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Premessa dell'autore: Chi vuole aggiunge un capitolo!!

‘Aghenor’ - Il clone e la Rete

Alessandro Ovi

“La clonazione era stata liberalizzata nel 2005  ed erano nati in ogni paese centri specializzati che provvedevano a tutto.   Nel 2020 era stato realizzato il primo clonatore domestico, il ‘clone-kit’.
Da allora qualunque donna era stata in grado di far crescere dentro di se, e di portarlo alla nascita, l’essere umano che desiderava riprodurre. Non faceva nessuna differenza fosse maschio o femmina..
Bastava fargli, o farle,  un piccolissimo prelievo di cellule, assolutamente innocuo ed indolore ed il ‘clone kit’ pensava a tutto il resto, automaticamente.
Finalmente anche la riproduzione di se stesse era alla portata di tutte; gradualmente diventavano possibili anche interventi genetici per correggere, nel clone, propri difetti, attuare modifiche desiderate.     La grande maggioranza clonava soprattutto femmine. 
 Senza che nessuno lo avesse previsto era come fosse nata, nelle donne, la repulsione, la paura di far crescere nel proprio corpo un maschio.
Per la prima volta i maschi non avevano potuto imporre nulla. Loro non potevano ‘clonare’.
Così era successo che, dopo la  quella  di Aghenor, circa un secolo più tardi, la rete non aveva più registrato la nascita di nessun maschio.
La nosra storia  parte due secoli dopo, dal dialogo tra Diana, ultracentenaria, ancora lucidissima e piena di memorie,  e una bimba,  la sua bis-bis  nipote Katia, all’interno della  bolla d’aria purissima nel deserto del Nevada in cui vivevano sotto il controllo di NET, la grande rete che si prendeva cura di tutto.






1.  Il mondo di Katia.

“Katia perche’ sei cosi’ imbronciata?”
La bimba di cinque anni, lineamenti minuti, alzo’  il capo, fissando i grandi occhi verdi  sulla bisnonna Diana; strinse un po’ le ricche labbra e allargando le braccia brontolo’:
“Net, la rete,  dice che non  puo’ portarmi dove voglio io.”
La nonna , alta, diritta, il volto ancora liscio, malgrado gli oltre cento anni di eta’,  si chino’ per accarezzare la nipote, con dolcezza su una guancia; si tiro’ vicino una piccola, leggerissima  poltrona.   Si sedette piegandosi in avanti fino ad rrivare quasi all’altezza del volto di Katia  e sussurro’ :
  “Perché Katia,?”
“La mia mano..., dice che dalla mia mano si vede che ho cinque  anni  e chiedo cose che a cinque   anni  non  posso sapere.”
“Hai riprovato ad entrare nell’albero della vita, vero ?”
“Si’, voglio sapere chi c’era prima di noi; ma perché non me lo vuol far vedere?”
“Perché ora non puoi sapere, devi ancora imparare....”
“Imparare cosa?”
“Ma te l’ho già detto, che le femmine  da sole non bastano....”
“Non bastano a che?”
“Non bastano.. non bastano a  far andare avanti il mondo, ecco a che cosa non  bastano!”
“E i maschi bastano?”
“Ma no...lo hai già imparato che per fare un nuovo uomo oggi ci vogliono un maschio e una femmina assieme.”
Katia piegò la testa di capelli neri corti all’indietro e fisso’ dritta negli occhi la bisnonna:
“Ho imparato, ho imparato. Adesso dimmelo tu, perché non posso sapere .
Perché Net non vuole parlarmi di chi c’era prima?”
Diana si alzo’ dalla piccola poltrona con aria  imbarazzata.  Il cristallo che portava incastonato nel collare inizio’ ad emettere una leggera vibrazione ed un tenue alone pulsante viola.
“Sei troppo curiosa,  e poi insisti, insisti......lo sai benissimo che non mi piace rompere una regola della rete.”
“Ma che c’è di male?”
“C’è di male che secondo le regole di NET, non sei pronta.”
 
Era l’anno 2303 ed era oramai un secolo che la rete lo aveva imposto: prima di conoscere la storia i giovani dovevano farsi condizionare contro il ripetersi del secolo delle femmine.

“Io voglio vedere nonna, dai!”
“Sei un bel tipo, sai; smettila!”
“Ma, quando eri piccola come me, che facevi?”
Nonna Diana sorrise con un velo di tristezza.
“Sai che in fondo mi ricordi come ero io più di cento anni fa?”
“Perché?”
“Perché anche io ero curiosa come te.”
“E a te lo hanno permesso  di vedere l’albero della vita?”
“Certo che no, né mia madre né mia nonna ruppero le regole. Forse lo avrebbe fatto la mia bisnonna, che si chiamava  Diana anche lei. Vedi, lei era l’unica della nostra famiglia ad aver vissuto nel secolo delle femmine, e non aveva paura di nulla.”
“Eri  amica sua , come io con te?”
“Si ma non mi lasciavano mai sola con lei.”
“Noi siamo sole nonna!  Fammi vedere l’albero, ti prego.”
“Non si puo’ Katia, credo proprio di non potere.”
Katia  cominciò a piangere, sommessamente. Un pianto maturo,  non di capriccio.
Diana allora si guardò attorno, quasi ad accertarsi che nessuno la vedesse,  nella luce fredda dell’aria purissima della loro bolla nel deserto del Nevada;  poi con un moto deciso, quasi  d’istinto,  appoggio’ il suo cristallo  sul cubo nero di accesso alla rete e mise la vecchia mano al posto di quella di Katia sul rilevatore di impronte che stava li’ di fianco; una vibrazione dolce, un alone di luce pulsante, e la rete accettò di mostrare l’albero della vita.
Katia, ancora con le lacrime, scoppiò in una risata; i pugni chiusi, le braccia piegate in avanti.
Un volto senza espressione comparve sul cubo nero e chiese:

“Quante generazioni vuoi Diana?”
“Quattro, fino ad Aghenor, Net,  linea femmine.”
Dissolvendosi il volto di NET lasciò il posto all’ologramma, quasi  una piccola statua vivente, di una donna diritta, composta, le mani in grembo.
“Sono Siria, figlia di Godifer unita ad Artom; racconto o passo?”  
“Passa mamma , passa..”

Un nuovo ologramma di donna, anche lei molto composta, ma piccola di statura, si sovrappose al lento svanire di Siria...
“Godifer,  figlia di Selene unita ad Adamo; racconto o passo?”
“Passa Godifer, passa ad Adamo.”
L’ologramma sul cubo nero mutò in quella di un uomo alto e robusto.
“Adamo, clone di Aghenor, da Diana ; racconto o passo?”
“Clone, che vuol dire clone?”
La voce sottile di Katia era perplessa, e il suo volto da stupito che era alla vista degli ologrammi della sua famiglia, divenne attento, quasi sospettoso.
“Clone è un essere riprodotto in modo identico ad un altro.”
“Come si fa a fare un clone?”
“Non è una cosa complicata da fare, ma dopo bisogna stare molto attenti.”
“Attenti a che?”
“Lo imparerai bene tra cinque anni, quando farai il tuo periodo di condizionamento...,è difficile spiegarlo così con due parole...”
“Dai, dimmelo, dimmelo!”
“Ecco, lo vedi, mi fai pentire di averti aperto l’albero della vita; sei ancora troppo piccola.”
“OK, non chiedo più niente, ma dì a Net di andare avanti.”
“Prometti di non dire  niente a tuo padre.”
“Prometto, prometto, tanto con mio padre non ci parlo.”
“Adamo, passa ad Aghenor, riproduzione ambientale, ultimi sette giorni.”

Man mano che l’ologramma spariva, sul cubo nero cominciò a formarsi una sfera, quasi una bolla di sapone, sempre più grande, sempre più grande, tanto grande che Diana e Katia, tenendosi per mano, con un piccolo passo avanti , vi entrarono senza rumore.
La bolla d’aria, in cui si trovavano,   racchiusa da una ampia cupola trasparente attraverso la quale entravano  i colori tenui del deserto, parve perdere trasparenza. La luce si affievoli’ lentamente; i pochi  oggetti che stavano attorno, mobilio leggerissimo ed essenziale di fili di titanio e di sottili fogli di ‘perpex’, lentamente svanirono.
Dopo un attimo di buio nonna a nipote si ritrovarono in un ambiente completamente nuovo.  



2. Il mondo di Aghenor

“Siamo nella registrazione del mondo di Aghenor”,  sussurrò Diana.
Katia seria fece di sì col capo.
Così videro Aghenor, un vecchio alto, magro, una corona di capelli bianchi appena lunghi sul collo; il volto scavato ancora bello, lo sguardo sereno ed allo stesso tempo arguto.
Le mani , scarne e pallide, sbucavano da larghe maniche di una tunica azzurra .
Stava in piedi  nella sua grande veranda piena di oggetti di altri tempi.
Il lungo tavolo di legno, le tre poltrone di pelle e tutto attorno schermi piatti per sole immagini bidimensionali appartenevano tutte a qualche decennio passato; quasi  intrusi nella linea essenziale delle grandi pareti finestra di ‘Lumen’ coperte di sottili tende rosse, gialle ed indaco.  Il pavimento di assi di legno lunghe e larghe era stato verniciato di bianco e contrastava con la calda luminosità dell’aria.
La voce bassa, diffusa, di Net parve quasi scusarsi nel mostrare quell’ambiente:
 “Ad  Aghenor  piaceva stare in mezzo alle sue vecchie cose;  non era mai riuscito a buttare nulla.”
Era il tramonto ed Aghenor sembrava assorto a guardare  le antenne satellitari che riflettevano la luce rossa del sole,  tra le foreste dell’Oregon, sul costone a oriente.
Alle sue spalle, in lontananza, si poteva intravedere la linea del Pacifico di cui, a tratti, il vento da ovest portava il respiro.
Tutto attorno non una casa, non una strada, non un filo di fumo;  un piccolo sentiero che partiva dal lato della casa, verso l’oceano, si perdeva subito nel bosco.  
Per il resto,  nulla, solo alberi ed alberi .

“Qui  gli era stato concesso di vivere per tutta la sua vita....”   spiegò  ancora  NET,   “..Aghenor sapeva che non vi erano tanti posti, come quello,  al mondo. Tutto era ancora  frutto della natura; nessun intervento genetico di massa era stato effettuato su quelle piante, e i boschi erano gli stessi di un secolo prima.”

Katia guardava stupita.
“Tutto è così diverso da dove stiamo  noi”
“Si’ Katia, nella nostra  bolla d’aria non vi è quasi niente di materiale.”
“Però non ci manca nulla, no?”
“La rete crea tutto ciò che serve  man mano che se ne manifesta la necessità; poi lo smaterializza di nuovo. Così tu sei abituata  a vivere nella leggerezza più completa, e forse non ti piace  vedere tante cose davanti a te, vero?”“Non so, però è strano... buffo, ..anche bello.   Ma chi è Aghenor?”
“Aghenor è il mio bisnonno,  ha quasi cento anni anni e vive qui solo; ha passato  in questi monti, vicino  a  queste antenne, tutta la sua vita. Ora vive qui solo.”
“E con chi stava prima?”
“Per la maggior parte della sua vita, con nessuno. La sua mamma era morta quando lui era ancora molto piccolo;  per un po’ di anni aveva vissuto  con suo padre   Atrius che, in questa  sala piena di monitor, era  guardiano ed operatore del centro di ascolto satellitare.”
“Non c’era nessun altro? Faceva tutto da solo?”
“Non era un gran problema sai,  in realtà Atrius non aveva mai avuto nulla da fare; il centro  era completamente automatizzato. Qualche computer, chissà da dove, sulla rete, si prendeva cura di tutto.”
“E lui che faceva allora?”
‘Aghenor ed Atrius potevano passare assieme tanto tempo;  erano amici e anzi, un po’ complici.’
‘Complici?  Perché?’
‘Erano molto curiosi di tutto ciò che sapeva di nuovo e un po’ di proibito;  a  volte si spingevano ai limiti dell’ignoto e  questo li eccitava molto.’
‘Che è successo ad Atrius?’
‘Atrius un brutto  giorno è morto di una cosa strana che si chiama  ‘shock anafilattico’, una specie di reazione violenta del nostro corpo a qualche sostanza strana .  Lo aveva punto   una zanzara neozelandese clonata da Aghenor con il nuovo ‘Piccolo-clonatore’. Il regalo di compleanno per i suoi sedici  anni.    Aghenor così era rimasto solo.’
‘Poverino, e come ha fatto?’
‘La rete, lo ha aiutato la rete; ha provveduto ad istruirlo, ad intrattenerlo a fargli vedere il mondo e farlo parlare col mondo.’
‘ E non si muoveva mai?’
‘ Aghenor amava conoscere le cose, ma anche  sognare; non  gli piaceva muoversi; la città  non era mai stata una grande attrazione per lui.   La trovava troppo fredda e ordinata e il supermercato, dove andava una volta al mese per rifornirsi, non aveva né odori né rumori.’

La nonna smise di parlare , per non coprire la voce di una figura di vecchio che, da uno degli schermi piatti a fianco di Aghenor,  si rivolse a lui.


3. Dall’Oregon a Capri
 
Aveva un volto molto meno scavato di quello di Aghenor, il naso sporgente e grosso, un marcato doppio mento e due occhi profondi, neri e vivaci.
Alle sue  spalle attraverso una finestra quadrata su un muro bianco calce, si intravedevano le linee di una costa molto frastagliata, di scogli alti in un mare luminoso ed azzurro. Nell’aria i colori dell’alba.                                      

‘Ciao Aghenor, non riesco più a dormire; anche oggi mi sono svegliato prima    dell’alba’.
‘E’ normale, Giovanni, cosa ti aspetti a più di cento anni?’
‘Non mi sveglio perché sono vecchio, mi sveglio perché sono agitato..’
‘Agitato tu?  A Capri?’
‘Ma si, perché questo è un gran  brutto anno, Aghenor, se ne sono andati quasi tutti..’
‘Si, hai ragione, siamo rimasti proprio in pochi!’
‘Pochi? Altro che pochi! Credo che siamo rimasti solo noi due; mi fa una grande tristezza sai...’
‘Già forse hai ragione, però è già un po’ di anni che è come se di maschi non ce ne fosse più nessuno, la rete è tutta di donne; e pensare che quando è nata avevano fatto tutto gli uomini.’
‘Si, si , ricordi che si diceva: la rete ha tanti padri ma nessuna madre, e nessuno sapeva spiegare bene perché.’
‘Nessuno, però era proprio vero; ma oggi che importanza ha? A pensarci viene un gran nodo in gola, e costa una gran fatica anche ricordare.’
‘Non sarebbe meglio far finta di nulla? Dimenticare tutto?’
‘No, no,  dobbiamo ricordare e se possibile lasciare una traccia di noi e a far questo tu sei molto piu’ bravo di me , sulla rete riesci a infilarti dappertutto!’

Giovanni sorrise con un’aria soddisfatta, scuotendo leggermente la testa.
“Eh..Si’,.. la rete non ha segreti per me..”
“Guarda guarda com’e’ contento..! Sembri un gatto con ancora in bocca un topo.”
“Adesso non stare a  prendermi in giro; lo sai che  a questo ci tengo..”

E cosi’ dicendo affondo’ la testa tra le spalle, gli occhi ben aperti pieni di furbizia.
Le labbra  strette accentuavano le rughe ai lati della bocca.

“Dai, scherzavo; lo so bene che non esiste codice che tu non possa decifrare, non c’e’ chiave che tu non conosca. Sei un genio tecnologico. Secondo me, nella tua famiglia dovevi avere qualche gran matematico.”
“Non solo, ho avuto anche un bisnonno falsario!”
“Ci avrei scommesso;  e per il resto come va?”
“ Una gran noia!  Oggi è  tornata quella ricercatrice del centro di genetica storica che vuole registrare tutto ciò che siamo stati; voleva fare altre domande ed un altro prelievo cellulare. L’ho mandata via.  E’ una gran piaga, e io sono stanco di farmi studiare.’
‘Quella che viene da me non mi stanca affatto!’
‘Bella forza, la tua, Diana, non ha neppure diciotto anni e poi ha una bella storia alle spalle...’
‘Una bella storia davvero; l’ha clonata una californiana che in lei ha combinato  grandi occhi chiari, capelli neri e un gran bel carattere.  Lo sai che non ha nessun timore a parlare con me?’
‘Si, me l’hai detto; la mia, invece, è tutta distaccata e sospettosa, continua a ripetermi che, loro, debbono stare molto attente ai maschi; è piena di diffidenze e complessi.’
‘No, Diana non ha complessi. Pensa, ho scoperto che sua madre ha anche sperimentato la soppressione, nel suo  carattere, del gene della paura;  poi è un fenomeno a rendere caldo l’ambiente. E’ stata lei a suggerirmi di non usare il ‘Lumen control’. E’ bello avere attorno questa bella luce filtrata dai suoi tessuti leggeri e colorati e non quella che decide la rete sul ‘Lumen’ secondo i momenti.’
‘E sì,…..sei stato proprio fortunato a essere assegnato ad un centro universitario dell’Oregon e non all’archivio pubblico Mediterraneo...’.
‘Mi piace farmi studiare da lei, è curiosa , simpatica;  mi fido di lei.    Le ho perfino fatto vedere il mio archivio riservato; i clips del secondo millennio’
‘Ha visto anche la tua raccolta di film?’
‘Le sono piaciuti quelli di due Europei, Bergman, sai ,  ‘Il posto delle fragole’, ‘Il settimo sigillo’ e Troisi, ‘Il postino’. E poi quello del giapponese Kurosawa, ‘Ran’
“Quelle battaglie, quegli uomini e quella donna tremendi..”
“Si’,  un  Machbeth orientale. A Diana e’ piaciuto moltissimo. Lei  adora i sentimenti forti!”
“Non e’ un po’ fuori rispetto al suo tempo?”
“ No, no; forse e’ piu’ completa del suo tempo. Le piacciono la storia e anche l’attualita’. Passa anche molto tempo a guardare le News-clips.  Pensa che è stata un pomeriggio intero a vedere e rivedere tutti i servizi dell’anno della svolta, quello del congresso antiproibizionista di S. Francisco..’
‘Il congresso antiproibizionista?  Non  ricordo, ho una gran confusione in testa..’
‘Ma si, quando è stato fondato il movimento per la libertà di clonazione;  chissà quante volte te lo ha raccontato tuo nonno; lui era stato là come giornalista..’
‘Credo di aver perso la memoria..; eppure non sono del tutto rinscemito, a scacchi ti batto ancora.’
‘Si, ma la memoria…’
 ‘Ma che serve in fondo la memoria? quando ho bisogno di qualche ricordo lo trovo sulla rete.’
‘A me invece piace ricordarmele da solo le cose.   Senti Dante:  “la bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator  forbendola ai capelli del capo che avea di retro guasto....”
‘OK..OK.., ti ricordi Ugolino, me lo hai già recitato tante volte; lo so che ti piaceva la nostra letteratura, ma non devi recitarmelo  tutto..; ma poi perché hai tanta diffidenza per la rete?’
‘Non è diffidenza, lo sai bene che la rete mi ha dato tanto; però oramai sulla rete trovo solo confusione. Arrivare a quello che serve è come sentire un piano che suona Chopin, dalla gradinate di uno stadio, durante una partita.’
‘Però ci troviamo tutto’.
‘Ma sì tutte queste centinaia di canali televisivi, questi milioni di siti pieni di notizie e pareri su  tutto e sul contrario di tutto; messaggi, messaggi su ogni argomento; il bello è  che sembrano personalizzati per te e invece è la rete che finge di essere stata un tuo amico da sempre...eppure dicevano che la rete avrebbe portato  conoscenza,  pace, armonia… .     La rete mi porta solo rumore.   Così, oramai, la uso solo per parlare con te.’
‘Eccolo lì il solito Aghenor, ti lamenti eppure non vuoi usare l’Interpreter.’
‘Io l’Interpreter non l’ho mai voluto, perché non sopporto che la rete scelga per me quello che mi deve interessare..’
‘Ti sbagli sai, la rete è diventata una grande sorella, gli anni del rumore sono finiti; sei tu che ti sei intestardito a non usarla come si deve. E’ come se avessimo ritrovato i bibliotecari di una volta, che ti aiutavano a scegliere i libri.’
‘A me la rete non sembra un gran che, come bibliotecario. Per ricordare va bene, ma  voglio decidere io come mettere assieme le notizie del mondo,  i pareri delle persone che stimo; e poi voglio poter cambiare quando mi pare, non mi va diventare un “profilo”’
‘Che male c’è ad avere un profilo?’
‘Un conto è avere un profilo, e un altro è diventare un profilo. Non mi piace  che l’Interpreter mi dia un codice, mi assegni ad una categoria, e poi decida lui che io sono quello lì. E, quindi, che debbo aver bisogno di certe cose  e non di certe altre, e che è giusto che parli con qualcuno e con qualcun  altro invece no.
Il problema non è la memoria, il problema è che voglio  essere  padrone del mio modo di pensare.’
‘A me sembra solo che tu perda del gran tempo’
‘Non si perde mai tempo a costruire il sapere.     Solo così lo si può comunicare e confrontare con altri.’
‘Di tempo, a pensare cose inutili ne abbiamo perso anche troppo..’ 
‘Il tempo passato a conoscere e a far conoscere non è mai perso! Mio padre mi citava sempre un testo sacro:   “Senza frode imparai la  sapienza, senza invidia la donai, non nascondo le sue ricchezze”....sai dove lo aveva letto....?’
‘Quel cinese .. Sun Tsu..?’
‘Ma no.... La Bibbia...il libro della Scienza’
‘Mai letta....’

Un lontano rumore di passi dall’esterno li interruppe.
Da una delle finestre si vide una ragazza molto bella , grandi occhi verdi e capelli     neri,  avvicinarsi all’ingresso a lunghi passi veloci dopo essere scesa da  un piccolo veicolo affusolato senza ruote che sembrava sospeso in aria e non aveva volante o manubrio ma solo un Joy-stick piccolo come un pugno.  Era vestita di blu scuro, stoffa morbida, quasi seta, lunghi pantaloni e  maniche larghe allacciate ai polsi, portava una collana di rame con un ciondolo, un cristallo grande come una noce leggermente iridescente. Aveva un modo di muoversi sbrigativo, essenziale, e si capiva bene che era e voleva sembrare molto efficiente.

Katia la indicò con un dito: ‘Chi è nonna?’
‘E’ Diana, la  ricercatrice di storia genetica di cui prima parlava Aghenor.  
E’ una ragazza straordinaria, molto  intelligente. Sta facendo la sua tesi su  Aghenor, come caso di studio.’
Rispose  la nonna indicandola con un leggero moto del volto.
‘ Perché Aghenor è un caso di studio?’
‘Perché era rimasto uno degli ultimi maschi, ed era un tipo molto speciale.    
Senti cosa diceva Diana in una parte del suo studio.’

Chiudendo gli occhi, le mani incrociate sotto il collo, come se stesse pescando le parole da un testo che le scorreva davanti agli occhi, cominciò a raccontare.
  
“Aghenor è un personaggio  particolare; tutti i maschi sono particolari, ma lui più degli altri.        E’ una miniera di ricordi e di pensieri .
Dopo la morte di Atrius suo padre aveva imparato a vivere solo, a far grande tesoro del  suo passato. Aveva in testa ogni momento della sua vita; e non tanto come ricordi precisi, ma proprio come modi di essere.
Era come se avesse dentro di se’, il vecchio e il bambino assieme.
La notte, sognava ancora come da piccolo  di volare a braccia aperte , come un uomo aliante.   Sentiva il brivido di infilarsi in valli strette e poi cabrare verso la luce con il sole e l’aria in faccia e poi,  una volta atterrato, riviveva le emozioni di quando con una benda sugli occhi correva sull’orlo di un ponte. “Così aumenti la capacità di autocontrollo..” gli aveva sempre detto il padre Atrius.
Aghenor sapeva far venir fuori il bambino, che era dentro di lui, nei momenti di grande gioia ed in quelli di grande tristezza; era un uomo che forse non aveva un grande rispetto del suo aspetto esteriore,  e delle cose di cui si circondava, ma ci teneva molto a essere ed apparire bello dentro.
Diceva sempre, ...meglio essere un forziere incrostato e polveroso, pieno di tesori, che non un sepolcro splendidamente imbiancato”

Katia interruppe la nonna tirandola per il braccio indicando l’apertura della parete dalla quale la ragazza che avevano visto all’esterno stava entrando.
La nonna riaprì gli occhi, come svegliata dolcemente dal sonno e, con un  leggero sorriso quasi di compiacimento sulle labbra, accennò di si col capo.
 
 

continua


 

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