Less is more: parola di Armando
Testa
Consolato Paolo Latella
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Testa
Jazz, spot e l'illusione dell'élite
Less is more è il titolo della mostra che Torino dedica ad
Armando Testa.
Il digestivo Antonetto, del quale fu testimonial il cantante Nicola
Arigliano per più di venti anni; la sfera sospesa su un’altra mezza
sfera per l'aperitivo Punt e Mes (che in dialetto piemontese significa
"un punto e mezzo"); i pupazzi conici di Caballero e
Carmencita per il Cafè Paulista di Lavazza: “Carmencita sei già
mia, chiudi il gas e vieni via"; gli sferici abitanti del pianeta
Papalla per Philco; Pippo l'ippopotamo - scoperto poi azzurro solo con
l’avvento del colore in TV - per i pannolini Lines: “Pippo, Pippo,
pippoppò, Pippo, Pippo, pippoppò…”.
E ancora, l'attore Mimmo Craig i e suoi incubi d'obesità su musiche
di Grieg, per l'olio Sasso: “E la pancia non c’e più, non c’è
più non c’è più…"; l'avvenente bionda Solvi Stubig per la
Birra Peroni: “Chiamami Peroni, sarò la tua birra”. E poi i
manifesti e i marchi di Facis, Martini & Rossi, Carpano, Borsalino,
Pirelli, Lavazza, Olio Sasso, Simmenthal sono tutti frutti della
grandissima fantasia di Armando Testa.

Armando Testa nasce nel 1917 a Torino, dove frequenta la Scuola
Tipografica Vigliardi Paravia. Lì conosce il pittore astrattista Ezio
D'Errico, che lo avvicina all'arte contemporanea, alla quale sarà
sempre particolarmente interessato. Dopo la guerra s'impone lavorando
per affermate industrie e nel giro di pochi anni diventa leader nel
settore pubblicitario italiano. Nel 1958 vince il concorso per il
manifesto ufficiale delle Olimpiadi di Roma ma - con tipica maniera
italiana - il progetto viene rifiutato. Partecipa quindi al secondo
concorso e vince anche questo. Si afferma nella pionieristica
pubblicità televisiva, fra gli anni Cinquanta e i Settanta, con
immagini e animazioni filmate, rimaste nella storia della pubblicità
e nel linguaggio comune.
Tra il 1965 ed il 1971 insegna Disegno e Composizione della Stampa
presso il Politecnico di Torino. Nel 1978 lo Studio Testa diventa
Armando Testa S.p.A., aprendo negli anni seguenti sedi a Milano, Roma
e all'estero. Oggi la società impiega oltre 500 persone con un giro d’affari
di 98 miliardi di lire ed è classificata fra le prime 18 al mondo per
fatturato e tra queste è l’unica società a capitale tutto italiano
(il 100% è nelle mani della famiglia).

Dalla metà degli anni Ottanta s’impegna nell'ideazione di manifesti
per eventi e istituzioni culturali e di impegno sociale: da Amnesty
International alla Croce Rossa, dal Festival dei Due Mondi di Spoleto
al Teatro Regio di Torino. Realizza anche i marchi che contrassegnano
enti culturali come il Salone del Libro e il Festival Cinema Giovani
di Torino.
Armando Testa muore a Torino il 20 marzo 1992, tre giorni prima di
compiere settantacinque anni. Fatto raro, diverse istituzioni italiane
e straniere gli hanno dedicato mostre antologiche, che spesso hanno
compreso la sua attività pittorica: il Padiglione d'Arte
Contemporanea di Milano nel 1984, la Mole Antonelliana di Torino nel
1985, la Parson School of Design Exhibition Center di New York nel
1987, il Circulo de Bellas Artes di Madrid nel 1989, il Palazzo
Strozzi di Firenze nel1993.

Adesso la sua città natale, Torino, gli dedica la più ampia
retrospettiva, curata da Ida Gianelli, direttrice del Castello di
Rivoli, da Giorgio Verzotti, curatore del Museo, e da Gemma De Angelis
Testa, visitabile fino al 21 maggio 2001 presso il Museo d'Arte
Contemporanea del Castello di Rivoli - Piazza Mafalda di Savoia,
Rivoli, tel. 011.9565222/95652209 - il cui marchio, guarda caso, è
sempre opera sua.
Sono esposte nella nuova ala museale chiamata Manica Lunga circa 250
opere, una selezione che documenta l'intera attività dagli esordi
alle ultime opere, compresa la sua produzione artistica. Vengono
documentati anche gli interventi per la televisione, sia con i filmati
dei primi "Caroselli" e i successivi spot, sia con gli
oggetti impiegati per le animazioni visive raffiguranti i personaggi
più famosi con la ricostruzione dei "set" delle animazioni,
in alcuni casi.

Il catalogo, edito da Charta, contiene testi critici dei curatori
della mostra, di Jeffrey Deitch, curatore indipendente, e di Mauro
Ferraresi, docente presso la I.U.L.M. di Milano. Inoltre sono
riportate alcune interviste ad Armando Testa, una bio-bibliografia
dettagliata e le testimonianze di artisti come Michelangelo
Pistoletto, suo allievo di grafica pubblicitaria, Giulio Paolini, Haim
Steinbach, Joseph Kosuth, Grazia Toderi e Francesco Vezzoli.
Lo stile di Armando Testa ha le sue costanti ben riconoscibili: il
colore pieno (amava usare spesso il nero e il rosso), particolari
anatomici come occhi e dita, molte lettere e forme sferiche ed
ellittiche. I suoi personaggi sono figure semplici, sempre simpatiche
e positive: citava spesso l'assioma dell'architetto Mies van der Rohe,
Less is more (il più è il meno). Chi ha studiato con
attenzione tutta la produzione di Testa, come Jeffrey Deitch, non ha
dubbi: il suo lavoro ha anticipato o affiancato la Pop Art, il
Minimalismo e l’Arte Concettuale.

Ma come nascono le pubblicità? Riportiamo tre interventi di Armando
Testa che spiegano i percorsi di alcune famose pubblicità: “Ci sono
vari modi di fare pubblicità, le grandi multinazionali prediligono
spesso l'approccio emozionale, tutto sentimento e atmosfera, fruibile
a ogni latitudine e quello dimostrativo di vendita, assolutamente
privo di ironia, ma tutto marketing oriented.
“Ma noi siamo in Italia e nella nostra Agenzia abbiamo sempre
preferito rivolgerci alla donna in modo spiritoso ed umoristico e
alcune indagini ci hanno dimostrato che avevamo ragione. Vi ricordate
il garbo scherzoso della Finocchiaro che lava la camicetta con la
candeggina Può (quella della macchia che scappa) o l'ironia della
casalinga che si fa strapazzare da Villaggio per il detersivo Sole
Bianco? La donna italiana forse per tutta la cultura e la tradizione
che la circondano è più scattante e spiritosa di quella americana.”
(Armando Testa, L'immagine della donna nella pubblicità,
intervento al convegno AIED sull'immagine della donna nel mondo
dell'immagine, Roma, 4 marzo 1989).

E ancora: “Per essere coerenti con il prodotto reclamizzato, abbiamo
pensato ad un mondo astrale, ad un pianeta abitato da gente simpatica
e molto progredita che tuttavia si inchinava dinanzi all'alto valore
tecnico dei prodotti Philco. Da tempo accarezzavo l'idea di creare un
personaggio sferico che abitasse un certo pianeta: Papalla ci è
sembrato il nome più adatto.
Gli abitanti di questo mondo dovevano rappresentare una vita ricca,
opulenta e i papallesi rotondi ben si prestavano a interpretazioni
cartellonistiche e grafiche. Come si sa i grassi oltre tutto sono
molto simpatici, notoriamente cordialoni, ma non si possono quasi mai
adoperare nei prodotti alimentari perché la gente è preoccupata
della linea.” (Da un'intervista di Armando Testa per Tempo Philco,
1968).
“Negli anni '60 per il caffè Lavazza avevo creato Paulista, un
personaggio con baffoni e sombrero il cui corpo, formato da un cono,
era avvolto in un poncho-etichetta: un tipico esempio di
immagine-marchio destinata a vivere sulla confezione, sul manifesto,
nel cinema e in televisione.

“Il problema nacque con Carosello dove, durante il minuto di
spettacolo, non era permesso alcun riferimento pubblicitario. Paulista,
ormai immediatamente riconoscibile come marchio del caffè Lavazza,
non poteva quindi essere il protagonista delle nostre storie. Dovetti
studiare a lungo per creare un altro personaggio, il Caballero
Misterioso, un semplice cono di gesso bianco, con un ampio cappello e
un cinturone con la pistola che, solo alla fine, rivelava la sua vera
identità trasformandosi in Paulista.
“AI Caballero affiancai una compagna, Carmencita, uguale nelle
proporzioni, ma con lunghe trecce nere. Entrambi erano senza braccia e
senza gambe, avevano gli occhi fissi e il sorriso disegnato; il
Caballero poteva solo muovere il cappello e la pistola, mentre
Carmencita agitava le trecce.

“Avrebbe funzionato? Non lo sapevamo... Preparammo una sceneggiatura
dettagliatissima che prevedeva ogni minimo gesto dei personaggi: il
movimento dei corpi, le posizioni e i rapporti tra le figure, la
rivoltella che sparava da sola. Realizzammo anche una scenografia con
piccoli villaggi, casette e porticati che popolammo di estrosi
abitanti.
“Il pubblico capì e con la sua fantasia diede a Caballero e
Carmencita non solo braccia e gambe, ma un cuore. I due elementari
coni di gesso divennero famosi e la frase di chiusura del Carosello:
“Carmencita sei già mia, chiudi il gas e vieni via" entrò nel
linguaggio di tutti.” (Armando Testa, 1991).
Pubblicità che si diverte e che fa divertire, che colpisce senza
bisogno di sesso e violenza (le solite vie brevi al successo). Ma
forse allora eravamo un popolo d’ingenui bambini. Adesso che siamo
cresciuti, diventati finalmente adulti, ci meritiamo donne nude e
sangue a volontà!
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