| "Tyrannos in greco
            significa governante" 
 
 
 Massimo Popolizio con Antonia Anania
 
 
 
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 "Tyrannos in greco significa
            governante"
 Era già stato a Siracusa nel 1988, per interpretare il coraggioso Aiace
            di Sofocle diretto da Antonio Calenda. C’è ritornato quest’anno,
            nei panni del fondatore del Teatro, l’ambiguo Dioniso, ora
            tragico, ora comico. Massimo Popolizio racconta a Caffè Europa
            la sua esperienza siracusana.
 
 Sono passati più di dieci anni. Ha notato qualche cambiamento?
 
 No, è sempre lo stesso casino: il pubblico è indisciplinato,
            soprattutto quello delle scolaresche, e tutto ha l’aspetto di una
            sagra popolare. Questo pubblico è polmone e presenza.
 
 
            Ci spiega questo Dioniso che passa da una tragedia a una
            commedia?
 Il Dioniso delle Baccanti è il distruttore di una città e
            di un’intera società. La cosa interessante è che distrugge con
            uno spirito quasi cristologico. Dioniso è una specie di santone e
            allo stesso tempo un millantatore, perché nasconde di essere il dio
            e dice di essere il sacerdote di se stesso. Sembra uomo ma è
            divino. Tira fuori tutti i suoi lati più neri e più oscuri. E d’altronde,
            quando si parla di questo dio si pensa subito a qualcosa di
            inquietante, perché è una figura che non ha una forma definita, è
            mutevole, molle e può diventare anche femmineo, ma non effeminato.
 
 Dunque cambia forma nelle Rane?
 
 Nelle Rane l’abbiamo fatto provenire da una periferia
            degradata, di quelle descritte da Pasolini: è un romano della
            Garbatella che deve scendere nell’Ade, per cercare un poeta che
            salvi la società. Ed è utopistico pensare che ci si debba affidare
            alle parole di un poeta per salvare una città corrotta. E’ un
            tipo completamente sfasciato, che ha una pancia enorme e fa di tutto
            sulla scena: si ubriaca, va a donne, fa pipì e peti rumorosissimi.
 
 
            Questo è stato un anno intenso per lei: le tournèe de I
            due gemelli veneziani e del Candelaio diretto da Ronconi
            e di Copenaghen diretto da Mauro Avogadro, la lettura di
            testi poetici e in prosa, per dirne alcuni. Che cosa le sta dando il
            ciclo tragico di Siracusa: emozioni, rabbie?
 Alla fine di una stagione così piena, Siracusa è una bella
            mazzata, un’esperienza faticosissima. Pensi che non abbiamo avuto
            la possibilità di riposare fino a quando non siamo andati in scena.
 
 E quali trucchi usa per superare la stanchezza?
 
 Prima cosa: prendersela calma e non farsi mai prendere dal
            panico. Poi mettere energia solo nelle cose giuste, non disperdere
            le forze anche perché sono poche.
 
 Riguardo alla polemica sui cartelloni delle Rane, alla
            fine Berlusconi ha detto: “Gli artisti hanno diritto di scegliere
            e di sbagliare”. Che ne pensa? E di tutta la faccenda?
 
 So bene quali sono i miei diritti e non c’è bisogno che me li
            dica Berlusconi. Credo che l’intera storia sia stata una grossa
            stupidaggine, uno scandalo locale mosso dalla preoccupazione delle
            elezioni regionali.
 
 Ma partendo da Siracusa è diventato un fatto nazionale,
            raccontato e commentato su tutti i giornali.
 
 E’ stato comico sentire parlare delle commedie greche di
            Siracusa al Tg1 direttamente dal Presidente del Consiglio. Tyrannos
            in greco non significa tiranno, significa governante: in questo
            momento Berlusconi, Fini, Bossi sono i governanti e dunque tocca a
            loro subire la satira. Del teatro non se ne occupa mai nessuno e poi
            all’improvviso capitano cose del genere che lo mettono sulla bocca
            di tutti. E’ servito a dare un po’ di pubblicità.
  
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