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La principessa e il guerriero



Paola Casella



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"Fondamentalmente, racconta il mito di Orfeo al contrario". Così il regista e sceneggiatore tedesco Tom Tykwer, già autore del celebrato Lola corre, descrive il suo ultimo film, La principessa e il guerriero. E infatti il protagonista maschile, Bodo, interpretato da Benno Fürmann, è una sorta di Orfeo dei giorni nostri, che dopo la scomparsa della moglie precipita in una condizione di morto vivente e vaga nel mondo dei vivi come un'anima in pena.


Un particolare della trama ci da la misura di quanto Bodo viva in una dimensione parallela: il fratello Walter (Joachim Kròl) lo ritrova notte dopo notte abbarbicato a una stufa, e solo quando il film ci permette di vedere la realtà attraverso gli occhi di Bodo capiamo che l'uomo sovrappone il fantasma della moglie alla stufa, il cui calore gli ricorda quello della persona viva, ma anche l'incendio in cui lei è perita.

Il vedovo inconsolabile - più per senso di colpa che per amore, come vedremo - si aggira in un universo di ombre e di fantasmi, e non riesce a riprendere contatto con la realtà. E' come un sonnambulo che nessuno osa svegliare, per paura che lo choc del passaggio dal sonno alla veglia sia troppo forte.


Nessuno, eccetto Sissi (Franka Potente, la Lola di Lola corre), che guarda caso si sta a sua volta risvegliando alla vita. Scopriremo che Sissi è nata e cresciuta in manicomio, è diventata infermiera e mette il naso fuori dal suo mondo di ombre solo per accompagnare in giro i suoi pazienti.

Proprio durante una di queste passeggiate Sissi incontra Bodo, o meglio, le loro pseudo-realtà si scontrano: Bodo, correndo per le strade di una città tedesca (come Lola, in una sequenza che ricorda da vicino il film che ha reso famoso Tykwer), provoca un incidente nel quale viene coinvolta Sissi. La ragazza si ritrova lunga distesa sotto un camion, e Bodo, forse senza neppure essere consapevole di aver provocato personalmente l'incidente, scivola sotto il veicolo per salvarla.

E' un incontro ravvicinato fra la vita e la morte, nel quale il morto-che-cammina Bodo restituisce alla non-ancora-veramente-viva Sissi la possibilità di cominciare la sua avventura. Naturalmente Sissi diventerà a sua volta il veicolo per riportare Bodo alla vita.


La principessa e il guerriero è una passeggiata funambolica sul filo di lana che segna il confine fra la vita e la morte, fra la salute e la follia (di qui la scelta di ambientare parte della vicenda in un manicomio, al quale, per motivi diversi, appartengono sia Sissi che Bodo, e dal quale entrambi cercano di fuggire), fra la luce e il buio, fra la realtà così com'è e la realtà così come viene percepita.

Il mito di Orfeo ricompare nella volontà di ciascun componente della coppia di riportare l'altro verso il mondo-di-sopra. E una delle ultime scene, che vede Bodo sdoppiarsi in modo da lasciare alle spalle il proprio lutto, letteralmente dicendo addio al suo vecchio sé (la sua ombra), ricorda da vicino un altro Orfeo cinematografico: quello di Jean Cocteau, che concludeva la trilogia sulla morte e "sul ruolo del poeta come tramite tra il mondo reale e quello fantastico" (dal Dizionario dei film di Paolo Mereghetti).


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