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Il Web è (anche) rosa


Valentina Furlanetto

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Da Ananova(www.ananova.com), la prima annunciatrice virtuale creata dall'agenzia high tech PA New Media (http://www.pa.press.net/), a Carly Fiorina, da luglio presidente della società Hewlett-Packard (http://www.hp.com/) nonché una delle due donne selezionate da Time fra i dieci top manager high tech del mondo, passando per tutte quelle donne che ogni giorno cliccano sul mouse per lavoro, per gioco, per passione: la Rete è anche rosa. Alla fine del '99 uno studio della Nielsen/Net (http://www.nielsen-netratings.com/), società Usa specializzata in questo tipo di rilevazioni, decretava la fine dell'egemonia maschile nel Web: le donne avrebbero raggiunto quota 50 per cento sul totale degli utenti di Internet negli Stati Uniti.

Ma cosa vuole questa metà del cielo?

Ci sono donne che utilizzano Internet come strumento di emancipazione: è il caso delle arabo-saudite che, con l'avvio l'agosto scorso del magazine online Laki-Anti (http://www.lakianti.com/week1/hernews.html), realizzato da uno staff tutto al femminile all'interno del provider nazionale AwalNet, hanno ottenuto un nuovo strumento di dialogo con donne di altri paesi.

Ci sono donne che alla ricerca e ai chip hanno dedicato lavoro e vita, come Flavia Sparacino (http://vismod.www.media.mit.edu/~flavia), palermitana trentaquattrenne emigrata al Mit, il celebre Massachusetts Institute of Technology (http://www.mit.edu) di Boston, dove lavora a fianco del mitico guru della comunicazione digitale Nicholas Negroponte.


Donne che considerano la Rete un'opportunità come un'altra. E' il caso della folla di ragazze italiane che si sono presentate alla selezione per annunciatrici virtuali presso la Tv interattiva Bakuba(http://www.bakuba.it). La maggior parte di loro non aveva mai visto un computer, ma Internet è anche questo: nuove opportunità di lavoro ed entusiasmo incosciente.

Donne che usano il Web per vendicarsi degli uomini, come Cindy Chapman, signora inglese di 41 anni, che per rivalersi sul proprio ex compagno ha messo in Rete, al sito "Chi è l'uomo più egoista di Portsmouth?" (http://www.selfishman.com), tutte le malefatte del "farabutto" che le ha rovinato la vita.

Ma in America, per non dire in Italia, siamo ancora in una fase in cui le donne frequentano la Rete più di quanto siano in grado di crearla a loro immagine. Quale immagine poi? Le navigatrici sono diverse per età, gusti, cultura. All'estero, dove Internet è da decenni una realtà, il problema di identificare il popolo delle utenti della Rete se lo sono già posto. L'utopia della tecnologia come strumento di liberazione, la così detta teoria dell'"utero meccanico", sostenuta dall'ideologa del cyberfemminismo Rosi Braidotti, direttrice della scuola Nazionale degli Women's Studies olandese (http://www.let.ruu.nl/womens_
studies/rosi/cyberfem.htm
), e dalla studiosa di filosofia della scienza Donna Haraway, autrice del Manifesto Cyborg(http://www.stanford.edu/dept/HPS/
Haraway/CyborgManifesto.htm
) , non rappresenta più le ragazze di oggi.

Le giovani leve americane si radunano soprattutto attorno a network come l'aggressivo Cybergrrls (http://www.cybergrrl.com/) che, nato otto anni fa a New York, conta oggi un centinaio di punti nel mondo collaborando a creare una rete di interscambi all'interno dell'universo femminile che valica i confini geografici.


In Italia i siti rosa restano pochi, poco aggiornati e quasi per nulla interattivi. Le principali riviste femminili sono quasi tutte presenti sul Web, da Donna Moderna(http://www.mondadori.com/donnamoderna/) alla storica rivista dell'Unione Donne Italiane NoiDonne(http://noidonne.geco.it/) per finire con l'agenzia di stampa femminile DWPress-Notiziario (http://www.mclink.it/n/dwpress/index.htm).

Più interessanti i siti creati appositamente per il Web. Non tanto e non solo quelli storici, ma poco interattivi e accattivanti, come La città delle donne (http://www.netescapeinitaly.com/donneiso/), Server donne (http://www.women.it/) e Women World Wide Web (http://www.isinet.it/donne/), quanto i più recenti e aggiornati Dol's (http://www.dols.net/) e Spazio Donna (http://www.spaziodonna.com/).

Ma oggi entrare nella Rete dovrebbe significare partecipare alla creazione dei siti piuttosto che frequentarla soltanto. Secondo Chaterine Muther, presidente e fondatrice del Fondo "Le tre Guinee" (http://www.womenstechcluster.org/about.htm), società di finanziamento al femminile che prende il nome da un celebre romanzo di Virginia Woolf, "Avere accesso ai capitali è l'ultimo ostacolo che sbarra alle donne la strada verso un completa parità con gli uomini nel mondo della nuova economia".

Dal 1991 al 1996, infatti, solo l'1,6% delle start-ups americane a contenuto tecnologico con a capo una donna hanno ricevuto finanziamenti (Fonte: Wells Fargo Bank e National Foundation for Women Business Owners) su un totale di 34 miliardi di dollari messi a disposizione dai capital venture.

Per questo in America le donne hanno iniziato ormai da qualche anno a finanziarsi da sole, costituendo società di capitali di ventura indirizzate a finanziare aziende di servizi e imprese esclusivamente al femminile. Sono nati così, oltre a quello della Muther, i fondi Women's Growth Capital Found(http://www.womensgrowthcapital.com/) e Viridian Capital(http://www.viridian-capital.com/), creata a questo scopo due anni fa da Willa Seldon e Christine Cordaro.

La Muther per questa iniziativa è stata festeggiata il 31 gennaio fra le 25 vincitrici del premio Top Women on the Web(http://www.top25.org/), il più importante riconoscimento internazionale per le donne che in ogni paese si sono segnalate in campo tecnologico. Assieme alla Muther sono state premiate molte top manager, ma anche scienziate come KC Claffy, programmatrice di Caida.org (http://www.caida.org), l'indiana Radha Basu (www.support.com) che ha avuto il merito di sviluppare la sede indiana di Hewlett Packard, Anita Brown, fondatrice della comunità virtuale Black Geeks Online (http://www.blackgeeks.org/), premiata per la sua attività di promozione a favore delle donne afro-americane impegnate nell'insegnamento dell'informatica e Gail Williams direttrice di The Well (http://www.well.com) pioniera del concetto di virtual community.

Di italiane per ora neanche l'ombra, ma, chissà, le cose corrono veloci nel mondo della Rete e a candidarne una per l'edizione 2001 si ha tempo fino ad ottobre.

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