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Il magnate che parla dal piccolo schermo



Mauro Buonocore




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L’annuncio è venuto dalla tv: Michael R. Bloomberg, il magnate dell’informazione finanziaria, non si è presentato di persona di fronte al pubblico per annunciare ufficialmente la sua candidatura con il Partito Repubblicano a sindaco di New York nelle prossime elezioni, ma ha affidato questo incarico al primo di una lunga serie di spot televisivi che affolleranno le antenne dei newyorchesi nei prossimi mesi.

Rudolph Giuliani, sindaco in carica nella Grande Mela, sta portando a termine il suo secondo mandato e non potrà candidarsi per la terza volta consecutiva. Così si apre una campagna elettorale che darà i primi verdetti l’11 settembre prossimo, quando si svolgeranno le primarie dei partiti Democratico e Repubblicano, e verranno fuori i nomi che si contenderanno la vittoria finale.


Fra questi Bloomberg conta di esserci, e di arrivare a sedere sulla poltrona di sindaco perché sostiene di avere delle capacità che i suoi avversari non hanno e che saranno determinanti per la sua affermazione. Ma quali sarebbero le qualità che questo media tycoon, come dicono negli Stati Uniti, questo imprenditore che ha realizzato uno dei successi economici più grandi degli ultimi anni, che ha fatto della sua Bloomberg L. C. un colosso dell’informazione a livello mondiale, forte di televisioni, radio, un sito Internet ed una casa editrice? A giudicare dal contenuto degli spot e dalla biografia - disponibile sul sito www.mikeformayor.org, nato appositamente per la campagna elettorale - la risposta è agilmente rintracciabile.

Il messaggio principale, sostiene il New York Times in un editoriale del 6 giugno scorso, è che la sua personale ricchezza e la sua poca esperienza nella pubblica arena siano qualità che lo distinguono dai candidati del Partito Democratico e dal repubblicano Herman Badillo. Bloomberg infatti ha rinunciato ai fondi del finanziamento pubblico messi a disposizione per i candidati, dichiarando che la propria disponibilità economica gli consente di svolgere una campagna elettorale efficace che farà capire agli elettori che lui è una valida novità rispetto ai soliti politici quali sono i suoi avversari.

E' dalla sua personale esperienza di lavoro che nasce la ricetta per raccogliere l’eredità di Giuliani e portarne a compimento l’opera. Pochi e semplici gli ingredienti per migliorare la città: tenere unite le persone, risolvere i problemi, essere onesto. Così Bloomberg si presenta agli americani come una persona in grado di tradurre nella pubblica amministrazione le doti che lo hanno portato al successo nella vita professionale.


Lontano dai giochi di palazzo della politica, vuole farsi conoscere con una campagna elettorale che “arrivi direttamente alla gente”. Ecco spiegata la scelta degli spot televisivi che lo metteranno in prima persona, protetto da uno schermo, di fronte ai propri elettori; ed ecco spiegata anche la scelta di girare degli spot in lingua spagnola, che ha iniziato a studiare da un anno, in cui, passeggiando in abbigliamento sportivo per East Harlem, si scusa con i telespettatori delle comunità ispaniche per la pronuncia imperfetta ma promette che migliorerà, perché vuole parlare loro ed ascoltare quello che hanno da dirgli.

Ma intanto iniziano a sollevarsi alcune obiezioni. Da una parte il New York Times ricorda che la politica e gli affari sono due mondi differenti, guidati da diverse esigenze e da diversi modi di raggiungere le soluzioni ai problemi. Dall’altra Bloomberg si trova a dover affrontare le domande degli oppositori che gli chiedono i motivi del cambiamento che lo ha portato pochi mesi fa, da estimatore del Partito Democratico quale era, a correre per i Repubblicani.

Ma soprattutto è chiamato a riempire un vuoto nelle sue dichiarazioni. In tv e nel sito si presenta come un appassionato di arte e tecnologia, un filantropo che ha a cuore le sorti della città, ma che non ha ancora espresso concretamente la propria posizione e i propri progetti su questioni cruciali come la sanità, l’istruzione e la sicurezza pubblica. Per il momento Bloomberg ha rifiutato ogni tipo di confronto diretto con gli avversari, portando Gail Collins, ancora dalle colonne del New York Times, a chiedersi se la campagna elettorale stia per avere per protagonista un ologramma o una persona in carne e ossa.

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