Cinema/Shakespeare in Love
Paola Casella
Shakespeare in Love, diretto da John Madden, scritto da Marc Norman e
Tom Stoppard, con Gwyneth Paltrow, Joseph Fiennes, Judy Dench, Ian Holm, Colin Firth,
Geoffrey Rush e Ben Affleck.
Il termine piu' adatto per descrivere Shakespeare in Love e'
"originale". Spiace pero' dover usare un vocabolo tanto abusato per descrivere
un film che e' un omaggio al potere (evocativo, erotico, rivoluzionario) della parola.
Attenzione pero': Shakespeare in Love e' originale come lo era Pulp Fiction, nel senso che
rielabora in modo sapiente e inconsueto cose gia' viste. Con la differenza che Pulp
Fiction, malgrado il titolo, attingeva quasi esclusivamente alla memoria cinematografica,
mentre Shakespeare in Love si ispira al patrimonio della letteratura, alla tradizione
teatrale, alla storia. Lo fa pero' con la stessa disinvoltura che Tarantino aveva usato
nelle sue citazioni da Kubrick o da Scorsese, lo stesso intento destrutturante e poi
"riassemblante", la stessa intenzionale leggerezza nel rimaneggiare il passato.

Nel caso di Shakespeare in Love in particolare, le contaminazioni fra
passato e presente, fra letteratura e cinema, in assoluta liberta' di movimento, risultano
piu' ispirate che superficiali. E anche divertenti: capita ad esempio che il bardo salti a
bordo di una chiatta sul Tamigi intimando al guidatore: "Segua quella barca!";
oppure che il "cattivo" della storia riveli di voler acquistare una serie di
piantagioni di tabacco in Virginia perche' ritiene "che il tabacco abbia un
futuro".
I tempi narrativi, soprattutto quelli comici, sono quasi televisivi, creando l'effetto
"Romeo e Giulietta in chiave sitcom" (cosi' come il Romeo+Giulietta di Baz
Luhrmann era rivisto in chiave MTV) -- ma non dimentichiamo che anche le tragedie di
Shakespeare prevedevano il "comic relief" dei giullari, volutamente volgari, se
non altro nel senso di "appetibili al pubblico popolare". Il montaggio --
veloce, netto, aggressivo -- ricorda quello dei video musicali, anche quando cita un
classico del cinema come Il laureato di Mike Nichols, nei tagli atletici sulle scene di
sesso.

La vera marcia in piu' di Shakespeare in Love rimane pero' l'ossatura
narrativa: meritatissimo l'Oscar agli autori, Marc Norman (anche produttore del film) e il
grande drammaturgo Tom Stoppard, che alla consegna del premio ha dimostrato di conoscere
il potere anche di una singola parola commentando: "Sto reagendo come Roberto Benigni
-- dentro".
La sceneggiatura di Shakespeare in Love funziona come un congegno ad
orologeria, mescolando sapientemente riferimenti letterari e storici, ricorrendo agli
stessi espedienti narrativi utilizzati da Shakespeare e lasciando, con umilta' prima
ancora che con astuzia, che le battute piu' memorabili (e chiamarle battute pare un
sacrilegio) siano quelle del bardo, anzi, addirittura restituendo a quelle battute la loro
carica, semplicemente inserendole in un contesto diverso, o applicandole a situazioni
alternative, cioe' isolandole al'interno della memoria collettiva quel tanto che basta per
farcele riascoltare nuove, al di fuori del citazionismo da cioccolatino (e chi si era mai
reso conto di quante delle "massime" entrate a far parte del nostro linguaggio
comune fossero farina del sacco di Will?)

Il copione e' talmente ricco e variegato da far girare la testa,
disorientandoci con i suoi excursus attraverso il tempo e lo spazio (tutti i personaggi
storici piu' o meno contemporanei di Shakespeare finiscono per incontrarsi, con un effetto
che ricorda piu' Edward Hopper che Plutarco), cogliendoci alla sprovvista con i suoi
collegamenti alla cultura alta, bassa o intermedia, saltando con disinvoltura dalla
pochade al lirismo poetico. Alcune intuizioni sono puro genio cinematografico: ad esempio
il momento in cui Will, impegnato in un duello di vita o di morte col suo rivale, si rende
conto che la sua spada e' un oggetto di scena; o quello in cui, dall'esterno del teatro,
giunge all'interno il suono delle campane proprio mentre Giulietta dice addio a Romeo,
dando la misura della interrelazione fra realta' e finzione, ma anche comunicando in un
istante la dimensione "a matrioska" del teatro come piazza cittadina nella
piazza cittadina, spazio aggregativo nello spazio aggregativo.
Shakespeare in Love e' una storia di teatro raccontata attraverso una
messa in scena teatrale, a cominciare dai costumi e dagli arredi, che costituiscono un
continuo richiamo alla finzione drammatica. E' anche una storia d'amore, per il
palcoscenico, per la vita come recita permanente, per la scrittura in grado di generare
miracoli. Shakespeare in Love e' infatti soprattutto un valentino alla parola scritta, e
non e' un caso che il film cominci e finisca con due inquadrature di caratteri nero su
bianco, quelli tipografici all'inizio, il corsivo di Shakespeare alla fine.
Percio' la trama prende il via dal "writer's block" del bardo, e al mondo
dell'editoria sono dedicate battute da insider ("Sto ancora aspettando il Mercante di
Venezia", dice Will al suo impresario, riferendosi al mancato pagamento di una
"collaborazione"). Le dita nere di inchiostro di Will rimangono ben visibili
anche nelle scene piu' romantiche, come costante richiamo all'artigianalita' del mestiere
di scrittore. E alla fine e' la scrittura ad avere la meglio sulla vita, anche perche' si
dimostra l'unica in grado di rispondere alla domanda "Come deve finire?"
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