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Ciò che lega Romanticismo e Risorgimento europeo



Paola Ricciulli




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Quello che segue è il resoconto dell'intervento di Paola Ricciulli, Docente di Francesistica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi La Sapienza di Roma, al convegno "Pace, Stati Uniti d'Europa e diritti dell'uomo nell'esperienza del risorgimento europeo e nel presente della carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea" che si è svolto il 18 aprile presso l'ateneo romano. Per ulteriori informazioni cliccate qui 

Devo cercare in questo mio breve intervento di illuminare, attraverso il "personaggio" Hugo, il forte legame che esiste tra il Romanticismo e il Risorgimento europeo, il Romanticismo inteso nella sua straordinaria energia propulsiva che si allunga in tante ramificazioni diverse, il Romanticismo come premessa, e promessa, del cambiamento. Hugo può ben rappresentare l'essenza stessa del Romanticismo, diventarne la metafora vivente e viva. Claudel paragonava Hugo ad un vento impetuoso, che tutto trascina nella sua corsa, e spira con inesauribile entusiasmo in tutte le direzioni. Claludel non fu un grande ammiratore di Hugo, ma, in questo caso, ne indica un aspetto essenziale: l'abbondanza, ma anche la forza di un'ispirazione inarrestabile e vorticosa, spostamento d'aria fra due abissi del passato e dell'avvenire, sui quali il poeta si libra e si atteggia amago, profeta, veggente. Soprattutto il Victor Hugo della maturità, visionario e apocalittico.

Direi che la scelta degli organizzatori di questa giornata di studio di inserire fra i grandi personaggi del Risorgimento europeo Victor Hugo è dunque una scelta molto felice, anche se non sarà facile fare una sintesi efficace ed esaustiva di un "grande personaggio", appunto, grande, grandissimo, sul piano letterario, ma allo stesso tempo presenza molto significativa su molti altri piani, direi dominante, possente, gigantesca, come ho detto, dilagante, come gli altri poeti romantici potrebbero testimoniare. La sua importanza deriva anche da un elemento legato alla sorte, o al caso. Victor Hugo ha infatti avuto una vita lunghissima: nato nel 1802 e morto ne11885, ha dunque potuto attraversare quasi tutto il secolo, vivendo gli anni della maturità in un periodo importantissimo per la storia europea, e dal punto di vista letterario e dal punto di vista politico.

 

E' stato protagonista dell'infanzia del Romanticismo, ma anche della riflessione sul Romanticismo, svolgendo un ruolo fondamentale nel cambiamento di rotta che ne ha evitato la morte prematura, come rivoluzione del gusto in letteratura, e ne ha esaltato e messo a frutto la straordinaria energia creativa e di libertà che ha costituito la premessa fondamentale per le tante "rivoluzioni" politiche del secolo che ha visto una straordinaria partecipazione tesa alla ricerca della formazione di un ideale di stato moderno, in Francia e nell'Europa intera.

L'eredità più redditizia e intricata che la Rivoluzione del 1789 ha lasciato al movimento romantico è il senso di una crisi. Assai complesso e ramificato, e a più dimensioni, e che esprime istanze anche opposte, il Romanticismo ha però questa sua qualità generale, riconoscibile in ogni sua manifestazione: la certezza di una frattura interiore e sociale, di una sfasatura fra realtà e ideale, di una disarmonia, accentuata e amplificata nel sentimento e nella parola. Di qui però la sua essenziale dinamica, il tentativo vigoroso e disperato di colmare un vuoto, un abisso, un'assenza, di sfuggire alla realtà, o di trasformarla.

Di qui anche 1o sforzo grandioso di sintesi che impegna molti scrittori romantici, per superare divisioni e barriere fra letteratura e scienza, politica, storia, filosofia, religione, occultismo; che è essenzialmente 1o sforzo di ritrovare, oltre la realtà sensibile, apparente e dispersiva, l'unità di fondo della creazione, di strappare a Dio, sulla strada avventurosa ed esaltante dell'analogia universale, della visione, del mito, il significato misterioso del destino dell'uomo, e dell'armonica struttura del mondo. Non è un caso che tornino alcune mitiche figure della rivolta e della "iniziazione", da Orfeo a Prometeo.

La Rivoluzione, e poi l'Impero e la Restaurazione segnano il trionfo dell'opinione pubblica, con la sua pluralità di prospettive, una più larga informazione attraverso la stampa quotidiana, l'organizzazione politica e letteraria in gruppi e partiti. Il rapporto tra autore e pubblico (ma anche fra autore e se stesso), cambia come quello fra lo Stato e il cittadino. Il Romanticismo è anche l'insieme di problemi che pongono il progresso tecnico, i primi effetti dell'industrializzazione, le possibilità di ristrutturare l'organizzazione del lavoro e la distribuzione della ricchezza, di rivedere il rapporto fra Cristianesimo e società, lo sforzo di realizzare le promesse dell'89, rimaste in grandissima parte un'astrazione. Non nasce solo una religione di vaga libertà, magari all'interno di vecchi sistemi, riveduti e corretti, della morale tradizionale; nasce anche un forte impulso di giustizia sociale, quell'umanitarismo spesso superficiale e vacuamente retorico, ma che ha meriti innegabili, e riflessi importanti sulla letteratura.

Il Romanticismo procede in più direzioni, con un'andatura a scatti contrastanti, e con frequenti revisioni, conversioni, autocritiche, cadute. Un'andatura minata, nonostante tante baldanzose professioni di fiducia, da buone dosi di pessimismo. Victor Hugo, la sua opera così varia e così complessa, la sua presenza così lucida e combattiva, oltre che significativa, "rappresentano una sorta di sintesi di questo secolo, soprattutto delle sue contraddizioni e delle sue ambivalenze, e dei problemi che ne hanno costituito e costruito la straordinaria ricchezza ai fini del canmbian1ento. Ma canmbiare non è impresa facile.

In Francia, il prezzo di questa ricerca è, come è noto, una notevole instabilità politica che assegna proprio ai poeti, o ai letterati, se vogliamo usare una definizione più ampia, ma soprattutto ai poeti, un ruolo centrale e vitale. Essi assumono necessariamente il ruolo di guida, si pensi alle definizioni, che ho già ricordato, proprio di Hugo del poeta come prophète, mage o voyant, di colui che possiede il Verbo. La poesia diviene mezzo di conoscenza, 1'unico mezzo per accedere al mistero del mondo per un uomo che vede improvvisamente spalancarsi di fronte ai propri occhi la realtà di un mondo altro che viene percepito, ma non ancora conosciuto.

Il sonetto delle Correspondances di Baudelaire è a questo proposito fondamentale, generando quell'atteggiamento che è tipico dell'uomo romantico, e cioè quella sofferta dualità che da una parte lo vede affascinato dal Nuovo, dall'Ignoto, che per molti è rappresentato dal Progresso in tutte le sue dimensioni, corrispondendo ad un tratto fondamentale della natura umana, ma dall'altro lo vede anche terrorizzato, impaurito dal Vuoto. Si pensi al celebre quadro di Munch, L'Urlo o Il Grido, dipinto nel 1893, proprio di ritorno dal tanto sognato viaggio nella Francia del Naturalismo. Non è un caso se la metafora del viaggio, raffigurazione ideale delle aspirazioni dell'uomo in tutte le epoche, assume proprio nel Romanticismo la caratteristica di un passaggio essenziale per chi non voglia "fermer les yeux" e accetti di "regarder au-delà de la gaze des rideaux", e in questo caso cito un altro grande "revolte" della seconda metà del secolo e cioè Rimbaud.

Ricordo soltanto, ma potrei fare molti altri esempi, 1'ultimo poème dei Fleurs du Mal di Baudelaire che porta il titolo di Voyage e che addita al lettore il senso di quella necessità esistenziale, prima che letteraria: "Heureux ces travailleurs qui partent sans partir ( ...) sans voiles et sans mats". E' bene subito sottolineare che, per Victor Hugo, esiste un'equazione tra il Romanticismo e il Liberalismo, anzi, come dice nella prefazione al dramma di Hernani, uno dei punti focali della "battaglia romantica" che, come è noto, si gioca a teatro, "le Romantisme n'est, à tout prendre, que le Liberalisme en litterature".

Hugo è nella schiera dei romantiques militants che si riuniscono per dare vita a importanti focolai di uno spirito rivoluzionario che si rivelerà fondamentale per incanalare e rendere efficace e costruttiva l'incredibile e straordinaria forza propulsiva del Romanticismo. Penso, in particolare alla stagione delle riviste, al "Conseravetur litteraire" fondato con il fratello nel 1818, ma soprattutto al "Globe", fondato nel 1824. Riunendo nello stesso indirizzo Liberalismo e Romanticismo, costituisce l'unica piattaforma possibile per un'azione comune e risolutiva.

Fondato da un gruppo di giovani liberali, quasi tutti di estrazione filosofica, e ideologica, diretto dal filosofo Dubois, da poco allontanato dall'insegnamento universitario per le sue idee politiche, si professa aperto a tutte le esperienze, nel rispetto, ma non nella infeconda idolatria del passato. Svolge una funzione di rottura, di avanguardia, precorre e fiancheggia l'evoluzione liberale di alcuni corifei dell'oltranzismo politico e religioso, e del romanticismo legittimista e reazionario (Chateaubriand, Lamennais, Lamartine e lo stesso Hugo), perseguendo con molta ostinazione e chiarezza il suo scopo, anche quando, dopo il 1830, e fino alla sua scomparsa (1832), diverrà organo sainsimoniano.

Alla confluenza di due grandi filoni di pensiero, di azione, e d'immaginazione rivoluzionaria, accorda e catalizza richieste e proteste. Ma va citato anche un importante cenacle che vede riuniti, insieme a Hugo, autori come Vigny, Dumas, Merimee, Balzac, Sainte-Beuve, Nerval e Gautier. Una sorta di quartiere generale nel quale si prepara la "battaglia di Hernani", una vera e propria rivoluzione letteraria che forza le porte del teatro classico (è la sera del 25 febbraio 1830), precedendo di poco la rivoluzione politica del luglio 1830, la monarchie de juillet, alla quale Hugo si dimostra ostile, in un primo momento, per poi riaccostarsi agli Orleans.

Dare soltanto qualche cenno sulla produzione letteraria di Hugo non è impresa facile, sia per la oggettiva vastità e varietà dell'opera, sia perché si rischia di lasciare nell'ombra il senso stesso di quella avventura non potendo, per limiti di tempo, citare il testo che, in una concezione moderna della biografia, è il racconto della vera vita dell'autore, la rivière souterraine che scorre ricongiungendosi così alla dimensione universale, la souche eternelle, di chi verrà dopo. Certo è che, a voler guardare dall'alto la sua lunga vita, la sua esperienza di poeta si intreccia strettamente con il suo impegno politico in tutti gli snodi importanti del secolo, sia pure con notevoli oscillazioni e cambiamenti di rotta. Nella prefazione alle Odes del 1824 dice di se stesso di non essere né classico, né romantico, ma conciliateur, una definizione che spiega, almeno in parte, le sue diverse posizioni.

Dopo la rivoluzione di luglio, gli anni della maturità lo vedono impegnato alla preparazione della rivoluzione del 1848, sia pure con posizioni diverse che maturano anch'esse parallelamente allo svolgersi degli avvenimenti. Non c'è movimento letterario, politico, religioso, sociale, in cui egli non abbia lasciato la sua impronta, o che non l'abbia tentato, coinvolto. Volendo tentare una schematizzazione, gli anni tra il 1830 e il 1840 lo vedono soprattutto scrittore di teatro, fino all'échec dei Burgraves, 1843, che segna la. fine del dramma in versi, scrittore di romanzi importanti come Notre-Dame de Paris, 1831, e di raccolte di poesie (Les Feuilles d'automne, 1831, Les chants du crepuscule, 1835, Les Voix interieures, 1837, Les rayons et les ombres, 1840).

L'elezione all'Academie française, nel 1841, inaugura il periodo di maggiore impegno nella vita politica: viene eletto pari di Francia nel 1845, è deputato all'Assemblea costituente e poi all'Assemblea legislativa nel 1848-49. Dopo aver cercato invano, durante la Rivoluzione, di far affidare la reggenza alla Duchesse di Orleans, sostiene il Principe-Presidente, Luigi Napoleone, anche attraverso il giornale che fonda e dirige, "L'Evenement"; passa poi all'opposizione e vede i suoi ideali traditi dal colpo di stato del 2 dicembre 1851, contro il quale cerca coraggiosamente di organizzare la resistenza armata. Costretto a fuggire, ripara in Belgio, poi a Jersey (1852- 55) e a Guernesey (1855-1870).

Lunghi anni di esilio, ma di grande fecondità letteraria, e di nuove esperienze: Les Contemplations, la sua più bella raccolta poetica, scritta in morte della figlia Leopoldine e del marito Charles annegati nella Senna, definite giustamente da Massimo Colesanti "un campionario meravigliosamente congegnato e abbagliante della sua ricchissima tastiera", La Legendes des Siècles, ancora in versi, romanzi come Les Miserables, 1862, Les travailleurs de la mer, 1866 e L'Homme qui rit, 1869. Ma in esilio può, soprattutto, esprimere liberamente le sue idee su Napoleone III. Scrive un racconto virulento, L'Histoire d'un crime, che verrà pubblicato soltanto nel 1877, un pamphlet, Napoleon le Petit e Les Chàtiments, pubblicati a Bruxelles nel 1853, satira ironica e passionale in cui grida tutto il suo disprezzo e il suo odio per Napoleone III e la sua speranza di libertà. Viene fuori il volto di un poeta spietato, che perseguita per oltre seimila versi il Bonaparte apocrifo e bastardo, rovesciandogli addosso un fondo melmoso d'ingiurie, di bestemmie, di vituperi, chiudendolo in una gabbia di atrocità e di supplizi infernali.

Rientrato a Parigi, alla caduta dell'Impero, soffre il dramma della guerra civile. Deputato nel'71, poi senatore ne11876, vive gli ultimi anni circondato da ammirazione universale, soprattutto da parte della sinistra repubblicana. La sua condotta politica è, in questi anni, come abbiamo visto, non sempre lineare, ma direi che riflette in pieno le due anime e due volti del Romanticismo, tesi e antitesi del suo divenire dialettico: natura e arte, realtà e sogno, religione e ateismo, storia e leggenda, monarchia e repubblica, verità e superstizione, individualismo e solidarietà, funzione e isolamento del poeta, esterofilia e nazionalismo, progresso e reazione, passato e avvenire, il trionfo della morte e l'esaltazione della vita. Più concordi sono i romantici nell'indicare ciò che non vogliono, nella loro opposizione al Classicismo e più interessati al progetto di quanto non siano capaci di realizzarne pienamente le potenzialità.

Dal legittimismo fideistico delle prime Odes (1922), Hugo approda, come abbiamo visto, all'apertura repubblicana, anticlericale e umanitaria del 1849 (si ricordi a questo proposito la sua lotta contro la pena di morte) e di tutta la seconda metà della sua vita, tanto da autorizzare giudizi contrastanti, spesso opposti. Se è vero che è soprattutto in questo periodo che egli si riconosce e si rivela in modo più completo, è altrettanto vero che continua instancabilmente ad esprimere la sua ame aux mille voix, il suo esprit riche en metamorphoses, a sviluppare ancora, e a mantenere fino all'inverosimile, tutte le sue promesse.

Alla data della sua morte, il 22 maggio 1885, i suoi funerali di stato dall'Arco di Trionfo al Pantheon, segnano una sorta di apoteosi. Per concludere, riprendo quanto posto all'inizio di questo mio intervento come ipotesi di lettura di un "grande personaggio" del Risorgimento europeo. Ho cercato infatti di descrivere, per grandi linee, Victor Hugo come metafora viva del Romanticismo, della sua forza, della sua energia, con tutte le contraddizioni che una forza così incontenibile e dilagante può, nel suo impeto, provocare: una poesia iperbolica, che collocandosi su un piano di rivalità con la Natura, ha bisogno di spazi illimitati, di respirare a pieni polmoni di fronte all 'Oceano, di moltiplicarsi e ripercuotersi nel divenire eterno dell'Essere. E che nel infinitamente grande non tralascia l'infinitamente piccolo. Per condurci al fondo dell'avvenire, rimette tutto, e sempre, in discussione in movimento. Non c'è da meravigliarsi che Hugo morendo, fosse persuaso un ipotesi avanzata non senza una certa ironia da parte di Mallarme - di avere sotterrato, almeno per un secolo, ogni forma di poesia. E forse non sol la poesia.

 

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