"Asilo politico a chi rischia l'infibulazione"
Emma Bonino con Paolo Martini
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"Asilo politico a chi rischia
l'infibulazione"
"La coscienza dei diritti fondamentali non si esporta. I diritti
fondamentali della persona non si possono imporre dall'alto o per
decreto. Devono vivere nella coscienza di chi ne è stato
privato". Giuliano Amato ha salutato così i partecipanti alla
Conferenza sulle mutilazioni genitali femminili organizzata dai
parlamentari europei della Lista Bonino e dall'Aidos lo scorso 6 marzo
a Roma. Amato ha anche detto di essere convinto che "nessuna
correttezza politica" lo "convincerà mai che una violazione
come questa va accettata", perché "se la accettassi
violerei l'umanità che è in me". Ma è il tema della
"presa di coscienza delle donne africane" a stare a cuore al
Presidente del Consiglio. Abbiamo chiesto ad Emma Bonino di commentare
le sue dichiarazioni.
"Non ho capito bene di cosa parlasse, Amato, ne' cosa noi
rischieremmo di imporre, visto che sono loro, le donne e gli uomini
africani che ci chiedono aiuto. Vorrei evitare il facile schema della
'campagna nordista' che impone al sud chissà quale accidente. E'
invece un grande movimento già presente in tutta l'Africa, che ha
visto straordinarie testimonianze come quella cui ho assistito nel mio
ultimo viaggio nel continente, non più di due settimane fa: una
cerimonia durante le quali le vecchie 'praticone' hanno consegnato i
ferri con cui praticavano le mutilazioni. Ed è stato emozionante
vedere che pubblicamente e spontaneamente queste donne consegnavano i
simboli di questa atroce forma di oppressione. Un movimento
organizzato, strutturato, che ha già fatto molte cose, che coinvolge
leader religiosi, gruppi di avvocati, ginecologi. E' un movimento che
chiede all'occidente appoggio e aiuto. Amato - nel suo intervento -
dice anche che in fondo i diritti violati rafforzano la reazione, la
rivolta degli oppressi... Non mi convince. Non mi pare che la
negazione dei diritti possa costituire uno strumento pedagogico per
poterli combattere meglio".

C'è anche chi propone - per aumentare le pressioni occidentali
contro questa pratica - di impedire alle donne infibulate di entrare
in Italia. Cosa ne pensa?
"Per carità, non sono affatto d'accordo. In questo modo le donne
sarebbero violentate due volte: una quando sono infibulate, un'altra
quando sono respinte. Noi invece proponiamo esattamente il contrario:
la concessione del diritto d'asilo per chi è minacciato di
infibulazione. Si tratta di una antica proposta delle Nazioni Unite
che noi abbiamo ripreso al Parlamento Europeo. Chiediamo che fra le
motivazioni della concessione del diritto d'asilo politico - che viene
concesso quando una persona è perseguitata in patria - venga
introdotto il rischio di mutilazione".
Al ritorno dal suo viaggio in Africa aveva anche proposto di
inserire nell'agenda del prossimo vertice G8, previsto a Genova in
luglio, l'emergenza diritti umani nei Paesi in via di sviluppo. Ha
avuto risposte da Amato?
"Non ne ho avute, né Amato poteva darmele, visto che non sa
nemmeno lui quale sarà il governo che gestirà il G8".
Amato però ha detto che la crescita economica dei paesi in via di
sviluppo è un "fattore cruciale nella lotta dell'occidente alla
povertà. E, accanto al rilancio della liberalizzazione del commercio
verso i paesi poveri, ha lanciato la proposta di un fondo apposito cui
saranno invitate a contribuire le 1000 principali aziende del mondo.
Ognuna - propone il governo italiano - sarebbe invitata a versare 500
mila dollari al Fondo. Per ogni dollaro versato da ciascuna
multinazionale i governi si impegnerebbero a contribuire con una cifra
di pari importo. E le risorse servirebbero ad assicurare "azioni
decisive" contro la povertà. La convince?
"La proposta del Trust fund, alimentato in parte dal pubblico
e in parte dal privato, ha l'obiettivo di realizzare un nuovo tipo di
cooperazione con l'Africa. E bene fa il Presidente del Consiglio ad
appoggiarla e ad appellarsi alle imprese. Ma se sanità, istruzione,
eliminazione delle barriere e dei dazi al commercio sono le priorità
delineate nel quadro della globalizzazione, non va dimenticato che nei
confronti dei paesi in via di sviluppo la priorità vera è la
globalizzazione dei diritti umani. La questione delle mutilazioni
riguarda sì le donne, ma ha implicazioni anche di carattere
sanitario, oltre che sociale ed economico. Io ho semplicemente chiesto
- senza inventare cose particolarmente mirabolanti - che una parte di
questi finanziamenti vengano dati ad un fondo, magari gestito dall'Unfpa
(il Fondo per la popolazione dell'Onu), che abbia come finalità
primaria la lotta alle mutilazioni genitali in tutte le proposte che
sono già sul tappeto e sono state avviate".

Non sono solo i musulmani a praticare le mutilazioni genitali.
"No, anzi ci sono tribù, gruppi etnici, clan e religioni di
tutti i tipi, dagli animisti agli ortodossi. E' un problema di
oppressione, non direttamente legato alla religione. Può essere
semmai legato alla manipolazione della religione. Così come i taleban
non hanno nulla a che vedere con l'Islam quando imprigionano le donne
sotto i veli... In quel caso come in questo ci troviamo davanti a una
manipolazione della religione".
Ci sono state prese di posizione ufficiali da parte della Chiesa
cattolica?
"Non mi risulta".
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