Dice di lui Deleuze
Silvana Natoli
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Dice di lui Deleuze
Ora è morto davvero. "Non sono nato per essere
nato", scriveva. Ma si nasce - "questo venire al buio
(altro che luce)". E poi si è costretti " all’esserci
trafelato: questo piegarsi alla rappresentanza. Non si scampa alla
volgarità dell’azione, alla scoreggia drammatica della
rappresentazione di stato. Si è in balia del mondano e… c’è
bisogno di soldi. Non si può che trovarsi in malafede".
Ma l’infanzia può ancora essere bellezza e "stupore" se
si nasce in terra d’Otranto "da sempre magnifico,
religiosissimo bordello, casa di cultura tollerante confluenze
islamiche, ebraiche, arabe, turche, cattoliche. Culla delle storie
estromesse. Lutto oltremare.". Cultura meticcia e lingua
minoritaria, de-forme per variazioni continue e visioni
frammentarie, velocità e movimenti, squilibri perpetui che tendono
il linguaggio (e il senso) fino al limite, fino alla balbuzie.
Il lavoro di Carmelo Bene, dice Deleuze, è "di ‘afasia’
sulla lingua (dizione bisbigliata, balbettante o deformata, suoni
appena percettibili oppure assordanti), è un lavoro di ‘impedimento’
sulle cose e i gesti: costumi che ostacolano i movimenti invece di
assecondarli, accessori che rendono difficoltoso lo spostarsi, gesti
troppo rigidi o eccessivamente ‘fiacchi’ (…) fino alla postura
impossibile (il Cristo di Salomè che non riesce a
crocifiggersi da solo: come potrebbe l’ultima mano inchiodarsi da
sé?)".
Un lavoro che terremota forme e strutture, invarianti equilibri e
sistemi e il soggetto stesso che li fonda. Non resta più nulla?
"Resta tutto" dice Deleuze "ma in una nuova luce, con
nuovi suoni, con nuovi gesti (…) Il movimento della sottrazione,
dell’amputazione è già ricoperto dall’altro movimento, che fa
nascere e proliferare (…) Si tratta sempre di liberare la vita là
dove è prigioniera”. Bene è un costruttore, come lo intendeva
Benjamin: "tra i grandi creatori ci sono stati gli implacabili,
che per prima cosa facevano piazza pulita. Sono stati dei
costruttori".
La terra di Francia gli ha dato nuovi natali, un ambiente, un clima,
un’atmosfera congeniali, una comunità, in qualche modo, capace di
riconoscere un ‘fratello’ e che ha già scavato e sperimentato
la crisi della modernità, del senso e del linguaggio, la fine del
soggetto e della rappresentazione, la revocabilità di ogni
formazione conoscitiva, "l’incertezza come unica
interpretazione sicura" (Freud). Quando Romeo e Giulietta
è in scena a Parigi, molti ‘maestri’ sono in sala. C.B.
incontra Klossowski "eternoritornante e come me infantile,
deciso a non morire prima d’avermi visto recitare il suo Bafometto",
incontra Dalì che gli dice "tu non puoi essere ancora un
genio, c’è ancora molta sofferenza io l’ho visto, tu sei ancora
un artista, io sono un genio…”; poi in camerino arriva Lacan, l’innovatore
della psicanalisi "cui somigliare m’era stato congenito
destino. Lui taceva. Io tacevo. Indimenticabile incontro a vuoto.
Jacques Lacan o la sospensione del dialogo. Questo si ch’è mancare
"; incontra infine Manganaro e Deleuze " la più
grande macchina pensante, coup de foudre ", morto nel
95, sette anni prima di lui, "anche il suicidio è
evento".
E in Italia? La pochezza e il sostanziale ‘tradimento’ delle
attuali commemorazioni funebri, l’orgia di retorica che lo ha
seppellito davvero. A parte alcune preziose ‘alleanze’-tra le
quali Edoardo Fadini e soprattutto Maurizio Grande, che Bene voleva
curatore di tutte le sue opere- da noi lo si è voluto leggere come
scandalo e provocazione, come ‘grande attore’, benché di
tradizione ottocentesca, come grande teatro, ma solo quello del
presunto C.B. ‘prima maniera’, presunto
immaginifico-immaginoso-ridondante-debordante, dunque più prossimo
al teatro inteso come spettacolo e dunque più fruibile. Ma lui lo
ha detto "il mio mestiere è e sempre sarà quello di togliere
di scena. Io non so ‘mettere in scena’".
E’ straordinario, in questo senso, l’ultimo C.B., la impossibile
In-vulnerabilità d’Achille- "Bastardo Sei un bastardo
/ invulnerabile solo / dalla parte materna Bastardo "- l’impossibile
amore di Pentesilea, che è necrofilia, assassinio e smembramento-
" una storia d’amore che alla notte / questa che al sole dici
non può stare ”- amore che è guerra- " giuro Non tornerò /
Non tornerò lo giuro / Se non sposato Se / non sarà mia sposa / Se
/ non l’avrò trascinata sulle pietre / la testa nella polvere la
fronte / coronata di sangue "- ma anche e ancora luogo del
desiderio- " Principessa Mia sposa Principessa / Non era questo
il giorno delle rose ". Non si è mai detto appieno della sua
scrittura, del livello altissimo di lingua e di pensiero, nella
poesia nella saggistica e nella ri-scrittura dei testi classici (da Opere,
Bompiani ).
Solo C.B. ‘in scena’, anzi nemmeno lui, lui-soggetto, ma solo
‘macchina attoriale’ che si cita - camicia bianca d’Amleto
e pantaloni neri, capelli-Pinocchio sempre più rossostoppa. Non
più corpo né voce, solo strumentazione fonica, e oggetti sparsi
non più oggetti, membra di un manichino che non si riesce a
ri-comporre, frammenti di veli bianchi come innumerevoli, infiniti,
fazzoletti di Desdemona.
"Grazie a tutto ciò che ha fatto" scrive Deleuze
"può rompere con quanto ha fatto. Attualmente traccia
per se stesso un nuovo cammino. S’interessa sempre più all’elemento
sonoro preso in se stesso. L’immagine è passata interamente nel
sonoro. Non è più questo o quel personaggio che parla, ma il suono
stesso diventa personaggio ". Ancora una volta, che resta?
" il canto degli universi, il mondo del prima dell’uomo o del
dopo (…) impresa grandiosa che ricrea dappertutto le paludi
primitive della vita ".
Ma sulla voce-suono, quanti equivoci ancora. Diceva lui:
"Non è che la strumentazione fonica sia un corredino. L’attore
è amplificatore (non: è amplificato)"- mentre sulle
nostre scene s’agitano cloni avviluppati in microfoni e singulti.
Non c’è rischio che si tratti di eredi. Lui poi non voleva
neanche figli e quando gliene nasce uno, si sgomenta. "Ma è
impossibile. Ma mio figlio sono ancora io (…) L’essermi come
Pinocchio rifiutato alla crescita è se si vuole la chiave del mio
smarrimento gettata in mare una volta per tutte ".
Crescere è avere a che fare con a morte, lo fa dire al suo Otello
"la morte…questa lebbra cornuta ci è assegnata dal fato nell’ora
stessa della nostra nascita". Ma la morte è anche desiderio -
"la vita non vuole guarire", dice Lacan- è l’avvenire-svanire
di Edipo a Colono, è voler essere il niente che si è, la
tentazione dell’inorganico, la grazia orfica dell’abbandono e,
infine, il "bimbo-uomo nel grembo" ("Joyce mi ha
cambiato la vita")- C.B. "mi rivuoi, mamma? Dimmi che ci
hai ripensato.”
No, non era questo il giorno delle rose. Eppure, C.B., esistono davvero
fratellanze e ‘affetti’, se tanti o pochi di noi ti hanno
‘amato’ al modo di Deleuze "Noi non dobbiamo giudicare gli
altri esistenti, ma sentire se ci convengono o ci sconvengono, ossia
se ci apportano delle forze (…) Come aveva detto Spinoza, è un
problema di amore e di odio, non di giudizio ".
Link:
Da
"EMMA", Enciclopedia Multimediale Interattiva di
RaiSatZoom
Breve profilo biografico, il video "Majakovskij", una
scelta di siti dedicati a bene e per finire la bibliografia .
Anche
da KatawebCinema, un video
Perche', come spiega l'autore dell'articolo, "L'unica
maniera decente di ricordare Carmelo Bene è Carmelo Bene"
Un piccolo
estratto dal libro-intervista "Vita di Carmelo Bene",
pubblicato da Bompiani
La filmografia, da
Internet Movie Database
Il cinema di
carmelo Bene, da "Fucine mute"
Il
monologo sui cretini, da "Nostra Signora dei Turchi"
Curiosita': la
tomba immaginaria di Carmelo Bene
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