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Riflessioni in vista del
dopo-elezioni
Corrado Ocone
Questo intervento partecipa al dibattito elettorale apparso su Reset
online e da Caffè
Europa e si riferisce ai due appelli pubblicati a seguito.
Un buon modo di ragionare su cosa debba essere una sinistra moderna,
capace di interpretare la realtà, e in grado di proporre soluzioni e
di suscitare interesse e passione per esse, ci viene offerto, a mio
modo di vedere, da una pacata riflessione sui due appelli che hanno
diviso il campo degli intellettuali, più o meno di sinistra e più o
meno liberal, in questo agitato periodo preelettorale. Bene hanno
fatto perciò Reset e Caffè Europa a capirne subito l'importanza: non
solo e non tanto per l'oggetto del contendere (di immensa importanza,
ovviamente) quanto anche per discutere sul modo di essere e di stare a
sinistra, oggi, in Italia.
Cerco di sottoporvi la mia posizione sui due appelli, articolata ma
spero chiara. Dico subito, anche a scanso di equivoci, che è
certamente indubitabile, secondo me, che per quanto concerne la loro
"sostanza", per così dire, si debba essere d'accordo in
concreto con gli allarmi segnalati da Bobbio, Galante Garrone,
Pizzorusso, Sylos Labini e Siciliano, non a caso ripresi dalla stampa
internazionale più autorevole e accreditata (che può essere definita
"spazzatura" solo da chi non ha in spregio il ridicolo ).
Ne consegue, pertanto, che è altrettanto indubitabile che l'appello
firmato da Debenedetti, Cafagna, Salvati, Mieli e Barbera sia
insostenibile: soprattutto per il contenuto (che di fatto
"legittima" Berlusconi), anche per i modi (perché un
appello? e perché su Il Foglio?) e per i tempi (in piena campagna
elettorale) con cui lo si è reso pubblico. Il fatto che gli estensori
dell'invito alla pacatezza non abbiano capito (che abbaglio! e che
autogol!) è che se lo scontro in atto non è proprio tra civiltà e
barbarie, certo lo richiama pericolosamente per molti aspetti.
D'altronde senza scendere troppo nel particolare, richiamando ad
esempio gli argomenti che rapidamente e sobriamente ha elencato nel
suo efficace editoriale di domenica scorsa Le monde, basta limitarsi
ad osservare lo stile e i toni (fra il demagogico e il populistico)
del leader della destra per capire che egli si pone di fatto al di
fuori di ogni modo di essere e di ogni comportamento proprio di una
leadership politica da democrazia matura.
Detto ciò, voglio tuttavia osservare che le affermazioni contenute
nella seconda parte dell'appello, il cui primo firmatario è il
senatore Debenedetti, sono quanto meno stimolanti e degne di
discussione, se non proprio condivisibili. E ritengo altresì che
sarebbe un errore non tenerne conto in sede di riflessione, ad esempio
dopo il 13 maggio o in sedi ristrette di elaborazione e
approfondimento come Reset e Caffè Europa.
Ritengo che sia vero che "l'enfasi emotiva, lo smodato attacco
personale e la trasformazione della campagna elettorale in un
conflitto finale in difesa della democrazia in pericolo sono strumenti
di un vecchio arsenale ideologico che ha già recato danni gravi al
paese e alla credibilità delle sue classi dirigenti, politiche e
intellettuali". E' tanto vero che proprio quell'enfasi e quel
pathos, in verità non circoscrivibili al periodo della campagna
elettorale, sono un evidente e palese segno dello scollamento fra
sinistra e società civile. Ovvero dell'incomprensione che in molti,
soprattutto fra le giovani generazioni, hanno nei confronti del
linguaggio, dei riti e dei miti della classe politica in genere e di
quella di sinistra in particolare. Hic Rhodus, hic salta! E' questa la
vera questione. Ed è questo il tema da affrontare e discutere
seriamente.
Grazie perciò a Debenedetti e agli altri per avercelo ricordato,
anche se duole osservare che, forse, la retorica dell'Emergenza
Democratica e della Mobilitazione di Massa da ultima spiaggia ha
generato tanto rigetto da riuscire a far perdere di vista, anche a
persone intelligenti, la sostanza delle questioni. Certo, è una
iattura che si sia costretti a far quadrato attorno alle retoriche
arcaiche di una sinistra afflitta da una sorta di coazione a ripetere
frasi e concetti che non hanno più senso e non parlano più al cuore
della gente (quanta distanza dalla sobrietà e pacatezza di Le
monde!).
Ma, purtroppo, non è questo il tempo per troppi distinguo o per
andare troppo per il sottile. E quella sinistra, fuori tempo e
autoreferenziale, è nondimeno l'unica sinistra che ha un minimo di
carte in regole per poter mettere in guardia sui pericoli di un
probabile futuro berlusconiano. Accontentiamoci, ringraziamo per la
coerenza, ma soprattutto cominciamo a rimboccarci le mani per il dopo.
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