Musica, anelli e colpi di pistola
Antonia Anania
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In questi tempi in cui si avverte sempre più il bisogno di poesia (vd.
numero 117 di Caffè Europa) a teatro si racconta Orfeo, l’ur-poeta
per eccellenza, antenato -si dice- di Omero ed Esiodo. E per farlo si
mettono sul palco tutte le forme d’arte e di comunicazione, dalla
musica alla danza, dai fumetti ai testi dotti, dalla recitazione al
canto lirico, dalla pittura artigianale ai software più avanzati.
Perché lui era il primo cantore e poeta dell’umanità e, visto che
inventò la cetra, l'antesignano dei chitarristi rock, in grado di
smuovere persino le pietre e ammansire le bestie feroci con la potenza
del suo canto e della sua musica

E non solo, perché nel suo mito la poesia e la musica si fondono con
qualcos’altro: l’amore, che a sua volta si fonde con la morte. Chi
non conosce la sua passione per la ninfa Euridice? Un mitografo ben
informato come Apollodoro racconta che lei morì dopo il morso di un
serpente e lui, che non poteva vivere senza la sua donna, scese nell’Ade
per riprendersela. Ma incontrò Plutone, il re dell’Aldilà, e
fecero un patto: Euridice sarebbe ritornata con lui a condizione che
durante il tragitto non si fosse girato per guardarla, ma si sa che la
curiosità fa spesso brutti scherzi e Orfeo si volse perdendo l’amata
per sempre.
Perché oggi ci si confronta con questo mito? “Perché Orfeo ha la
forza di sfidare la morte e con la sua musica ha il potere di superare
la natura delle cose. Naturalmente bisogna trovare un punto di vista e
uno spunto forte per raccontare il suo mito in modo sempre diverso,
arricchendolo e allo stesso tempo liberandolo degli altri significati
che gli sono stati attribuiti nel corso dei secoli”. Così dice
Filippo Del Corno, compositore e musicista milanese, co-fondatore dell’ensemble
"Sentieri Selvaggi", che ha scritto Orfeo a fumetti,
la prima opera da camera italiana a disegni, reduce dalla rassegna
Suoni e visioni 2001, al Teatro di Porta Romana di Milano, e da
quella Laboratorio al Piccolo Teatro Regio di Torino.

Già, Orfeo a fumetti. Il libretto questa volta esisteva prima della
partitura, è Poema a fumetti appunto, scritto e disegnato da
Dino Buzzati nel 1969 (Oscar Mondadori, 2000), secondo lo stesso
autore la sua opera più riuscita: Buzzati infatti si definiva un
pittore e fumettista di mestiere e un letterato per hobby, e
pronosticava che sarebbe diventato famoso per la sua pittura dai
colori netti solo da morto (parole profetiche).
Buzzati aveva contemporaneizzato il mito trasformando Orfeo in Orfi,
una giovane pop-star, ed Euridice in Eura, la sua ragazza. La Grecia
antica diventava la Milano del '69 e l’Ade uno strano regno dove i
‘senza nulla’ sono trasportati da una giacca parlante, Caronte, e
vivono nell’“ottusità indistruttibile, l'uniformità, la
prevedibilità, la noia’ - proprio come succede nella Milano superna
- in compagnia di donne sempre nude e formose.
“Per raccontare in musica un’opera a fumetti - ci racconta Del
Corno- mi sono ispirato al sound consonante, comunicativo e mai tonale
di compositori contemporanei come Philip Glass e Louis Andriessen,
allontanandomi dai modelli dell’opera lirica ottocentesca.”
Orfeo a fumetti è uno spettacolo multimediale, da ascoltare ma
anche da vedere, perché la storia di Orfi è raccontata dalla musica
ma anche dalle duecento tavole di Buzzati -proiettate su una serie di
schermi e un velo di tulle, grazie al software scandinavo watch out,
che anche Luca Ronconi ha usato in questa stagione teatrale per la
messinscena della sua Lolita. I cantanti lirici danno voce ai
personaggi e alle didascalie dei fumetti, ma da dietro le quinte, e
solo in tre momenti, appare sulla scena un Orfi in carne e ossa,
impersonato proprio da un cantante di oggi, Omar Pedrini, leader dei
Timoria, che imbraccia la chitarra e canta tre canzoni per riuscire a
entrare nell’Ade e riportare Eura a casa.

Un’aria dell’Orfeo di Monteverdi reinventata per un
esecutore rock e due canzoni degli stessi Timoria riarrangiate da Del
Corno. “Dino Buzzati -racconta il musicista - ha intuito che alla
fine degli anni Sessanta così come oggi, l’aspetto sciamanico e
incantatorio di Orfeo si poteva riscontrare solo in un cantante rock,
motivo per cui anch’io ho scelto di lavorare con un artista creativo
come Omar”.
Nel fumetto Orfi ha solo un limite di tempo: può portare con sé Eura
purché lo faccia in 24 ore. Ma la ragazza non torna sulla terra
perché è lei che non crede alle favole, perché nell’Aldilà non
esiste il tempo segnato dall’orologio di Orfi. Perché c’è una
legge più potente di qualsiasi canto e incanto che le fa dire: “No,
le tue canzoni non bastano. (…) E’ inutile. Non posso
accompagnarti lassù. Povera favola di Orfeo. Anche se tu non ti
volterai indietro, non servirebbe lo stesso.”. E poi Eura non regge
il passo di Orfi, perché essendo morta è sempre stanca. Così l’ultima
tavola del loro incontro mostra le mani dei due amanti che si
intrecciano e che poi vengono risucchiate ognuna nel proprio mondo.
A questo punto un uomo cerca di convincere Orfi che si è trattato
solo di un sogno, ma il ragazzo apre la mano e trova l’anello di
Eura che le aveva sfilato lasciandola. Un anello che potrebbe
diventare un ricordo dell’amata, e quindi una consolazione ma non lo
è, perché Orfi si rende conto che avrebbe potuto riaverla, mentre l’uomo
che poteva dargli qualche risposta svanisce e tutti i punti
interrogativi rimangono tali. “Ho raccontato in musica questi
momenti finali facendo ripetere tutti i temi musicali precedenti nel
modo più vorticoso possibile, una sorta di riassunto musicale
velocissimo che raccontasse il balenare del dubbio. Poi ho mutato
registro e ho scelto degli accordi nudi e scarnificati per raccontare
la strada deserta e le domande che rimangono senza risposta.”.
Inizia invece proprio com’è iniziato Orfeo Euridice scritto
da Rocco Familiari, diretto da Augusto Zucchi e disegnato (nelle scene
e nei costumi) da Giosetta Fioroni: una messinscena teatrale
sinfonico-pittorica, dove la recitazione, il canto, la danza, la
musica si contaminano e incastrano, prendendo a volte il sopravvento l’uno
sull’altro. Finisce com’è iniziato, scrivevamo, e cioè con un
secondo colpo di pistola; gli stessi gesti e parole d’amore, gli
stessi fiori e la stessa azione: Orfeo, un uomo borghese dei nostri
giorni (Augusto Zucchi) spara per la seconda volta alla sua bella
amante Euridice (Virginia Bianco).

“Ti farò male più di un colpo di pistola” cantano i Subsonica
nel CD Microchip emozionale (Mescal 99) ma in quel caso ci si
vendicava di una donna che aveva fatto soffrire, qui invece Orfeo
spara perché deve compiersi il destino di morte dell’amata e in
più perché lui non resistiterebbe al disfacimento del corpo di
Euridice, alle malattie “ai segni che il trascorrere del tempo
avrebbe impresso sul tuo volto, alle sofferenze che i figli e io
stesso ti avremmo procurato. Così non cambierà mai, resterà per
sempre come noi vogliamo. Io ti amo, ti amo, ti amo…”.
Messa in questi termini, Euridice potrebbe sembrare una marionetta,
agli occhi di femministe o donne emancipate, un’altra donna che
compie il volere di altri ieri come oggi. Ma nel momento in cui sta
perdendola, Orfeo s’impunta e dice di voler rimanere da vivo nell’Ade
per cercarla di nuovo. E queste parole e questa sfida agli dei
certamente lo mostrano nel suo aspetto più tenero e al contempo
disperato e combattivo. Mostrano il desiderio di chi vuole amare
qualcuno per sempre.
Fra i due spari si sviluppa la storia ambientata in un grigio
porticato dove campeggiano due grandissimi specchi, uno vero, l’altro
finto, che è la porta per scendere agli Inferi. Da dove escono i
personaggi secondari del mito, gli abitanti dell’Ade, che ballano
anche sui trampoli (grandiosa e d’effetto la danza finale) e con i
loro vestiti portano il colore sulla scena.

La scrittura e i disegni delle scene di Orfeo Euridice sono
pieni di fascino, di simboli e metafore raffinate, ricercate e dense
che spesso però bisogna scovare e ‘sgrovigliare’ con pazienza
all'interno della messinscena. Rocco Familiari ha assimilato e
personalizzato il mito di Orfeo e la riscrittura che ne ha fatto
Rainer Maria Rilke nel poemetto Orfeo Euridice Ermes del 1904,
a sua volta analizzato da Iosif Brodskij (Dolore e ragione,
Adelphi, ’98). Nel titolo del suo testo teatrale non compare quell’Ermes,
che invece sulla scena, interpretato da Paola Maffioletti, è il
personaggio più attivo, che ha la migliore resa, e che ogni volta che
arriva sembra affondare i suoi stivali neri nel palco, forte e
incisivo com’è.
Ad agire dunque non sono Orfeo ed Euridice, che spesso appaiono come
statue di gesso, e le cui azioni -o passività- sono relegate spesso
sullo sfondo o sull’avanscena, ma tutti quelli che stanno loro
intorno e che danzano, si muovono, cantano, suonano (bello l’assolo
del violoncellista dal secondo piano del cortile). Loro due ripetono
sempre le stesse parole. E Orfeo esprime il suo amore leggendolo quasi
continuamente da fogli che gli porta Ermes. Forse per manifestare la
sua condizione di poeta borghese che scrive molto e parla poco, o
forse solo per problemi tecnici perché lo spettacolo sfortunatamente
ha subito vari cambiamenti, e durante le prove si sono avvicendati
attori diversi proprio per interpretare i due personaggi del mito
borghesizzato e liricizzato al tempo stesso.
Dando però un’interpretazione psicanalitica alla messinscena,
quelle figure attive potrebbero impersonare i pensieri del nostro
Orfeo borghese spesso seduto in poltrona o alla scrivania. Pensieri d’amore
e di morte, di cospirazione -quelle degli dei inferi ma anche della
propria coscienza- e di poesia. E immersi in questi pensieri il filo
della storia si perde e si attorciglia quasi volutamente, cosicché la
morte ritorna, perché nei pensieri Orfeo si è girato a cercarla,
mentre nei fatti si chiude il cerchio: Euridice porta fiori, i due
amanti parlano d’amore e passione e per la seconda volta c’è un
colpo di pistola.
Orfeo a fumetti musica di Filippo Del Corno, regia e scene di
Manuel Cicchetti, immagini Studio DueEffe. I cantanti lirici: Roberto
Abbondanza (baritono), Anna Maria Calciolari (contralto), Giovanni
Caccamo (tenore). L’Ensemble Sentieri Selvaggi: Carlo Boccadoro
direttore, Paola Fre flauto, Mirco Ghirardini clarinetto, Andrea
Rebandengo pianoforte, Andrea Dulbecco percussioni, Thomas Schott
violino, Marco Decimo violoncello. Con la partecipazione creativa e
scenica di Omar Pedrini dei Timoria.
Per informazioni: http://www.sentieriselvaggi.org
Le prossime date:
8-9 Settembre 2001, Mantova, Festival della Letteratura, Teatro
Sociale;
14 Marzo 2002, Roma, Accademia Filarmonica Romana.
Orfeo Euridice di Rocco Familiari, con Augusto Zucchi (Orfeo) e
Virginia Bianco (Euridice) e con Paola Maffioletti (Ermes), Sara
Allegretta (Soprano), Francesca Trevisanello (danzatrice solista),
Pietro Di Somma (violoncello), Sonia Bertin (danzatrice-cantante),
Cinzia Franchi (danzatrice-cantante), Alexandra Manasse
(danzatrice-cantante), scene e costumi di Giosetta Fioroni in
collaborazione con Cristina Gaetano, musiche di Germano Mazzocchetti
coreografie Paola Maffioletti regia Augusto Zucchi.
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