Il Rapporto sull'educazione 2000 
           
           
           
          Piero Comandé 
           
           
           
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          2000 
          Numeri e tabelle
           
          La presentazione della prima edizione italiana del Rapporto
          sull'educazione 2000 dell'Unesco apre una prospettiva internazionale
          nella discussione sulla riforma scolastica approvata dal Parlamento.
          La scelta del diritto all'educazione, nell'anno della cultura e della
          pace, sottolinea problematicamente gli scopi e i contenuti di
          un'attività così importante per l'interdipendenza e la promozione
          dei diritti umani. I risultati ottenuti dai programmi e dalle campagne
          di alfabetizzazione, benché ridimensionati dalla crescita
          demografica, hanno suggerito alla comunità internazionale di superare
          il concetto di "educazione elementare e fondamentale"
          previsto nell'art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti
          umani. 
            
           
          Nella Dichiarazione della Conferenza mondiale sull'educazione per
          tutti (Jomtien, Thailandia, 1990), è stato introdotto il concetto di
          "educazione di base", funzionale cioé al soddisfacimento
          dei "bisogni educativi fondamentali" dei bambini, degli
          adolescenti e degli adulti. Mentre cinquant'anni fa poco più della
          metà degli adulti era in grado di comprendere e di scrivere testi
          semplici su esperienze personali e solo una minoranza di giovani
          andava a scuola, oggi una tale incidenza riguarda solo 25 paesi mentre
          la maggioranza ha un tasso di analfabetismo del 10%; quattro adulti su
          cinque posseggono almeno qualche rudimento di 'saperi fondamentali' e
          l'accesso all'istruzione formale post-elementare si è allargato. 
           
          Alcuni spunti metodologici collegati alle intuizioni dell'"alfabetizzazione
          funzionale" (o "alfabetizzazione ad orientamento
          professionale") e all'esperienza del pedagogista brasiliano Paulo
          Freire hanno aperto la strada alla valorizzazione del soggetto che
          apprende e dei suoi "bisogni". Verso la metà degli anni
          Sessanta, tentando di trovare un metodo d'elezione nella lotta contro
          l'analfabetismo, si considerò strategica la motivazione degli adulti
          all'apprendimento. L'alfabetizzazione era collegata alla soluzione di
          bisogni fortemente sentiti dai gruppi coinvolti nei programmi
          d'istruzione. 
           
          Con il “metodo selettivo” l'alfabetizzazione era individualizzata
          e finalizzata alla promozione di competenze professionali.
          L'elaborazione della molteplicità dei percorsi legati all'alfabetizzazione
          da parte di Paulo Freire ha mostrato che l'acquisizione della lettura
          e della scrittura si accompagna necessariamente in colui che apprende
          una presa di coscienza della sua condizione esistenziale e del potere
          che egli ha di agire su di essa in modo autonomo per modificarla,
          processo che Freire definisce di "coscientizzazione" e che
          oggi definiremmo di "autonomizzazione" (empowerement),
          quindi “apprendere ad apprendere”. 
           
          Il diritto all'educazione è diventato più complesso: nella
          prospettiva post-Jomtien dell'educazione per tutti è meno una
          questione di accesso all'educazione che di accesso alla possibilità
          di una formazione adeguata ovvero in grado di soddisfare i
          "bisogni educativi fondamentali" delle persone in quanto
          partecipi di una cultura e di una società determinate. La
          straordinaria crescita dell'istruzione primaria nel ventennio dal 1950
          al 1970, nel quale in Africa gli effettivi quadruplicano, e in
          Asia/Oceania, America latina/Caraibi triplicano, passando da 100
          milioni a 300 milioni, da Ω a æ degli effettivi mondiali, ha
          stimolato una riflessione critica sul modello di formazione
          tradizionale. 
            
           
          Nel 1972 la Commissione internazionale per lo sviluppo dell'educazione
          (Commissione Edgard Faure) lanciò un allarme per la natura
          eccessivamente burocratica della formazione scolastica, sostenendo che
          essa era essenzialmente il risultato di una espansione lineare del
          sistema esistente, costoso e inefficace, specialmente nei paesi di
          recente indipendenza. Alla "societé scolaire" si opponeva
          la "societé educative": secondo un'idea che proponeva la
          "descolarizzazione della società", l'educazione non doveva
          essere assimilata all'insegnamento scolastico, ma al più generale
          meccanismo di acquisizione delle conoscenze. 
           
          Questa visione delle cose conduceva naturalmente a prendere coscienza
          anche di modalità di apprendimento diverse dal modello scolastico,
          tanto più che all'epoca molti giovani, specialmente nelle aree
          rurali, ne erano esclusi o ne traevano poco profitto. Nel 1973 una
          ricerca sull'educazione periscolastica in alcune regioni rurali dei
          paesi in via di sviluppo ridefiniva il diritto all'educazione nei
          termini del diritto ad un certo "bagaglio minimo d'attitudini, di
          conoscenze e di competenze di cui tutti i giovani devono essere muniti
          per vivere in modo efficace e soddisfacente la loro vita adulta in una
          data società". E' prevalsa - come è noto - la versione meno
          restrittiva di "bisogno educativo fondamentale" in quanto
          evocatrice di fondazione di ulteriori sviluppi. 
           
          L'aumento degli effettivi dell'istruzione elementare ha posto alla
          comunità internazionale il problema di una loro efficace
          quantificazione, essendo il tasso d'istruzione lordo e il tasso
          d'istruzione netto insufficienti, da soli, a misurare i progressi
          compiuti nell'assicurare a tutti il diritto all'educazione. Ciò
          complica non poco la valutazione di aspetti delicati quali la
          gratuità dell'"educazione di base" e il suo obbligo,
          riaprendo controversie circa la cogenza di tali diritti.
          L'identificazione degli stessi bisogni fondamentali alla cui
          soddisfazione la comunità internazionale è impegnata perciò soffre
          per la mancanza di una procedura sistematica per la loro rilevazione.
          Si intravede un limite allo sviluppo dei diritti all'educazione
          pre-scolastica e post-elementare, quest'ultimo modellato
          sull'evoluzione del concetto di educazione elementare in "bisogno
          educativo fondamentale" (Jomtien, Thailandia, 1990). 
            
           
          L'approdo all'educazione di base non esaurisce i cambiamenti che si
          sono prodotti nella percezione del diritto all’educazione da parte
          della comunità internazionale. Tra i bisogni educativi fondamentali
          sono sempre più spesso compresi quelli ritenuti di pertinenza dell’istruzione
          secondaria e, in alcune circostanze, di quella superiore. Oggi gli
          effettivi dell’istruzione secondaria e di quella superiore sono la
          metà di tutta la popolazione scolastica mondiale, mentre cinquanta
          anni fa ne costituivano solo il 20%. Questa novità attesta un certo
          impegno a favore della democratizzazione dell’educazione che trova
          comunque un limite nel divario crescente tra Europa/America del Nord e
          Africa (in particolare quella sub-sahariana)/Asia. 
           
          Infine nel 1977 ad Amburgo, alla quinta Conferenza internazionale sull’educazione
          degli adulti è stato affermato: “E’ più che mai necessario
          riconoscere il diritto all’educazione e il diritto ad apprendere
          lungo tutto l’arco della vita”. L’obiettivo di offrire a
          ciascuno la possibilità di realizzare le proprie potenzialità
          coinvolge ormai sia i paesi che sono già in condizione di offrire ai
          propri cittadini un’ampio spettro di opzioni formative, che quelli
          che lottano ancora contro l’analfabetismo. 
           
          La centralità della persona che apprende in tutto l’arco della
          vita, i suoi bisogni educativi fondamentali trovano conferma nelle
          fonti normative che la comunità internazionale ha elaborato circa le
          finalità ed i contenuti dell’educazione (art. 26 della
          Dichiarazione universale dei diritti umani, trattati internazionali,
          dichiarazioni o programmi d’azione). Queste convergono sull’educazione
          alla pace, sui “diritti dell’uomo e la democrazia” e infine
          sull’educazione allo sviluppo. In questo quadro va sostenuta
          anche la libera scelta delle famiglie in tema di educazione in quei
          contesti dove i diritti delle minoranze rischiano di essere
          annichiliti dall’invadenza delle maggioranze. 
           
          Resta però valida la considerazione che tutti questi sforzi
          resteranno vani in assenza di risorse economiche e volontà politiche
          all’altezza della sfida che ammonisce Koichiro Matsuura, direttore
          generale dell’UNESCO, è immensa: “…il nostro pianeta
          conta ancora più di 800 milioni di adulti analfabeti, e circa 100
          milioni di giovani in età d’essere scolarizzati nella scuola
          primaria non vi hanno accesso (e sono anche più numerosi quelli che
          potrebbero andare alla scuola secondaria). Inoltre sono milioni, tra
          quelli che sono scolarizzati, che non godono di un insegnamento di
          qualità che risponda ai loro bisogni educativi fondamentali, bisogni
          che diventano ogni giorno più urgenti in un mondo dove gli
          sconvolgimenti generati dalla globalizzazione e la rivoluzione delle
          tecnologie dell’informazione e della comunicazione minacciano di
          marginalizzare delle popolazioni intere, ancora sprofondate nella
          povertà più estrema”. 
           
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