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Cinema/Affliction

 

Paola Casella

 

 

Affliction, diretto e sceneggiato da Paul Schrader, interpretato da Nick Nolte, James Coburn, Sissy Spacek e Willem Dafoe.

In una cittadina del New Hampshire perennemente coperta di neve, Wade Whitehouse (Nick Nolte) e' un poliziotto cui vengono affidati soltanto incarichi minori: spalare le strade, consentire l'attraversamento dei bambini che si recano a scuola (con il tipico pullmino giallo americano), affibbiare multe ai pochi automobilisti indisciplinati in un mondo che considera la velocita' automobilistica come il peggiore dei mali (ma le multe, anche a quella latitudine, vengono poi cestinate da amministratori compiacenti).

Il fatto e' che Wade ispira poca fiducia: potenzialmente violento (anche se lui ripete: "Qualche volta ho ringhiato, ma non ho mai morso"), potenzialmente irresponsabile (dopotutto, e' stato lasciato dalla moglie, cui e' affidata la custodia unica della figlia), e anche potenzialmente ubriaco (benche' non gli si veda mai alzare eccessivamente il gomito). In pratica la gente del paese si aspetta che Wade sia tutto suo padre, il vecchio Glen Whitehouse (James Coburn, nel ruolo che gli e' valso l'Oscar come miglior attore non protagonista), un alcolista misogino e intrattabile, tanto incapace di trasmettere calore umano che sua moglie finisce per morirgli sotto il naso, letteralmente assiderata.

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Per questo, quando Wade individuera' nella morte improvvisa di un pezzo grosso del sindacato un possibile omicidio a sfondo mafioso, l'intera cittadina dubitera' delle sue intuizioni e finira' per rivoltarglisi contro. Se poi sia Wade ad avere le traveggole, o se siano invece i suoi concittadini (compresi suo fratello Rolfe, interpretato da Willem Dafoe, e la sua donna Maggie, un'intensa Sissy Spacek) a non voler vedere le cose come stanno, a noi spettatori non e' dato saperlo con certezza: tutta la vicenda viene raccontata dal punto di vista di Wade, salvo un commentario fuori campo di Rolfe, il fratello "sensato" (che infatti insegna all'universita' nello stato vicino, guardandosi bene dal respirare troppo a lungo l'aria malsana di casa) ma altrettanto parziale nella sua visione dei fatti.

In senso tradizionale, la trama di Affliction e' fuorviante e aggrovigliata su se stessa, dunque abbastanza difficile da seguire, nonostante su tutto il film domini un senso di deja-vu che e' tanto narrativo quanto estetico: c'e' il Delitto nella neve, con Sparo attutito dal silenzio di ovatta e Sangue che macchia la coltre incontaminata (gia' visti in Fargo o nel Senso di Smilla per la neve, e che vedremo nell'imminente A simple plan di Sam Raimi); c'e' la Cittadina intrappolata nel freddo tanto metereologico quanto emotivo (visivamente identica a quella del Dolce domani, del resto basato su un racconto di Russel Banks, lo stesso autore del testo originale di Affliction, e filmato dal direttore della fotografia, Paul Sarossy, lo stesso per entrambi i film); c'e' il Protagonista lupo solitario, emanazione di un habitat in cui vige la legge della sopravvivenza (come Paul Newman in La vita a modo mio: anche lui, come Nolte, candidato all'Oscar come miglior attore per la sua interpretazione); ci sono l'Alcol come corollario della realta' provinciale americana (vedi Mosche da bar) e la Musica esoterica e alienante che sottolinea l'atmosfera rarefatta (vedi Twin Peaks, che perlatro riassume in se' gran parte delle caratteristiche sopra citate).

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Affliction si differenzia da questi film (con la possibile eccezione del Dolce domani) perche' la trama "ufficiale", soprattutto quella "gialla", e' in realta' del tutto irrilevante. Non ha importanza se la morte al centro della storia sia un delitto o un incidente, perche' a Schrader interessa solo la parabola di Wade Whitehouse alla disperata ricerca della sua redenzione personale. Tutto il resto -- i dettagli del plot, i personaggi che affiancano il protagonista -- e' subordinato, se non addirittura funzionale, allo sviluppo di quella parabola che scaturisce dall'agghiacciante profezia del terribile Glen Whitehouse: "Io ti conosco, Wade, sei sangue del mio sangue. Tutto quello che sai te l'ho insegnato io".

Non ha importanza allora se il delitto "scoperto" da Wade e' solo un fantasma della sua mente tanto vicina all'esaurimento nervoso, o una realta' denegata da tutto il suo contesto sociale, proprio come succede agli alcolizzati. La particolare sensibilita' di

Wade nei confronti di qualsiasi ingiustizia (alimentata da quella subita in primis all'interno delle pareti domestiche) lo porta comunque a caratterizzare qualunque deviazione dalla regola (ad esempio la corruzione cittadina, dai piu' considerata fisiologica) come un vero e proprio crimine. La domanda che Wade pone a se stesso e agli altri e' allo stesso tempo la piu' nobile e la piu' naif: "Dobbiamo per forza diventare cosi' meschini?"

Visivamente, Affliction alterna quindi scene di immacolata perfezione, in cui domina la netta divisione fra il bianco degli spazi aperti e il nero delle strade, a scene di interni girate in grigio sporco, visivamente indistinte, narrativamente indecifrabili. Quando il mondo civile si stringe attorno a Wade fino a soffocarlo, gli interni si fanno sempre piu' angusti, la cinepresa inquadra soffitti e pavimenti, alla Quarto potere, entro i quali il massiccio Wade-Nolte sembra sempre piu' sproporzionato.

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Non e' un caso che sia stato proprio Paul Schrader ad adattare per il grande e schermo e poi a dirigere Affliction: Schrader e' lo sceneggiatore di Taxi Driver e Toro Scatenato e l'autore-regista di American Gigolo, Mishima e Lo spacciatore. In altre parole, e' il cantore ufficiale (insieme a Martin Scorsese, il regista di Taxi Driver e Toro Scatenato, e in seguito ad Abel Ferrara) della necessita' umana (secondo la tradizione giudaico-cristiana) di espiare la propria colpa, attraverso un processo di distruzione altrui o (piu' spesso) propria. I suoi protagonisti maschili si dibattono per sfuggire all'ineluttabilita' del loro destino ma finiscono per compiere fino in fondo la loro via crucis.

 

Non e' un caso allora che Schrader sia stato anche lo sceneggiatore dell'Ultima tentazione di Cristo, o che in Affliction (un termine biblico, che significa "percorso di sofferenza" -- vedi Giobbe -- e che verra' poi utilizzato nel Vangelo per descrivere il patimento di Gesu') Wade si pari davanti alle automobili di passaggio con le braccia spalancate, come Cristo in croce. Il tentativo di Wade di rompere il circolo vizioso dell'abuso domestico diventa allora anche una lotta biblica -- vedi Sisifo -- destinata a non avere mai fine. E la frase pronunciata fuori campo dal fratello Rolfe al termine del film -- "La storia e' finita, tranne la mia che continua" -- lascia intendere che entrambi portino la stessa croce.

L'intera vicenda di Affliction e' una catena di eventi inevitabili innescata dall'esperienza che ha informato tutta la vita dei due fratelli: quella della violenza paterna, un esempio devastante di machismo yankee, per di piu' incastonata in un paese che sanziona gli stessi comportamenti: la cittadina di montagna in cui lo sport principale e' la caccia al cervo, ma anche l'America, raccontata come sciovinista, violenta ed egocentrica. Nella civile societa' americana, dice Schrader, si vive a un passo dallo stato selvaggio, ed e' bene controllare (ossessivamente, come fa uno dei protagonisti di Affliction) se "c'e' la sicura" al proprio (e all'altrui) fucile.

 

L'interpretazione di James Coburn e' efficace proprio perche' fa il verso a certe icone cinematografiche della mascolinita' granitica e ottusa: il John Houston di Chinatown, ad esempio, ma anche l'Anthony Quinn de La strada, film che Schrader ben conosce e ammira (ma Coburn ha dichiarato di essersi ispirato, nella sua caratterizzazione, al regista Sam Peckinpah). L'interpretazione di Nick Nolte (che regge tutto il film sulle sue spalle, alla fine quasi letteralmente) e' invece da Oscar per certe sfumature, o meglio certe spaccature improvvise nella scorza ruvida del personaggio e dell'attore (adeguatamente massiccio e virile ma altrettanto adeguatamente ingobbito dall'eta' e dalle batoste della vita), attraverso le quali si intravvede per un istante il bambino spaventato, la ferita aperta. Questo, in assoluto, e' il registro recitativo piu' congeniale all'attore, dai tempi della miniserie televisiva Povero ricco, fino al piu' recente Principe delle maree, che infatti era valso a Nolte un'altra nomination agli Oscar.

 

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