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Giuseppe Garibaldi e gli Stati Uniti d'Europa



Anna Maria Isastia




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Quella che segue è una sintesi dell'intervento di Anna Maria Isastia, docente di Storia del Risorgimento presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi La Sapienza di Roma, al convegno "Pace, Stati Uniti d'Europa e diritti dell'uomo nell'esperienza del risorgimento europeo e nel presente della carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea" che si è svolto il 18 aprile presso l'ateneo romano. Per ulteriori informazioni cliccate qui 

Nella vita di Garibaldi pace e guerra si intersecano continuamente. Tutta la sua attività fu fedele all'ideale cosmopolitico e umanitario. Anche il suo internazionalismo si inserisce in un percorso coerente che ha le sue radici nel pensiero rivoluzionario europeo dell'età della restaurazione, in particolare nel sansimonismo. È sansimoniano anche l'impegno morale di mettersi a servizio del prossimo oppresso. Come dice lo storico Danilo Veneruso in un saggio del 1982: "Garibaldi nasce internazionalista e muore internazionalista passando per l'intero ciclo del principio nazionale".

Di pace e di federalismo in Europa si parla già negli anni Quaranta dell’800 - si veda: Carlo Cattaneo, L'insurrezione di Milano 1848, Victor Hugo seduta d'apertura del congresso della pace riunito a Parigi il 21 agosto 1849. Nel 1860 nel pieno della Spedizione dei Mille Garibaldi si impegna ad interessare i capi di stato europei a mettere fine alla guerra per dedicarsi al benessere dei sudditi.

ottobre 1860

Memorandum alle potenze d'Europa (scritto nel Palazzo reale di Caserta subito dopo la battaglia sul fiume Volturno) perché si facciano paladine dell'unificazione politica del continente in un unico grande stato federale. Progetto di una Unione europea capace di riordinare dalle fondamenta i rapporti tra i popoli nel rispetto dei diritti di ognuno.

Non era una idea nuova per Garibaldi. L'anno precedente il 30 agosto 1859 mentre era a capo delle formazioni volontarie italiane in Romagna aveva scritto ad un amico inglese prospettandogli la sua idea di una confederazione tra Inghilterra Francia Italia Grecia Spagna e Portogallo. Garibaldi sta combattendo la seconda guerra d'indipendenza ma non si mette in un'ottica solo nazionale. L'Italia ha un posto particolare nel suo cuore ma lo spettacolo di inglesi francesi ungheresi che combattono e simpatizzano per la sua impresa è la realtà che lo colpisce maggiormente.

Dagli avvenimenti del 1859 e 1860 G trae conferma di un avvenire europeo di libertà e fratellanza da cui bisogna escludere i simboli della conservazione (Papato, Austria, Turchia). Abbattuti questi emblemi l'Europa poteva strutturarsi dall'Atlantico agli Urali in una confederazione dove l'arbitrato internazionale avrebbe appianato tutte le controversie.

Per Garibaldi dunque il passaggio dalla nazione all'Europa non è che la naturale conseguenza delle conquiste della rivoluzione, la forma più moderna delle fedeltà alla causa di emancipazione collettiva e individuale che egli ha sempre servito.

Ecco una breve cronologia:

31 luglio 1862

Il proclama di Garibaldi che tenta la liberazione di Roma inizia nel nome dell'Europa

28 settembre 1862 (dal Varignano)

Garibaldi si rivolge alla "libera e generosa Inghilterra" perché spinga Francia, Svizzera, Belgio e America a marciare sulla via umanitaria proponendo alla nazione inglese la convocazione "di un congresso mondiale che evitando le guerre possa giudicare dei contrasti insorti tra i vari paesi".

Dal 1859 al 1871 il sogno di una Europa confederata regna incontrastato nel pensiero di Garibaldi che affida a vari stati - Gran Bretagna, Francia, Svizzera, ma anche Italia, Belgio, Spagna - il compito di porsi alla testa di un simile grandioso disegno.

La Lega per la pace e la libertà nasce sotto gli auspici di Garibaldi, Victor Hugo e John Stuart Mill e viene diretta da Charles Lemonnier, seguace di Saint-Simon, e sorge spontaneamente dall'intreccio e dalla confluenza di esigenze democratiche e pacifiste largamente diffuse nella società europea degli anni Sessanta. La Lega ha come sede permanente Ginevra e come organo ufficiale il periodico "Gli Stati Uniti d'Europa".

settembre 1867

Il primo congresso a Ginevra con la partecipazione di 6000 persone segna il momento culminante del sogno condiviso da tanti, eccezionale anche per la presenza di Garibaldi che fu presidente onorario. Nei successivi congressi della Lega Garibaldi pur non essendo presente esercita ugualmente la sua influenza perché si giunga alla formulazione degli Stati Uniti d'Europa e all'arbitrato internazionale.

ottobre 1867

Spedizione dell'Agro Romano. Di ritorno dalla presidenza del congresso della pace Garibaldi organizza la spedizione per liberare Roma. Egli sostiene che la guerra è lecita solo se è guerra per la libertà: "Gli schiavi non hanno il diritto di muovere guerra ai tiranni?" Ebbene gli schiavi erano i romani, i tiranni erano il papa e Napoleone III.

La caduta del Secondo Impero e la fine del potere temporale sembrano il segno di un destino inarrestabile: un avvicinamento all'Europa dei popoli.
La presenza di Garibaldi in Francia nel 1870-71 è il coronamento di una vita spesa ad inseguire il concretizzarsi dei suoi ideali. La politica di potenza della Germania e la reazione conservatrice in Francia dimostrano quanto sia lontana la possibilità di una Europa unita.

1872

Garibaldi scrive all'imperatore Guglielmo I invitandolo a non abusare della vittoria e a organizzare un Congresso internazionale (una sorta di Onu).
Scrive anche a Bismarck suggerendogli l'iniziativa di un Arbitrato mondiale che renda impossibili le guerre tra le Nazioni.

Gli ultimi anni Garibaldi li passa a Caprera affidando alla pagina scritta i suoi pensieri.
Nel suo ultimo romanzo, il "Manlio", che descrive una lotta tra il bene e il male troviamo ancora una esaltazione dell'arbitrato internazionale, della fine delle guerre, dell'unione dei popoli visti come tappe sicure del progresso umano

1881

Un anno prima della morte in una lettera ad deputato francese suo amico Garibaldi torna a ripetere: "Ecco lo scopo che dobbiamo raggiungere; non più barriere, non più frontiere".

 

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