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Editoriale



Falce e martello? Non li vuole neanche l’"Huma"

Giancarlo Bosetti

 

 

 

Giancarlo Bosetti Falce e martello cadono dall’ultimo dei monumenti al marxismo-leninismo: l’Humanité, il quotidiano comunista francese, che abbandona anche la dicitura "quotidiano del Pcf". La caduta è annegata in una riforma grafica, nuova foliazione, più colore, introduzione di tribune di opinione aperte agli esterni, ma caduta rimane. Certezze che vengono meno. "Dispiaceri per Billancourt", avrebbe detto Sartre alludendo alle falangi operaie rosse, della Renault cui si dovevano nascondere certe verità troppo crude, come Budapest nel ’56 o Praga nel ’68. Che cosa è rimasto oggi di quelle falangi? Chissà quanti sono ancora a patirli, questi dispiaceri, come "rospi da ingoiare", sacrifici "tattici" per apparire più rispettabili alla "borghesia", concessioni agli alleati "socialisti" nel governo? E quanti invece a vederli come naturale evoluzione verso la democrazia di una testata dalla lunga storia? E poi l’abbandono delle insegne compromesse farà aumentare o diminuire le copie? Vedremo.

Nonostante la lunga comune affiliazione alla casa madre sovietica, il parallelo tra i due più grandi partiti comunisti d’occidente – quello italiano e quello francese – da un certo punto in là si è perso per strada: storie separate. Neppure più si somigliano tanto quelle del Pcf e quella di Rifondazione. é vero che anche Bertinotti ha innovato la simbologia, sostituendo sulla sua giacca la falce e martello con la bandiera tricolore curda. Ma il partito di Robert Hue è saldamente al governo, e anche se diviso tra correnti populiste, operaiste, nostalgiche è in mano ai moderati che tengono moltissimo alla salute del legame con i socialisti. La vocazione governativa vince sui "rospi" da ingoiare. Non cosi’ è, come si sa, per i compagni italiani. Una Humanité senza dogmi marxisti e senza insegne è una gigantesca sfida alla tradizione. Fine delle certezze e passaggi di epoca.

Ricordo di aver sentito le placide e impotenti rimostranze di un dirigente comunista francese contro i cugini "snob" del Pci di Berlinguer e dei suoi eredi: "Noi non chiediamo ai compagni italiani di andare d’accordo con noi, noi non chiediamo ai compagni italiani neppure di cercare qualche forma di confronto e di convergenza con noi, noi chiediamo ai compagni italiani molto meno: di smetterla di usare l’espressione ‘comunisti francesi’ come un insulto nelle loro discussioni!". Quell’abitudine italiana, non solo dentro il Pci, era un autentica scortesia, non nuova per il costume della tradizione comunista, ma praticata anche in altre famiglie: pensate ai bulgari, diventati emblema – non si sa neanche se davvero meritatamente – di una osservanza servile verso gli alleati più forti. L’abbandono della falce e del martello ora sta a dire, quanto meno, che prevalgono per il momento quelli che non credono più a un loro possibile rinnovato "appeal". Se vogliamo, questo è anche un contributo al dibattito sulla riformabilità del comunismo. Sono recuperabili falce e martello? La risposta dell’Humanité è: no. E se lo dicono i "francesi" – senza offesa – vuol dire che quella tradizione è agli ultimi termini.

La discussione sulla riformabilità del comunismo si può dunque per il momento mettere via. Ce n’è un’altra che si sta imponendo. Dopo le dimissioni di Lafontaine e di fronte all’impraticabilità di una politica europea del lavoro e del welfare ci si comincia a chiedere: sono riformabili le socialdemocrazie europee? Sempre a Parigi – cambiamo testata, dall’Humanité passiamo a Esprit – troviamo questa nuova domanda sulla copertina del fascinoso mensile fondato da Mounier. La risposta non è semplice, come si capisce dalle trecento sofferte pagine che seguono. E si annuncia subito che, per quanto riguarda la Francia, a questa riforma la sinistra è allergica. Chi, quando e come saprà rispondere all’enigma? Speriamo che ci vogliano meno di settant’anni.

 


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