Lettera ai giovani
Vittorio Foa
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Questa lettera aperta è stata distribuita ai presenti nel corso
della presentazione pubblica del progetto: "8 settembre '43: la
rifondazione della patria. Un progetto di ricerca, un incontro con i
giovani" che si è tenuta al Complesso del Vittoriano il 19
febbraio

Care ragazze e ragazzi,
L’8 settembre 1943 avevo trentatré anni ed ero a Torino che è la
mia città. Da soli quindici giorni ero uscito da un carcere dove ero
entrato a soli ventiquattro anni per ragioni politiche. Avevo
cospirato contro il fascismo che io odiavo fin da quando ero ragazzo:
il fascismo aveva tolto ogni libertà agli italiani e li mandava a
fare la guerra ad altri popoli, ad uccidere ed anche a morire senza
una ragione al mondo.

Che male ci avevano fatto gli abissini, i greci, i francesi, gli
inglesi, gli jugoslavi, i russi? Nessuno, eppure contro di loro il
regime fascista aveva dichiarato guerra e per giunta l’aveva
perduta, mandando a morire centinaia di migliaia di nostri ragazzi e
riducendo l’Italia ad una rovina. Il fascismo diceva che faceva
questo per la patria ma non era vero: per me e per tanti altri
italiani la patria è l’Italia che collabora con gli altri paesi del
mondo per il bene di tutti, non è l’Italia che aggredisce gli altri
e opprime i suoi figli.
L’8 settembre, quando fu annunciata la fine della guerra contro gli
inglesi e gli americani capimmo che i tedeschi sarebbero arrivati in
armi per cancellarci, tutto cambiò. Attorno a me vidi negli occhi di
ragazze e ragazzi una nuova volontà di azione, l’impegno per
cacciare tedeschi e fascisti e dare all’Italia una convivenza
democratica e una posizione attiva e aperta al mondo. Quella era la
vera patria. In quel giorno cominciò la Resistenza e capii che
avevano senso i miei lunghi anni di carcere per la libertà.
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