Recensione/La vespa e la regina Paola Casella
La vespa e la regina, diretto da Antonello De Leo, con Claudia Gerini, Pere Ponce, Luigi
Petrucci, Silvana De Santis, Anna Cianca, Paolo Sassanelli
La vespa e la regina ci prova, tanto in senso positivo quanto in senso negativo. In
positivo, il regista Antonello De Leo, classe 1965, prova coraggiosamente con il suo primo
lungometraggio a misurarsi con un genere cinematografico, la farsa omosex, gia' codificato
da maestri come Pedro Almodovar e Blake Edwards e da film come Il vizietto e Peccato che
sia femmina. Ma De Leo "ci prova" anche in senso negativo, cercando di
scimmiottare quegli stessi successi d'oltralpe e d'oltreoceano con un evidente occhio al
botteghino, ben attento a non diventare troppo trasgressivo, ben lungi dal rivelarsi
completamente sincero.
La storia e' la seguente: Ginevra (Claudia Gerini) e' una cantante lesbica, leader di
un gruppo hard rock il cui principale successo si intitola Figa in Costa Rica (ma perche'
non la rima?); Renato (l'attore catalano Pere Ponce) e' un giornalista omosessuale,
redattore del mensile The gay after, che per festeggiare il quinquennale mette in
copertina una torta con cinque California Dream Men nudi al posto delle candeline. Ginevra
e Renato potrebbero benissimo essersi già incontrati a qualche raduno dell'ARCI, o in
qualche club underground, invece ignorano l'esistenza l'uno dell'altro, cosi' come
ciascuno dei due ignora l'esistenza dell'altro sesso, almeno da un punto di vista erotico.

La nonna di Renato (Pia Velsi) fa pero' promettere al nipote di "assaggiare almeno
una volta la pasta col formaggio" prima di optare definitivamente per
l'omosessualita', e lui, in forma di voto (nonna Assunta è temporaneamente ricoverata in
ospedale), decide di accontentarla, con grande gioia dei suoi genitori (Luigi Petrucci e
Silvana De Santis) che, per quanto consapevoli della persuasione sessuale del figlio,
sperano in un miracolo, soprattutto per poter accedere al sostegno economico dello zio di
Renato, un macho man senza eredi maschi che guarda a Renato come al suo successore.
Contemporaneamente Ginevra, da poco fidanzata con una donna sposata (Ana Risueno),
vuole scoprire cosa provi la sua compagna quando va a letto con il marito, detto "la
bestia" (Carlo Mucari) non senza valido motivo. Un incontro fortuito ad un matrimonio
(in quel di Foggia, citta' d'origine di Ginevra e Renato -- il regista De Leo e' nato a
Bari) fa si' che i due si individuino come la risposta alle reciproche necessita'. Da qui
prendera' il via la loro storia d'amore, per la prima volta etero: in pratica, basta loro
"assaggiare la pasta col formaggio" perche' entrambi "vedano la luce".
Sarebbe sufficiente questa spiegazione infantile dell'omosessualita' (e questa prosaica
ricetta per la sua "cura") per sollevare le ire della comunita' gay, se non
fosse che La vespa e la regina racconta la storia di Ginevra e Renato con un certo garbo e
un timbro comico singolarmente poco offensivo. La sceneggiatura, firmata da Franca De
Angelis e Francesca Panzarella, all'inizio appare addirittura imbarazzante in quanto
legnosa e scontata, ma poi prende gradualmente ritmo e, come si conviene ad una farsa,
acquista sempre maggiore velocita', fino a raggiungere il livello della frenesia.
I personaggi di contorno sono piu' interessanti e meglio caratterizzati dei due
protagonisti, un po' perche', nei confini della loro macchietta (perchè di macchiette si
tratta, sia ben chiaro), hanno una coerenza drammatica che consente loro di funzionare
bene da pedoni sulla scacchiera della sceneggiatura. Il merito va anche alla recitazione
dei numerosi caratteristi: dalle vecchie volpi Luigi Petrucci e Silvana De Santis, che
riescono a colorare di umanita' i genitori di Renato, all'amica lesbica di Ginevra (la
bravissima Anna Cianca), al collega di Renato, Francesco (Paolo Sassanelli, gia' visto in
Matrimoni -- verso il quale La vespa e la regina ha un debito di riconoscenza -- che
riesce sempre a dare una marcia in piu' ai film che interpreta). Fra i cameo, spassoso
quello di Pietro De Silva (reduce di Un medico in famiglia, come Sassanelli) nei panni del
prete pugliese.

Deludente invece Pere Ponce, il protagonista voluto dalla componente spagnola della
coproduzione di La vespa e la regina (debole anche l'altra attrice "imposta",
Ana Risueno): vuoi per problemi di lingua, vuoi per difficoltà di adattamento geografico,
Ponce sembra un pesce fuor d'acqua, con una perenne espressione alla Chatwin (Che ci
faccio io qui?). Il suo registro recitativo oscilla fra l'occhio umido e la mossetta da
checca isterica (o "regina", traduzione diretta dell'inglese "queen",
che spiega il titolo -- "vespe", naturalmente, sono le lesbiche). Meglio Claudia
Gerini, piu' abile nei passaggi drammatici che nelle scene comiche (dove invece Anna
Cianca la surclassa regolarmente), ma non ancora in grado di reggere un intero film sulle
sue spalle.
Il tema del'omosessualita' e' solo un pretesto comico, percio' non ci si puo' aspettare
da La vespa e la regina nessuna constatazione profonda ne' alcun vero spunto di
riflessione -- ma non ci si riesce neppure ad offendere per l'irriverenza con cui viene
trattato l'argomento. Fra le righe, si intuisce che il "messaggio" del film
avrebbe voluto riguardare la liberta' di amare chicchessia e di esprimere fino in fondo la
propria identita', anche sessuale. Ma questo avrebbe richiesto ben altro spessore
narrativo, accompagnato da ben altra leggerezza esecutiva: basti pensare a Tootsie, ma
anche al meno noto In cerca di Amy del Kevin Smith di Clerks, entrambi piu' riusciti sia
sul piano drammatico che su quello comico.
L'elemento piu' interessante di La vespa e la regina e' forse la volonta' di farne un
prodotto nazionale, nonostante i vincoli della coproduzione: per questo gli interni
vagamente almodovariani si arricchiscono di dettagli italici, come la riproduzione della
Gioconda nel salotto buono dei genitori di Renato o la foto di Padre Pio (ricordate,
Renato e' di origini pugliesi) nel negozio di famiglia, o l'abbonamento della madre a
Famiglia Cristiana.
E la parte piu' gustosa del film e' la noncuranza con la quale vengono "buttati
la'" una serie di dettagli comici: dai soprannomi dei redattori di The gay after
(Renato e' Marlene, Francesco e' Audrey, in omaggio alle icone gay Dietrich e Hepburn) ai
poster che i genitori di Renato appiccicano alle pareti della camera da letto del figlio
per renderla piu' virile: Valentino Rossi -- nonostante Renato vada per i 40 -- Schumi e
la Pamela Anderson di Baywatch.
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