1%. No, i governi cadono perche
sono espressi da coalizioni eterogenee che perdono pezzi lungo la strada, dopo essere
state elette. E questa eterogeneita, allo stato dei fatti, e indispensabile
per vincere le elezioni, ma non a causa del residuo proporzionale, bensi a causa
del sistema maggioritario a turno unico. E questultimo la madre di tutti i
guai. Non sto rivelando un segreto. Guardate, lo ha detto tante volte e non in sedi
riservate ma sulla prima pagina del Corriere della Sera, Giovanni Sartori: se chi ha
piu voti nel collegio uninominale prende il seggio al primo colpo fara accordi
anche col diavolo pur di non lasciarlo ai suoi avversari. E questo meccanismo che
produce instabilita, come dimostra la storia del governo Berlusconi (nato dalla
mescola di diavolo e acqua santa, con Bossi e Fini): la Lega provoco il ribaltone
dopo avere eletto il grosso dei suoi parlamentari non con il recupero proporzionale
bensi con gli accordi di cartello fatti con il Polo per candidare i suoi nei collegi
uninominali. E lo stesso dicasi per Rifondazione che ha fatto cadere il governo Prodi con
i voti guadagnati, non con la proporzionale, ma con gli accordi di desistenza fatti con
lUlivo. Capito?
Un doppio turno ci salvera
Solo con il doppio turno gli elettori possono vedere, prima,
rappresentate le proprie specifiche preferenze politiche, e, poi, dirottare i propri voti
su una seconda scelta, il meno peggio tra i candidati che rimangono in lizza al secondo
turno. Anche in questo caso sono naturalmente possibili accordi, ma la confluenza verso
maggiori aggregati sara molto piu forte. E il doppio turno
lobbiettivo fondamentale, non la soppressione della quota proporzionale. Resta da
stabilire quale tipo di doppio turno (proposta Amato, proposta Sartori, altre), ma questa
e materia dei prossimi mesi, quando si dovra decidere in ogni caso una ripresa
della discussione sulla revisione costituzionale. Per quanto faticosa e certamente
adesso, dopo la vittoria del no, un po piu faticosa questa tappa
e inevitabile. Nulla e nessuno ce la possono risparmiare.
E allora e il caso di mettere da parte i toni esagerati, da una parte e
dallaltra. Non avremo stabilita di governo, e dunque nessuna politica
potra essere efficace e nessuna coalizione potra realizzare il suo programma
fino alla fine della legislatura, se non si cambiano le regole elettorali. E qualunque sia
il prossimo presidente della Repubblica.