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Recensione/Romance

Paola Casella

 


Romance, scritto e diretto da Catherine Breillat, con Caroline Trousselard, Sagamore Stevenin, Francois Berleand, Rocco Siffredi

Marie (Caroline Trousselard) ha un vero problema: il suo fidanzato Paul (Sagamore Stevenin) non la scopa più, e bene non l'ha scopata mai. Lei sostiene che lui la disprezza, e dopo quasi due ore di excursus nei meandri della mente di Marie e nei bassifondi del sesso, cominciamo a trovarci d'accordo con Paul. Tuttavia capiamo anche il tormento della povera Marie, che ogni sera, dopo le sue avventure metropolitane, torna a casa da quel pesce lesso, a dormire vestita di bianco in una stanza bianca dove sono bianchi persino la sveglia e i posacenere, perchè tutto deve apparire asettico, asessuato, sterile, in omaggio alla personalità del suo inquilino.

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La strategia di Marie per risvegliare l'interesse di Paul è delle più deleterie, e attinge a tutto il peggio della mentalità vittimistico-masochista, qui dipinta da una regista donna come squisitamente femminile: il lamentorum, il tallonamento stretto, il tradimento ripetuto -- tattica, questa, che potrebbe anche funzionare, se almeno lei ci si divertisse, o scoprisse qualcosa di sè. Invece la recherche sessuale di Marie altro non è che una discesa negli inferi della degradazione fisica e spirituale. Le sue avventure non sono nè utili nè dilettevoli, e per noi spettatori diventano mortalmente noiose.

La galleria degli amanti di Marie è solo deprimente: da Paolo, il macho italico (la pornostar Rocco Siffredi, che vede qui sdoganati i suoi attributi, ma nulla può fare per l'espressione "ispirata" del viso) a Robert (Francois Berleand), Casanova sadomaso involontariamente esilarante nella sua passione per cordami e collarini, all'anonimo bruto da sottoscala (ben altro appeal avevano dato alla sodomia il Marlon Brando di Ultimo Tango, il film al quale Romance vorrebbe somigliare, o il Querelle de Brest di Wim Wenders).

Perchè mai, viene da chiedersi, il cinema europeo dà tanto spazio alla "propensione femminile" per l'abbrutimento sessuale, da Bella di giorno a Le onde del destino -- e non stiamo parlando del ricco filone pornografico italo-francese alla Histoire d'O, che perlomeno ha una valenza attizzante. Fra inquadrature ginecologiche (letteralmente: la nostra eroina diventa la cavia di un gruppo di studenti di ostetricia) e squallidi amplessi, non c'è invece una sola scena di Romance destinata a riaffiorare nei nostri sogni erotici, o anche solo sufficiente a giustificare il costo del biglietto.

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Il sottotesto freudiano del film, poi, tanto strillato da diventare assordante, è interamente già visto, prevedibile, scontato, offensivo della nostra memoria di spettatori, per non dire della nostra intelligenza. In poche parole, il tempo dedicato a questo film vi apparirà irriediabilmente perso, e non vi basteranno le razionalizzazioni nobilitanti di certa critica per farvi ingoiare un simile rospo.

 

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