Aree protette e
conservazione nella regione laziale
Giuseppe M. Carpaneto
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Aree protette e conservazione
nella regione laziale
Quello che segue è l'intervento di Giuseppe M. Carpaneto, Docente
dell'Università degli Studi “Roma Tre”, Dipartimento di
Biologia, in occasione della mostra Lazio, vario per natura. L’ambiente
e i Parchi in mostra.
La grande diversità di ambienti, paesaggi, flora e fauna rende il
Lazio una delle regioni italiane potenzialmente più importanti per
la conservazione delle risorse naturali. A ciò occorre aggiungere
la presenza di una città popolosa e relativamente ricca come Roma
che, pur costituendo un elevato rischio per il territorio in termini
di inquinamento e di edilizia secondaria, rappresenta anche un
enorme serbatoio di utenti che potrebbe favorire lo sviluppo dell’ecoturismo,
ovvero di attività turistiche compatibili con la conservazione dell’ambiente.
Per quanto riguarda l’inquinamento prodotto direttamente dalla
capitale, si rileva che una buona parte dei suoi effetti sono
piuttosto marginali data la posizione periferica del centro abitato
rispetto alla regione e per la sua vicinanza al mare. Invece, l’impatto
dell’edilizia secondaria ovvero la costruzione (spesso abusiva) di
residenze estive di proprietà dei cittadini, ha spesso un effetto
devastante sul territorio e si risente in tutte le province,
soprattutto in prossimità delle aree di maggior valore
naturalistico. Tale fenomeno ha molte conseguenze negative sull’ambiente,
come l’alterazione del paesaggio, la frammentazione dell’habitat
(con conseguenze sulla mobilità di molte specie animali), lo
sfruttamento incontrollato delle falde freatiche e vari aspetti dell’inquinamento
(discariche abusive, pozzi neri, illuminazione notturna, diffusione
di piante ed animali non indigeni, ecc.).
Tuttavia, nonostante questi aspetti negativi, la presenza di una
città come Roma significa una domanda elevata e sempre crescente di
aree con potenzialità ricreativa, come possono essere i parchi e le
riserve naturali. Infatti, se da una parte l’esercito dei turisti
domenicali costituisce un periodico e forte impatto ambientale
(degrado della vegetazione, disturbo diretto e indiretto per la
fauna, abbandono di rifiuti, rischio di incendi, ecc.), d’altra
parte questa massa di persone in cerca di emozioni rappresenta un
beneficio economico per le popolazioni dei comuni che ricevono
vantaggi in termini occupazionali con lo sviluppo di attività
ricettive e ricreative (alloggio, ristoro, artigianato, fiere,
mostre, vendita diretta di prodotti agricoli, educazione ambientale,
ecc.).

Attualmente, la regione laziale possiede un numero
elevato di aree protette, che rappresentano un arcipelago di
situazioni ambientali assai diverse, dovute alla eterogeneità
geografica della regione che comprende una lunga fascia costiera,
una serie di rilievi antiappenninici e preappenninici di diversa
natura geologica, e un grande cuneo interno rappresentato dalla
provincia di Rieti che raggiunge il cuore dell’Appennino centrale.
Complessivamente, includendo anche le aree protette urbane, le oasi
del WWF e la Tenuta Presidenziale di Castelporziano, il Lazio
comprende circa 172.000 ha di territorio protetto, pari a circa 10%
della sua superficie.
I parchi nazionali che interessano la regione Lazio sono tre, uno
compreso interamente nel territorio regionale (Parco Nazionale del
Circeo) e altri due in comune con altre regioni. Il Parco Nazionale
del Circeo (8622 ha) comprende frammenti di habitat estremamente
importanti perché ormai quasi scomparsi o profondamente alterati
nel resto del paese, come le dune costiere, il bosco planiziario
igrofilo, la lecceta e la vegetazione ripariale dei laghi costieri.
Invece, il Parco Nazionale d’Abruzzo (in comune con la regione
omonima) ed il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga
(in comune con Abruzzo e Marche), comprendono vasti territori di
alta e media montagna con elevato grado di naturalità. Il primo
include 7500 ha di territorio laziale ed ha avuto un importante
ruolo storico per la conservazione dei grandi mammiferi come l’orso
marsicano, il lupo, il camoscio appenninico e la lince. Il secondo,
pur figurando con poche centinaia di ettari in territorio laziale,
rappresenta un importante corridoio biologico con l’Appennino
centrale.
Un’altra importante categoria di aree protette è quella dei
parchi e delle riserve gestite direttamente dalla Regione Lazio o
indirettamente da singoli comuni. Inoltre, nelle ultime decadi, sono
state istituite diverse aree protette sotto la denominazione di “parchi
naturali”, “riserve naturali” e “riserve naturali parziali”,
soggette a vincoli di vario tipo e gestite direttamente da comunità
montane o da amministrazioni comunali, talvolta in collaborazione
con il WWF-Italia. In molti casi, la differente nomenclatura delle
aree protette dipende più dai decreti legislativi che le hanno
istituite e meno dalle loro effettive caratteristiche. Talvolta, si
parla di “parchi urbani” e “suburbani” in base alla
vicinanza ai centri abitati. Senza soffermarsi a distinguere fra le
varie categorie di gestione, regno della burocrazia, spesso motivo
di conflitti di competenze e di scontri dovuti ad interessi locali,
riteniamo più utile soffermarci sulla tipologia ambientale che
queste aree comprendono e tutelano.
Gli ecosistemi della fascia costiera, in primo luogo la macchia
mediterranea con gli ultimi residui di foresta sempreverde e
querceto retrodunale igrofilo, sono conservati soprattutto nelle
aree protette del litorale romano, in particolare nella Tenuta
Presidenziale di Castelporziano (dove l’accesso è riservato a
ricercatori, docenti e studenti) e nel Parco Urbano della Pineta di
Castelfusano. Nell’insieme, questo comprensorio copre più di 7000
ha ed ospita una ricca fauna, con cinghiale, capriolo, cervo,
istrice, martora, tasso, volpe ecc. Minore estensione hanno le
piccole riserve regionali e le oasi del WWF dislocate lungo la costa
laziale: Bosco di Palo, Macchiatonda, Macchiagrande, Tor Caldara,
Gianola-Monte di Scauri e Monte Orlando.
Le zone umide costiere (paludi e laghi salmastri), importanti
soprattutto per la nidificazione e lo svernamento degli uccelli
acquatici, trovano protezione soprattutto nella fascia costiera di
Latina, all’interno del P. N. del Circeo, ma anche in alcune
piccole riserve regionali, aree gestite dal Corpo Forestale dello
Stato (ex-ASFD) e monumenti naturali di interesse provinciale come,
rispettivamente, Macchiatonda, le Saline di Tarquinia e Torre
Flavia.
Gli ambienti fluviali e lacustri d’acqua dolce, con annesse
paludi, sono anch’essi importanti per la conservazione degli
uccelli, della fauna ittica e di tutta la comunità biologica
associata, comprese le formazioni ripariali (canneti, giuncheti,
boschi di ontani, pioppi e salici). Le riserve naturali che tutelano
in modo particolare gli ambienti d’acqua dolce sono: Lago di Vico,
Laghi Reatini (L. Lungo e L. di Ripasottile), Nazzano-Tevere Farfa e
Lago di Posta Fibreno. Quest’ultimo è importante per le
caratteristiche peculiari delle sue acque, limpide e trasparenti,
che ospitano una trota endemica.
I boschi caducifogli termofili, come le formazioni a roverella degli
ambienti collinari, e le foreste di cerro, farnetto e farnia, dal
piano basale fino a circa 1000 m di quota, sono largamente diffusi
anche fuori delle aree protette. Tuttavia, essi sono compresi anche
in parchi e riserve, soprattutto nelle aree di Monte Rufeno, Lago di
Vico e Marturanum (nella provincia di Viterbo), Castelli Romani
(nella provincia di Roma) e Monti Simbruini (nella provincia di
Frosinone). Frammenti di querceto caducifoglio si trovano anche
nella pianura pontina e sono protetti dalle leggi che regolano la
gestione delle foreste ma il più importante di tutti è compreso
nel P. N. del Circeo.
I boschi mesofili, dominati dal faggio, sono anch’essi tutelati in
tutto il territorio dal Corpo Forestale dello Stato. In ogni caso,
le aree protette in cui troviamo esempi importanti di faggeta sono
il Parco Regionale dei Monti Simbruini, il settore laziale del Parco
Nazionale d’Abruzzo nonché le riserve del Lago di Vico e del
Monte Navegna-Monte Cervia. In queste aree protette oltre ai boschi
veri e propri, sono compresi anche i pascoli montani e submontani
che costituiscono esempi di ecosistemi seminaturali, mantenuti tali
dalle attività dell’uomo fin da tempi preistorici attraverso il
taglio, l’incendio e il pascolo, e che contribuiscono alla
diversità del paesaggio e della fauna.
Infine, esistono le aree verdi urbane e suburbane della capitale
(anche queste suddivise in riserve, parchi e rifugi) che nel loro
insieme coprono circa 18000 ha di territorio, più o meno
efficacemente protetto dall’espansione edilizia abusiva.
E’ da mettere in evidenza l’importante ruolo del WWF-Italia
nella conservazione del patrimonio naturale della regione con la
tutela di circa 3430 ha, divisi tra 12 aree (alcune gestite
autonomamente, altre in collaborazione con gli enti locali), che
rappresentano piccoli ma importanti frammenti di habitat di grande
interesse per la conservazione della flora e della fauna. Fra le
oasi più importanti ricordiamo: Macchiagrande (RM) che protegge una
preziosa area di macchia mediterranea in cui vive una popolazione
naturale di testuggine di Hermann; Lago Secco (RI) dove due laghetti
appenninici di quota ospitano popolazioni relitte di tritone alpino
e rana temporaria; Ninfa (LT) che coniuga aspetti storici e
naturalistici, ospitando una ricca comunità vegetale ed un laghetto
accanto alle rovine di un’antica città medioevale; le oasi blu di
Gianola, Monte Orlando e Villa di Tiberio che tutelano la fauna
marina e che si aggiungono alle aree marine protette statali delle
Secche di Tor Paterno e delle Isole Ventotene e S. Stefano.
Oltre all'importante ruolo che le aree protette laziali svolgono per
la conservazione della biodiversità, l'educazione ambientale, la
ricreazione e lo sviluppo dell'ecoturismo, c'è da aggiungere la
loro importante funzione nella ricerca scientifica. In tutte le aree
protette laziali si svolgono ricerche di biologia evoluzionistica,
ecologia, etologia e gestione delle risorse naturali condotte dagli
enti di ricerca italiani, spesso anche in collaborazione con centri
stranieri. Molti studenti universitari svolgono le loro tesi di
laurea su aspetti geologici, botanici o zoologici che possono essere
rilevati meglio o esclusivamente all'interno di aree dove le
attività umane sono assenti o limitate.
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