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La cerimonia e La confessione



Antonia Anania



Walter Manfrè è l’ideatore e il regista de La cerimonia e La confessione, due progetti teatrali in scena nella Sala Clementina del Complesso Monumentale di San Michele a Ripa di Roma fino al 2 giugno. Manfré non ama le definizioni, anche se spiega il suo teatro come ‘inconsueto’ rispetto a quello tradizionale perché non intende distrarre lo spettatore, anzi, lo va a cercare per "penetrare direttamente nella sua anima e nel suo cervello".

Lo immagina desideroso di essere non colui che osserva dalla sala ma colui che interpreta e vive la storia da protagonista insieme agli attori. E per creare questo Teatro della Persona -per citare il logo della compagnia-, Manfrè ha immerso il pubblico in ogni suo progetto, "nel cuore del luogo e della vicenda laddove -spiega-(…) è possibile giocare la carta di una inusitata complicità", dando a ogni spettatore il ruolo di parente in Visita ai parenti, di commensale in La cena, di compagno di viaggio ne Il viaggio, di confessore ne La confessione, e infine di morto in mezzo ai morti ne La cerimonia.

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Ma che sia un morto lo capisce solo alla fine. Venti spett-attori ogni sera entrano uno alla volta nella Sala Clementina. Si dice loro di arrivare alla metà della sala: lo spett-attore titubante si ferma all’inizio, quello ligio alle direttive arriva al centro, quello che va oltre, direttamente al tavolo del cerimoniere che lo conduce a uno dei venti tavoli con tre sedie e una luce fioca. Una massa di uomini e donne -proprio quelli che si vedono nella foto di Enrico Grieco- vestiti in abiti da sera osserva l’entrata e aspetta il segnale per avvicinarsi ai tavolini con passo deciso. Inizia così La cerimonia.

Sembra di trovarsi in una locanda in cui una coppia e un single mai conosciutisi prima dividono il tavolo per mancanza di spazio. Un insolito menage a trois in cui per una sorta di morbosa curiosità il single ascolta le discussioni degli altri due che però lo osservano e gli parlano come se il vero destinatario del discorso, uno dei due amanti, fosse proprio lui.

In un continuo le change, coppie giovani, anziane, omosessuali si avvicendano a ogni tavolo di ogni spettatore raccontando tutte la stessa storia all’unisono o meglio il seguito dell’incontro raccontato e rappresentato dalla coppia che l’ha preceduta -probabilmente perché autore e regista vogliono mostrare che le storie d’amore hanno le stesse parole e le stesse dinamiche. Sembra la concretizzazione o la drammatizzazione a sprazzi di Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes (Einaudi 1979) (vedi http://www.caffeeuropa.it/
attualita/113teatro-barthes.html
)
, ma con tinte più malinconiche e tragiche.

Come capita spesso nella vita, lei racconta di come "ci piace interpretare le cose", lui solo dell’evidenza dei fatti. Litigano, si accarezzano e litigano di nuovo. Mettono sul tavolo un orologio che segni i minuti di questo loro incontro.

Come succede alle coppie vere, si avvicendano i ricordi. Di dialoghi accecanti e senza fine. Di notti passate a perlustrare i loro corpi alla sola luce della candela. Di pomeriggi di giochi e d’amore. Amore così passionale e travolgente da rifiutare la presenza degli altri. Da decidere di spaccare la chiave di casa a martellate per restare dentro l’appartamento per sempre insieme. Da decidere il suicidio, che però dovrà avvenire a distanza di un’ora l’uno dall’altra.

E allora il terzo ‘incomodo’ inizia a capire che quanto sembrava un appuntamento reale tra due ex amanti ancora appassionati è invece un incontro tra morti. Lui si è suicidato prima di lei che ha vissuto quindi un dopo, "un disavanzo". E siccome nel mondo dei morti non c’è più la concezione del tempo, lui si ammorba di gelosia e disperazione perché non può sapere se sono passati un’ora o anni dalla sua morte. Così implora la verità: "L’hai mantenuto?". Lei gli assicura che quel dopo è durato solo quell’ora pattuita:"Eccomi qui", per non essere "mai più da soli".

E allora lo spettatore complice capisce che l’orologio posato sul tavolo per tutto l’incontro serve da legame tra il mondo temporale dei vivi e quello eterno dei morti dove non si contano i minuti - uno stratagemma che ricorda quello di Poema a fumetti di Dino Buzzati (Oscar Mondadori, 2000) (vedi http://www.caffeeuropa.it/attualita01/
133teatro-orfeo.html
)
.

Il testo di Giuseppe Manfridi -uno degli autori teatrali più creativi di questi anni, che qualcuno ricorderà anche come autore e conduttore di StereoDueClassic, trasmissione radiofonica di musica classica- è intenso, poetico, drammatico, accattivante e, malgrado in qualche punto del catalogo di ricordi allenti la tensione e l’attenzione, ha la forza di tenere col fiato sospeso l’atipico spettatore che spesso ascoltando viene condotto a rievocare momenti della propria storia d’amore, volenta o no, a soffermarsi su alcune parole e sugli occhi di uno dei due amanti.

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Walter Manfrè dirige i suoi 40 attori con puntualità e rigore nei tempi, nell’atmosfera e nei toni. Poi lascia a ognuno la libertà di interpretare questa passione totalizzante e distruttiva nel modo più consono a sé. Quasi impossibile ricordarli tutti. Viene in mente una coppia di due trentenni, lui in total look noir, lei con guanti a rete dai quali s’intravvede un anello con la perla, che si guardano e si parlano come a dirsi, per citare una canzone di Mina: "Sono qui per te stasera (…) e tu lo sai".

La confessione è un altro esperimento che gioca sulla curiosità tutta umana di spiare i peccati degli altri. La rappresentazione diventa un menage a deux, perché stavolta lo spettatore se è un uomo diventa il confessore di una peccatrice, se donna, di un peccatore. Gli spettatori sono accolti da un prete folle interpretato dall’incisivo Roberto Zorzut: "Andate (…) siate me e più di me (…) e medicate in ascolti laboriosi ciò che Satana degrada".

I venti tavoli sono sostituiti da due file di dieci inginocchiatoi, da un lato dei quali siedono gli spettatori per fare da preti muti in ascolto e dall’altro si avvicenderanno -sembra questa una delle parole chiave dell’intera operazione-, i dieci peccatori. Venti personaggi l’uno diverso dall’altro nei vestiti come nell’indole, le cui confessioni in questa edizione sono state scritte da autori come Stefano Benni, Ugo Chiti, Luca De Bei, Rocco Familiari, Aurelio Grimaldi, Giuseppe Manfridi, Dacia Maraini, Michele Serra, Enzo Siciliano.

In questa edizione. Perché nelle edizioni precedenti le confessioni sono state scritte da autori sempre diversi a seconda del paese dove sono state rappresentate, -Santiago del Cile, Buenos Aires, Avignone, Parigi-, e così sarà per le prossime edizioni, a Madrid e Londra.

Ma indipendentemente dalla lingua e dalla situazione, si tratta sempre di peccati "della mente e della mano, di lussuria della carne e delle idee" per parafrasare il monologo del prete folle. Nell’edizione italiana rimane impresso e impressionante più degli altri il volto emaciato e incavato di un’attrice che interpreta un travestito ricoperto di drappi bianchi, come un lebbroso e un fantasma, il quale confessa la sua disperazione . Rimangono impresse e impressionanti le parole di un anatomo-patologo che possiede tutte le donne morte che deve sezionare. Rimane impresso il grido di una donna che per certi versi tiene il tempo dell’intera rappresentazione nel bisbiglio delle confessioni.

Entrambi gli spettacoli sono intensi e intriganti. Colpiscono la novità nelle idee e nella messinscena e la situazione privilegiata dello spettatore che però, seppure complice nella messinscena, rimane ancora tale. E allora viene da chiedersi che cosa succederebbe se in un’atmosfera così coinvolgente si abbattesse davvero la quarta parete. Se lo spettatore si ribellasse a questa muta complicità e iniziasse a intervenire nei dialoghi degli attori. Qualcuno potrebbe ribattere che ci ritroveremmo in un teatro di improvvisazione. Chiunque può avanzare le sue ipotesi.

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Abruzzo presentano una produzione Florian Proposta Teatro Stabile d’Innovazione Il teatro della persona, due progetti teatrali di Walter Manfrè. La Cerimonia di Giuseppe Manfridi e La Confessione testi di autori italiani contemporanei. Complesso Monumentale San Michele a Ripa (ex carcere minorile) fino al 2 giugno.

Per conoscere il teatro di Walter Manfrè e le sue tournè:
http://www.waltermanfre.com
Per vedere le foto di Enrico Grieco dei progetti e le prove de Il teatro della persona  .



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