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Premessa dell'autore: Chi
vuole aggiunge un capitolo!!
‘Aghenor’
- Il clone e la Rete
Alessandro Ovi
4. La tesi di Diana
‘Ciao Aghenor, visto che tramonto? Adesso ti sposto questa tenda
viola così la luce entra meglio’
‘Brava Diana, chiudo con Giovanni e sono pronto...Arrivederci
Giovanni....’
Con un gesto della mano in segno di saluto sullo schermo fece svanire
l’immagine di Giovanni che, sul volto triste, aveva un filo di ironia.
Diana appena entrata, prima ancora di avvicinarsi ad Aghenor, si era
messa ad armeggiare con le lunghe tende. Gli rispose senza guardarlo.
Sembrava imbarazzata.
‘Sono tornata per l’ultima volta Aghenor, il tempo che mi hanno dato
per la mia ricerca è finito. Sono venuta a salutarti’.
‘Ma ,…mi avevi detto che dovevi fare ancora dei controlli...’
Aghenor si lasciò lentamente scivolare
sulla grande vecchia poltrona di pelle.
Il volto scavato, le braccia, tutta il suo corpo indicavano un po’ di
sorpresa ma soprattutto una grande tristezza.
‘Lo sapevi che da un po’ di tempo mi parlavi sempre delle stesse
cose...’
‘Si, ma tu mi hai fatto
credere che, dette da un maschio, ti parevano ogni volta nuove...’
Uung...Uung...Uung... Il cristallo che pendeva dal collare di rame di
Diana emise una vibrazione sorda e un tenue alone rosa.
‘Perché ti stai arrabbiando Diana, che succede?’
‘Lo sai Aghenor, mi irriti quando
non sei sincero con me; lo sapevi benissimo che il mio lavoro
prima o poi doveva finire.’
‘Si, pero’ non te lo volevo dire; speravo che così non
succedesse.’
‘Cerchi sempre di nascondermi qualche cosa…, non so perché ti viene
concesso di non portare il cristallo rivelatore’, disse toccandosi il
collare, ‘Anche tu
dovresti mettere in rete i tuoi sentimenti.’
‘Atrius mi diceva che lui e mia madre si scambiavano gli stati
d’animo solo guardandosi negli occhi,
o sfiorandosi le dita o toccandosi con i gomiti. Che bisogno c’è
di un rivelatore come quello che portate tutte voi?’
‘Il problema non è capirsi tra persone vicine, il cristallo aiuta
quelli che non si conoscono , serve quando vi sono barriere, come
tra noi due, qualche volta.
Fa superare incomprensioni, equivoci; fa risparmiare tempo, anche al
primo incontro, quando due persone cercano
di capire cio’ che va bene e cio’ che va male tra loro.’
‘Io preferisco arrangiarmi da solo…’
‘Mi dovresti spiegare pero’ perché non vuoi che la rete permetta
alle cose che ci circondano di riconoscere chi siamo, come ci sentiamo,
e quindi di adattarsi a noi nel modo migliore.
E’ bello sapere che ciò che ci sta attorno ci riconosce e
cerca di anticipare i nostri desideri, le nostre esigenze.’
‘Non so, ad esempio a me non interessa nulla che la macchina del caffè
sappia già quanto lo voglio caldo, forte o con quanto zucchero perché
mi riconosce, dai segnali del cristallo, appena mi avvicino. E poi un giorno il caffè mi piace forte ed un
altro lungo, non sarò per caso obbligato
ad essere sempre lo stesso?’
‘Lascia perdere il caffè, quello che conta è poter collegare i
sentimenti, riconoscere le attrazioni, le repulsioni, evitare perdite di tempo in scontri inutili.’
‘Se voglio far sapere ad un altro se mi piace o no, so farlo con le
parole o con gli occhi; e poi tante volte non mi va affatto di far
sapere quello che sento; e così non mi va neppure a volte di sapere ciò
che gli altri pensano di me. Adesso per esempio avrei preferito non
vederti arrabbiata; magari tra un minuto ti passa e allora che senso ha
averlo saputo?’
Aan...Aan…Aan...Aan...
L’alone del cristallo di Diana virò verso il verde pallido ed il
suono si fece più dolce..., Diana lasciò che la bocca le si allargasse
in un sorriso.
‘Non ci posso credere, come fai a farmi cambiare umore così?’
‘Penso a quanto sei bella quando sei felice, e tu lo senti anche se
non ho il rivelatore. Mio padre diceva che funzionava sempre con mia
madre..’
‘Ma perché tiri sempre fuori tuo padre Aghenor, perchè?’
‘Perché ci sono momenti in cui ho voglia di averlo con me. E questo
è uno di quei momenti ; ho nostalgia di mio padre..’
‘Ma che è un padre?’
‘Te lo ho già detto tante volte, tu continui a non capire, o fai
finta.
‘Torna a ripetere dai’
‘Un padre e’ una persona che c’è sempre quando ne hai bisogno,
nel dolore o nella gioia, ma che, se vuoi fare la tua strada,
scompare’
‘E’ come la rete allora?’
‘No, no, non è la stessa cosa, un padre ti vuole anche bene’
‘E tuo padre ti voleva molto bene?’
‘Credo di si’, mi faceva sentire importante’
‘Il più importante di tutti?’
‘Di tutti no, per lui contava molto anche mia madre. Quando gli
chiedevo qualche cosa di lei, diventava triste e allo stesso tempo
felice di raccontarmi. Le aveva voluto molto bene.’
‘Anche se era di un altro sesso?’
‘Ma che discorsi, certo che si’.
Le voleva bene propri perché era dell’altro sesso.
Le diceva ‘Sulla solitudine nuda, sulla speranza senza ricordo, io
scrivo il tuo nome..’’
‘Bello…mi piace molto!’
‘Non ricordo se era Verlaine o Eluard...’
‘Chi erano?
‘Poeti francesi’
‘Cosa è un poeta?’
‘Non sai cos’è un poeta? Non conosci la poesia? ’
‘La rete non ne ha mai parlato ...e tu perché me ne parli solo
oggi?’
‘La poesia sono parole, a volte leggere una ad una, ma che danno
emozioni profonde tutte
assieme, e oggi sai, oggi sento proprio una emozione profonda’.
‘Questa potrebbe essere una cosa nuova per la mia tesi. La rete non dà
emozioni, dà solo concetti, da’ verità.’
‘Si, però pretende di
decidere tante volte per nostro conto.’
‘… e lo fa proprio come noi.’
‘Anche quando la scelta è fatta
più di sentimenti che
di ragionamento?’
‘Quando si sceglie bisogna affidarsi solo alla ragione!
Ricordo che una volta hanno provato a mettere sentimenti
artificiali in rete, per simulare decisioni emotive, ma oggi non serve
più; la rete oramai può sempre arrivare
a una soluzione migliore di un’altra; magari anche per solo un piccolo
decimale, ma comunque migliore. Non serve più l’emozione, può solo
far sbagliare.’
‘Fatico a crederci..., la rabbia, l’invidia, la paura...,dove le
metti?’
‘…ogni tanto fatico anch’io, ma è così; ti assicuro che è così.
Tu piuttosto, perché non mi hai mai parlato di poesia?’
‘Non ti ho mai parlato di poesia? Già! …non ti ho mai parlato di
poesia; e perché avrei dovuto farlo? Tu domandavi e io rispondevo.’
‘Ma abbiamo discusso tanto...’
‘Si’, ma erano discussioni un po’ fredde..., non c’era vero
scambio di emozioni; non poteva venire fuori nessuna poesia.’
‘Peccato, sarebbe stato interessante; ma oramai…’
‘Scusa, ma perché non torni ancora e parliamo proprio di questo ?’
‘Mi piacerebbe approfondire, ma davvero non ho più tempo; adesso
debbo proprio finire Aghenor.
Debbo andare a registrare tutto; tra poco compio diciotto anni e
se avrò finito la tesi mi daranno subito il clonatore; potrò avere una
figlia. Da oggi non più incontri con un maschio.’
‘Resterò solo...’
‘Che lagna che sei, sulla rete incontri tanta gente, puoi vedere posti
nuovi. Potresti anche fare
un giro virtuale in città…’
‘La città non mi interessa neppure reale, quando ancora potevo
muovermi e arrivarci mi sembravate tutte così lontane, come se aveste
l’anima in una campana di vetro’.
‘Io non ho la campana, io sono l’anima!’
‘Anima tu , con quelle labbra?’
‘Non pensare più a me; hai Giovanni, sulla rete’
‘La rete avvicina quelli lontani e allontana quelli vicini... lo
diceva sempre mio padre, adesso so che aveva ragione’.
‘Che noia tutte queste citazioni di tuo padre, e poi, se vuoi essere
onesto a ricordare, io so che lui diceva anche:
“…passeranno tutte le cose, nel bene e nel male...” e chinò
la testa sulle mani congiunte accennando un inchino, con un sorriso
strano sulle labbra come se volesse dire: “Vedi come ti conosco
bene!”
Aghenor restò serio, una maschera di tristezza… : ‘Si, ma adesso
viene la sera e neppure il buio mi toglie il dolore dagli occhi.
Non ho più domani a cui pensare...’
Diana non disse nulla, il sorriso le rimase congelato sulle labbra, si
girò seria e senza più voltare il capo uscì, quasi di corsa, senza il
più piccolo rumore.
Aghenor non si voltò a salutarla.
Appena fuori, ancora sulla porta Diana si fermò come se un pensiero, un
dubbio le avesse attraversato la mente. Il mento alto, la mano sul collo
a coprire il cristallo che con luce bianca, quella che illumina, vibrava
veloce…
ian...ian...ian...ian…
‘Che succede a Diana, nonna?’
‘Si comincia a rendere conto che c’è un intero mondo di cui non ha
mai visto nulla, e ha paura di non avere più l’occasione di
entrarci.’
‘Perché nonna?’
‘Perché è un mondo che è bello così solo quando sta per finire;
prima, quando ci sei completamente in mezzo non lo vedi.
‘Non capisco nonna, però...’
In quel momento Diana parve svegliarsi da un sogno; il suo cristallo si
spense ed ammutolì.
Diana di nuovo decisa così come era arrivata salì sul levoscooter e
partì leggera.
‘Nonna, dove va Diana adesso?’
‘Ti piacerebbe vederlo ?
‘Dai, si’, andiamo.’
‘Attenta, ti sembrerà di essere trasportata proprio alle sue spalle e
di seguirla dovunque lei andrà; non devi avere paura.’
‘Non ho affatto paura!’
‘Net, facci seguire Diana!’
5. Il mondo delle donne
L’immagine della stanza strisciò veloce ai loro fianchi; la
grande apertura della casa sul bosco venne loro incontro e, quasi con un
balzo in avanti, nonna e
nipote si trovarono alle spalle di Diana già in corsa sul ‘levoscooter’.
Il paesaggio scorreva rapido; entrarono nel bosco, un bosco antico.
Altissimi ‘redwood ’, grandi
di circonferenza e, sotto, un fitto tappeto verdissimo di felci a
nascondere il terreno.
La luce filtrava a tratti e colpiva gli occhi di Katia e di nonna Diana
come ‘flash’ intermittenti ad intervalli irregolari.
Katia, con un gesto istintivo di protezione, alzò le spalle sul collo e
si strinse forte alla nonna che la rassicurò:
‘Siamo in mezzo a un grande bosco, un bosco vero Katia, ma non devi
preoccuparti’
‘Io ho già visto gli alberi, i nostri sembrano uguali ma sono
diversi; questi paiono parlare.’
‘Sono solo veri Katia. Da noi, nella bolla, ci sono le immagini degli
alberi che coprono i generatori di ossigeno.’
Si interruppe perché un grosso cervo saltò ad attraversare il loro
cammino e si mise a correre di fronte a loro.
Katia strinse forte la mano della nonna.
‘Che cos’è, nonna Diana?’
‘Un cervo, non è ancora
stato inserito nella tua memoria di zoologia? E’ un animale che vive
solo nella grande riserva delle specie.’
Il cervo corse per un po’ diritto a grandi balzi, poi, con uno scatto
a destra, scomparve nel bosco.
Gli alberi si facevano più radi, al posto della felci un prato verde,
molto uniforme.
La città apparve appena fuori dal bosco, giù nella valle, con la sua
linea bassa di edifici squadrati, apparentemente tutti di cristallo fumè
a gradazioni diverse, nei riquadri delle grandi finestre.
Strade pulite, alberi tutti uguali ai lati delle piste a tappeto
scorrevole.
IL levoscooter rallentò …
Katia sussurrò alla nonna: ‘Come è diverso qui.’
Correva con gli occhi sulla
gente; donne, tutte donne, la maggior parte alte e sottili con profili
orientali, africani, occidentali; pelli bianche, nere, olivastre,
apparentemente senza nessuna corrispondenza tra colore e
tipologia dei volti.
Anche i vestiti erano i più vari, da quelli severi neri e grigi a
quelli più allegri colore pastello, fino agli sgargianti rossi,
gialli,verdi.
‘Tutte donne, nonna?’
La nonna vide la perplessità dei suoi occhi
e cercò di spiegare:
‘Sai Katia, il mondo che vedi qui oggi è il risultato della libertà
della clonazione e della manipolazione genetica.
In questo secolo la bellezza del corpo è più o meno la stessa per
tutte, ma il colore della pelle, degli occhi, la forma del naso e della
bocca, per alcune sono belli in un modo e per altre in un altro. La clonazione avanzata permette di scegliere, così
come per i vestiti.’
‘E bello poter scegliere, perché noi non possiamo più?’
‘Perché pensiamo che sia meglio lasciar scegliere al caso; una volta
lo chiamavano natura’
Quando il levoscooter si fermò davanti ad un edificio lungo, grigio e
fili colore fucsia a marcare i piani, Katia
tirò la manica della nonna:
‘E’ diverso qui’; è diverso da Aghenor; è diverso anche da
noi.’
‘E’ un tempo speciale questo che stai vedendo...’
‘Perché è diverso?’
‘Perché è un mondo di sole donne che fanno decidere tutto alla rete,
dal governo delle case al tenere pulite le strade; a turno tutte debbono
lavorare per fare le cose semplici che richiedono un lavoro manuale;
vedi, sono quelle persone vestite di giallo. I turni li decide la
rete.’
‘Ma che fanno tutto il resto del tempo?’
‘Meditano, si allenano a concentrare energia mentale e a trasmetterla;
si tengono in forma , corrono , nuotano…’
‘Ma non giocano mai?’
‘Ci sono tanti modi. Si può giocare con i pensieri, si può giocare
con la propria anima.’
‘Ma quelle che abbiamo incontrato non sembrano tanto felici…’
‘Sono rilassate, serene, sono felici dentro; a loro non
manca nulla, non litigano.’
‘Io litigo sempre con mio fratello, se stessi solo con te non
litigherei mai.’
Si interruppe perché Diana scesa dal levoscooter, aveva fatto un gesto
ampio con la
mano nella quale impugnava il cristallo, su una piccola piramide rossa
appoggiata a un sostegno di metallo grigio.
La luce divenne verde.
Il terreno liscio della piazzola sotto il levoscooter cominciò a
sprofondare fino ad inghiottirlo completamente; una specie di botola che
dopo pochi secondi si richiuse.
‘Che ha fatto nonna?’
‘Niente di speciale...ha parcheggiato.’
Diana entrò nell’ambiente azzurro.
6. Diana luna e…l’antica Grecia.
Intrecci di raggi laser sbarravano i passaggi che si susseguivano in un
basso corridoio.
Con il braccio teso in avanti, a mostrare il palmo della mano, Diana li
faceva scomparire l’uno dopo l’altro.
Seguendola nonna e nipote arrivarono con lei nella sala dei test.
Una grande sala dove il Lumen-control, regolato sull’azzurro, creava
una atmosfera fredda e rigorosa;
circa ogni due o tre metri un grande schermo piatto, quasi una
finestra, con immagini così ben definite da farle apparire del tutto
reali.
Di fronte ad ogni schermo un alto sgabello con braccioli imbottiti.
Su alcuni di essi erano sedute ragazze con i vestiti più diversi.
Diana si sedette di fronte ad uno schermo spento, di fianco ad
un’altra ragazza, fasciata in una tuta rossa con maniche larghe e
pantaloni stretti; zigomi alti, occhi a mandorla azzurri, un profilo
assolutamente orientale, ma la pelle scura, color cioccolato.
Con le dita sottili e lunghe della mano sinistra accenno’ un ciao
senza togliere gli occhi dallo schermo, da dove l’immagine di un uomo
grasso in volto, con la pelle olivastra, le stava parlando.
‘Ciao Luna ...’ le rispose Diana,
‘come va il tuo lavoro con Leonidas?’
‘Cosi’, così. Purtroppo quando è morto tre mesi fa mi ha lasciato
senza risposte su alcune questioni importanti, e adesso debbo
riguardarmi tutte le vecchie registrazioni e tentare una
ricostruzione.’
‘Non ti può aiutare la mappa di tutti i suoi geni? il suo genoma?’
‘Purtroppo no; sono problemi
legati al suo modo di vivere, non tanto al suo codice.
Dovrò cavarmela con un po’ di analogie con altri casi simili
nell’archivio di rete...’
‘Ma che cosa non ha fatto a tempo a spiegarti?’
‘Poco prima di diventare silenzioso mi ha detto tre parole come se
fossero i pezzi più importanti della sua vita e le ripeteva come
fossero un mantra’
‘Che parole?’
‘Entusiasmo, fiducia, malinconia..’
‘Che c’è di strano, le conosciamo bene, no?’
‘Una per una, si; ma lui le diceva come se fossero una catena; le
diceva come se fossero una parola sola, come se fossero un unico stato
d’animo’.
‘Che vuol dire, Luna ? come si fa ad avere tre stati nello stesso
momento?’
‘Lui dice che si può, e dice anche che per riuscire a provarlo bisogna portarsi dentro storie di partenza diverse,
...’
‘Perché non cerchi nei codici genetici del suo albero’.
‘Ho provato, ma il caso che ha mescolato un po’ di sua madre, un
po’ di suo padre, e, nel padre e nella madre un po’ dei nonni e
delle nonne, rende impossibile rintracciare il filo logico.’
‘Vuoi dire che se non c’è stato un progetto genetico non si possono
ricostruire le radici degli stati del pensiero?’
‘Credo di no, e poi lui li definiva non stati del pensiero, ma stati
dell’anima. Mi ha detto che in lui potevano essere vivi assieme e io
fatico a capirlo’.
‘Forse dovresti cercare nella storia lontana; ricordo che un giorno la
rete mi ha riportato qualche cosa di simile da un lingua morta più di
duemila anni fa... “Odi et amo, quid nescio fortasse requiro…” ’
‘Che vuol dire?’
“Odio ed amo, perché non lo so ma cerco di capirlo con forza.” Una
cosa un po’ complicata , ma lui dice che era sempre cosi’ quando si
entrava nelle spirali del rapporto uomo-donna.’
‘Forse qui sta la chiave;
ciò che viene dalla contaminazione del maschio porta a cose senza
logica’
‘Se vuoi, potrei tornare da Aghenor e chiedergli un aiuto a capire;
sono sicura che lo farebbe volentieri e a me non dispiacerebbe
affatto.’
‘No, Non farlo; debbo trovare la soluzione da sola; è la mia tesi!
Leonidas è un bel problema; ricordi quando ti ho raccontato della sua
teoria che la religione è filosofia fossile…? Per capirla ho dovuto
rivedere le radici di tutti i grandi pensieri, e poi ho scoperto che
aveva torto, ma per farlo ho dovuto escludere l’interpreter’.
‘Perché?’
‘Perché non avrei mai capito che sono due mondi completamente
diversi, uno ha a che fare con ciò che si crede e l’altro con ciò
che si capisce e per la rete non ha senso credere in ciò che non si
capisce.’
‘Eppure quando ci mettiamo in contatto
tra di noi con la meditazione la rete ci permette di fare cose
che non comprendiamo ...
no?’
‘Solo perché non può impedirlo, ed infatti ci da’ mille
spiegazioni per inquadrare tutto in una sua logica ...che poi forse non
c’è.’
‘Che vuol dire Luna?’
‘Vuol dire che Leonidas aveva una mente diversa dalla nostra. Lui mi
ripeteva sempre che il vero problema è quello di far parlare tra loro
mondi diversi. Un problema di interfacce, di collegamento, più che di
traduzione solamente; un pezzo importante della cultura dei sui antenati
greci.’
‘Leonidas aveva antenati Greci?’
‘Si, citava sempre un certo Platone e la sua teoria degli
accoppiamenti e dell’amore.’
‘Platone? Gli accoppiamenti? Che roba e’?’
‘Si raccontava di un tempo dove esistevano tre generi umani...’
‘Tre ?’
‘Si, il maschile che proveniva dal sole, il femminile dalla terra e
l’androgino, composto dal genere maschile e da quello femminile che
proveniva dalla Luna. Erano tutti di forma sferica, con quattro gambe,
quattro braccia, e due facce.’
‘Che brutti!’
‘Ma’…, forse a noi paiono brutti, ma Platone sosteneva che erano
molto forti e veloci e pare anche arroganti’.
‘E allora?’
‘Allora il re degli Dei, Zeus, sdegnato dalla loro prepotenza, divise
ogni essere umano in due meta’’.
‘Due meta’?’
‘Si, due meta’ che volevano disperatamente
riunirsi.’
‘E ci riuscivano?’
‘Si, si, Platone chiamava “sinusia” la ricomposizione della
frattura originaria che avveniva grazie ad Amore.’
‘Amore, un sentimento…’
‘No, Amore era un Dio che viveva fuori dagli esseri umani, conservava
la memoria di come erano prima, e si
sforzava di riunirli nella loro natura originale.’
‘E’ una bella storia, ma che c’entra con la nascita della rete?’
‘Vedi, Leonidas sosteneva che quello
stesso spirito aveva spinto
proprio due greci a combinare, in un incontro tra montagne del
Peloponneso, l’unificazione dei codici
che ha poi permesso alla rete di nascere, spontanea e robusta,
come fosse un organismo vivente.’
‘Questo lo sapevo, ma pensavo fosse un fatto casuale, più che una
conquista di cultura.’
‘Non è stato un caso, sono sicura; sento che c’è un significato
profondo nella presenza di un cultura antica al momento della nascita
della rete. Quando Leonidas mi faceva riflettere su queste cose
mi faceva sentire sull’orlo di un precipizio.
Erano come dei lampi di cui ho solo il ricordo come
sensazioni forti. Ma non riesco più a ricostruirli.’
‘Credo di aver provato qualche cosa di simile oggi con Aghenor
e mi è rimasta voglia di capire..’
‘E perché non ci provi?
‘No, oramai con lui oggi ho finito.’
‘Allora sei contenta?’
‘Si, ma c’è qualcosa di strano; è come se nel capire la sua
intelligenza e la sua memoria si fosse aperto un vuoto dentro di
me’
‘Un vuoto? Perché?’
‘Il senso della solitudine; lui mi ha fatto pensare alla
solitudine.’
‘Non devi farci caso, è roba antica; qui nessuna è sola.
Le vibrazioni ci uniscono anche da lontano.’
‘A me è sembrato di vedere che in lui c’è qualche cosa di diverso.
Come se lui non avesse paura a guardarsi dentro e a scoprire che
gli manca qualche cosa?’
‘Per forza Diana, lui sta scomparendo, non solo come individuo, ma
anche come genere e certamente ne soffre.’
‘Non credo che sia un problema che finisce con la sua morte Jaon; in
lui si sente un vuoto che non ha solo a che vedere con la sua identità
d uomo e di maschio, ha a
che vedere con il suo modo di essere. Lui è là solo e anche se pare
non soffrire la solitudine, in modo particolare, in realtà, si vede che
l’essere solo non gli piace affatto’
‘Tu pensi che sia molto infelice?’
‘Infelice non è la parola adatta; io penso che lui... non so, bisogna
che ci ripensi...però è una sensazione nuova... .
Va be’, adesso intanto parto per il finale della tesi, mi passerà.’
Si girò sulla sedia, inserì il suo cristallo in una nicchia sotto il
grande schermo.
Il cristallo emise una vibrazione leggera e breve.
Lo schermo cambio’ il suo colore virando al verde, un verde pulsante,
di attesa.
7. La bocciatura
‘Eccomi Joan, sono
Diana, tesi su
Aghenor. Capitolo quinto,
la sintesi.’
Lo schermo smise di pulsare, ed il volto di una figura di donna, non
giovane, ma bella e severa, prese forma su uno sfondo di stelle:
‘Bene Diana, racconta l’ultima analisi; dove sei arrivata parlando
con Aghenor?’
‘Non so se sono arrivata a qualche cosa di importante, ma certo
qualche cosa di importante di certo lo ho vissuto.’
‘Me lo aspettavo, sai; Aghenor è un caso molto diverso dagli altri;
ha vissuto quasi sempre solo,
ha parlato molto con la rete, ma ha anche avuto tanto tempo per
riflettere. E, soprattutto ha avuto pochissimi contatti con donne. Ci
sono sintesi interessanti ed
originali nella sua mente.’
‘Si’, quella del suo rapporto con le donne è la parte più
contraddittoria.
Non ne ha mai volute vicino, eppure, quando parla di sua madre si
capisce che ha dentro qualche cosa di molto profondo’.
‘Sua madre non lo aveva generato da un clone aveva accettato il
risultato del caso;
non c’era stata progettazione nel generarlo. Non era stato un atto di
libertà, le emozioni hanno giocato pesante, per questo c’era
dipendenza’.
‘Lui dice che facciamo male a costruirci come ci piace’.
‘Non capisce la ricchezza della diversità, è un maschio.’
‘La capisce, ma secondo
lui la ricchezza è essere tanti individui diversi, non avere tante
diversità nello stesso individuo’.
‘Non essere sciocca, è così che i forti comandano i più deboli.’
‘Io credo dobbiamo valutare quello che dice Aghenor, quando lui parla
in libertà lo fa in modo diverso da noi.’
‘Libertà di essere quello che si vuole, questa è la vera libertà!’
‘O lo è più accettare le altre e noi stesse per quello che siamo?’
‘Attenta Diana oggi noi siamo arrivate qui, nella grande serenità,
perché abbiamo imparato a vincere la mano del caso…’
‘Non so; con lui è difficile parlare solo di fatti. Tende sempre a
portarti verso cio’ che chiama ricordi d’emozione . Parla di
nostalgia, rimpianto, rimorso, cose che
non capisco bene...’
‘Non devi farti ingannare. Questi
sono moti dell’anima che la rete può percepire, ma non integrare in
realtà. Né sarebbe giusto
lo facesse. Di certo c’è
solo la memoria; ciò che essa suscita
non merita elaborazione; non resta. Passa. Restano solo i fatti.’
‘Lui sostiene che ripercorrere da soli il
nostro passato ci da una grande forza’
‘Da soli, che vuol dire
da soli?’
‘Vuol dire senza chiedere a Net, ma lasciando che dal di dentro
riviviamo in noi sensazioni e sentimenti lontani …’
‘Ma lo sai bene che questo non è una forza; è una debolezza! Nella
propria storia l’individuo si
impantana, si ferma. La storia rende più difficile la nostra strada verso la verità
profonda’.
‘Si’, si’, lo so che dobbiamo lasciare liberi gli impulsi di
energia e le intuizioni; Aghenor però dice che c’è una grande forza
anche nel portare con se’ tutto il carico delle emozioni e dei
sentimenti passati; si rende solida la base di partenza...’
‘No, sono tutte scorie; il nostro pensiero, la nostra energia non
debbono essere appesantite da quanto è successo prima. Il passato lo
lasciamo alla rete, noi dobbiamo andare avanti…’
‘Ogni attimo è un nuovo punto di partenza,
quante volte me lo hai detto…’
‘Certo, è proprio così!’
‘Ma se entro bene nel suo modo di pensare, io vedo che lui ha una vita
molto ricca, perché quello che si porta dentro non sono i ricordi dei
fatti, ma le tracce delle sensazioni che ha provato. Lui non ha
cancellato i segni delle esperienze; non ha rimosso, anche se forse, in
realtà, tantissime cose non
le ricorda più.’
‘Non ti far ingannare Diana, sono solo rumori, rumori di fondo che
frenano la nostra possibilità di vibrare in avanti.’
‘Non so, credo che nel nostro mondo sia vero come dici tu, ma c’è
qualche cosa che non mi torna bene
in quello di Aghenor. Lui
ad esempio mi domandava se
sia più o meno duro sopportare il rimpianto o il rimorso, se la
nostalgia aiuti ad onorare ciò che si è amato, o solo ad offuscarne il
ricordo, tutti pensieri che lo rendevano ricco, diceva...’
‘Non sono problemi; problemi
veri intendo; la memoria è solo memoria; occupa spazio e se riguarda
cose inutili lo spreca’.
‘Ma perché non si cancella la memoria dell’inutile?’
‘La rete non può cancellare, non può sapere ciò che sarà inutile
domani.
Però provvede a dare solo
i pezzi di memoria che servono a ciascuno secondo i profili che l’interpreter
acquisisce.
Ma dimmi piuttosto, Diana, ogni tanto ti sento incerta, credi che
Aghenor abbia un segreto da proteggere?’
‘Un segreto vero e proprio no, però vi sono alcune zone della sua
mente che lui rifiuta di aprire alla indagine...’
‘Pensi che lasci un vuoto nella tua tesi?’
‘No, credo di poter completare il quadro con l’analisi delle sue
contraddizioni, quasi sempre si riesce a costruire una verità da tante
piccole bugie, o meglio, da tante piccole fantasie’.
‘Nessun problema allora?’
‘Problema no, ma mi resta un po’ di amarezza; mi rattrista non
essere riuscita ad avere tutta la sua fiducia...’
‘Questo non ti era richiesto; non devi preoccuparti.’
‘Non è preoccupazione Joan, io ho parlato di amarezza; avrei
preferito che lui mi parlasse direttamente anche del suo essere più
profondo.
Aghenor è remissivo in superficie, ma ha ben chiaro un ordine delle
cose tutto suo e, alla fine, ti porta dove vuole.
E’ sottile. Sa, ma
lo tiene per se, ciò che è più o meno importante, più o meno giusto,
più o meno gradevole’.
‘E’ un modo di essere un po’ antico, non aperto, non trasparente,
non ti pare?’
‘Non so se sia antico o no, certo è che a volte fa venir voglia
di picchiarlo; come quando dopo ore di test sulle scale di valori
lui ti fa capire che l’ordine che conta lo ha nel cuore e nella mente,
quello che lascia apparire
di fuori viene sempre dopo ed in fondo non ha un gran valore.’
‘Non mi pare una cosa molto rilevante, tu devi descrivere quello che
hai rilevato e basta. Di che cosa ti preoccupi?’
‘Mi preoccupa che quanto io faccio venga solo registrato senza poi che
serva a migliorare nulla.’
‘Io credo che tu
voglia solo avere un credito particolare per aver fatto
qualche cosa, piu’ che per aver approfondito una conoscenza.
“No non e’ vero ! ...O forse si’; voglio fare qualche cosa di
piu’ che solo studiare, ma non mi interessa avere un riconoscimento,
anzi Ho già imparato
che il modo migliore per far succedere le cose è
non pretenderne il credito”.
“Perché dici questo Diana? …Cosa ti manca?”
“Mi manca…,mi manca che credo di non poter riuscire a concludere
bene il mio lavoro se
semplicemente lo metto in rete come studio astratto, senza aver
realizzato qualche cosa di concreto, senza avere
attivamente fatto parte
di nulla.”
“ Non puoi dire cosi’! Il
tuo studio, la tua ricerca debbono bastarti, non devi rovinare tutto con
il desiderio di fare. Hai avuto la fortuna e la responsabilita’ di
essere esposta ad una esperienza rara e preziosa, anche se delicata. Una
esperienza dell’altro mondo, quello che oramai non c’è più .
Perche’ non ti basta?”
“Si, non mi basta, …non mi basta… perche’ .., …lo so che e’
proibito, ma io vorrei rivedere Aghenor e portarlo con noi a raccontarci
la sua storia per discuterne assieme...”
“Assurdo Diana, lo sai che non si può.”
“Ma Joan che male c’è…”
“Il male c’è. C’è e come…e’ un problema molto grave questo
che tu crei, molto, molto grave..’
Il volto di Joan svanì lentamente nella luce verde pulsante e Diana
resto immobile leggermente piegata all’indietro con gli occhi
socchiusi e le mani intrecciate in grembo.
Dopo pochi istanti il volto di Joan ricomparve. Aveva una espressione
allo stesso tempo addolorata e severa.
“Questo tuo atteggiamento e’ una rottura del nostro patto Diana. La
tua richiesta e’ il segno di una immaturità grave. Mi spiace, Diana,
ma il tuo periodo di preparazione dovrà allungarsi di almeno un anno”
“Che dici Joan?, non potrò avere il clonatore come le altre della mia
età?”
“Temo proprio di no, Diana, e’ necessario allungare il processo
della tua maturazione devi fare un altro anno di studio e
riflessione.”
“Allora dovrò approfondire lo studio di Aghenor; dovrò tornare da
Lui”.
“E no; questo è escluso; dovrai approfondire la tua preparazione su
casi virtuali. La realtà dell’altro mondo ti toglie serenità; ti
porta lontano da noi, troppo lontano”.
Diana chinò la testa con l’aria severa; rimase immobile qualche
attimo, poi, di scatto, tolse il suo cristallo dalla nicchia sotto lo
schermo.
L’immagine di Joan, il volto triste, preoccupato e sorpreso, svanì in
pochi attimi.
Katia tolse gli occhi da Diana seduta davanti allo schermo, si appoggiò
al fianco della nonna e disse:
“Che succede ora nonna?”
“Succede che Diana e’ molto triste ed anche
arrabbiata.”
“Ma che ha fatto di male?”
“Ha disubbidito alle regole del suo tempo...”
“Non capisco bene, nonna pero’
torniamo fuori, nonna, sono stanca.”
“Va bene, usciamo, Net”
L’ambiente dove erano Diana, Luna e tutte le altre, scomparve in un
lampo di luce strano, quasi al rallentatore, e nonna e nipote si
ritrovarono nella bolla d’aria da cui erano partite, davanti al cubo
nero di accesso alla rete.
‘Cosa pensi di questo viaggio nel passato, Katia’
‘Bello, mi è piaciuta la città, vorrei avere con noi Diana
e Luna, sono simpatiche.’
‘E Aghenor?’
‘Aghenor è strano, all’inizio mi era sembrato così simpatico, ma
poi alla fine è diventato molto severo. Un po’ come il mio maestro,
ha sempre ragione lui e non
spiega il perché.’
‘Non ti ha fatto pena vederlo così solo?’
‘Non era così solo, aveva un bosco pieno di animali, Giovanni...; ma
a Diana piuttosto, a Diana che è successo dopo?’
‘Da quando la abbiamo vista ha ricominciato a lavorare per completare
la sua tesi, ma, un giorno d’autunno, quello del suo 18° compleanno,
quando, se non fosse stata bocciata avrebbero dovuto consegnarle il
clonatore divenne molto triste e cupa.
Ricordava che aveva deciso di rifarsi con le labbra un po’ meno
grandi, gli occhi neri e i capelli rossi, le dava una grande ansia
rendersi conto che doveva ancora aspettare.”
‘Era tanto triste vero? ’
‘Credo di si Katia, anche se in quei momenti era un po’ diversa
dalle altre. Ricordi, lei non poteva provare paura, non si rendeva
conto, di quanto la paura, la antica soggezione ai maschi, fosse stata
importante a far andare le cose come sono andate, non riusciva ad
accettare le ragioni del rinvio.”
‘Io non ho paura dei maschi, però rompono...’
‘Un po’ si’, vedi, Diana era combattuta,
si rendeva conto del piacere di riprodurre se stesse, sempre più
belle e più sane. Le avevano insegnato che il riprodurre se stesse era
un momento di rivincita su secoli di sottomissione ai maschi, ma non ne
capiva completamente il senso. Anzi , in quel momento provava uno strano
senso di vuoto. Aveva
fretta di provare anche se non ne capiva completamente il perché’
‘E allora che è successo?’
‘E successo che ha fatto una cosa che nessuna si sarebbe aspettato.’
‘Che cosa nonna? Fammelo vedere, voglio tornare là.’
‘Si’, ma questo deve proprio rimanere un segreto. Guai se tuo padre
sa che ti ho parlato di quei momenti.’
‘Prometto, nonna, prometto.’
La nonna si rivolse di nuovo alla rete con un comando:
‘Net, spazio di Diana, giorno del diciottesimo compleanno’
continua
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