Caffe' Europa
Attualita'



IL FORUM DEI LETTORI

Isabella Angius


La lettera di Giuliana Olcese, del Movimento per le riforme costituzionali, pubblicata sullo scorso numero di Caffè Europa ci ha suggerito l'idea di incoraggiare un dibattito fra i nostri lettori su argomenti di rilevanza politica, a cominciare appunto dalla democrazia online.

La democrazia elettronica rappresenta una forma avanzata di comunicazione e di partecipazione anche politica, utile per la costruzione del consenso ed efficace per la manifestazione del dissenso. Gli spazi di discussione sul Web sono sempre più numerosi perchè crescenti sono la necessità e la volontà dei cittadini e degli amanti della Rete di far sentire la loro voce e di far valere le loro opinioni.

La democrazia online abbatte, in teoria, le distanze tra governanti e governati e offre ai cittadini la possibilità di intervenire in maniera tempestiva nelle discussioni politiche, anche le più delicate. Voi siete d'accordo? E' uno strumento veramente efficace? Esistono controindicazioni?

Mandateci le vostre opinioni al nostro indirizzo di posta elettronica: caffeeuropa@caffeeuropa.it

 


 

Comunicazione sì, partecipazione non ancora

 

From: "Marco Scopigno" ddfca@tin.it
To: caffeeuropa@caffeeuropa.it
Subject: LA DEMOCRAZIA ON LINE
Date: Wed, 27 Oct 1999 18:41:27 +0300

Sono d'accordo con il pezzo della Angius in merito al giudizio espresso sulla democrazia elettronica come forma nuova di comunicazione. Viceversa non condivido l'idea che questa possa "anche essere un mezzo nuovo di partecipazione politica". L'articolo infatti a mio avviso sottointende che la discussione on line possa in qualche misura rappresentare una fase avanzata (come dire, la tendenza) della partecipazione politica e che possa sostituire le forme e le sedi istituzionali di discussione come le piazze, le scuole e le sezioni di partito, anche se da qualche periodo non sono poi così frequentate o considerate.

Tuttavia la discussione on line e tutte le varie forme di confronto in rete, saranno veramente democratiche e potranno veramente considerarsi come nuove forme di partecipazione politica solo quando tutti avranno libero accesso alla rete e quando tutti disporranno di un abbonamento Internet, altrimenti fino ad allora la democrazia on line non potrà che essere definita una delle nuove forme di comunicazione.

 


 

Strumenti e luoghi da inventare

 

Date: Wed, 27 Oct 1999 22:55:12 +0200
From: Nino Piras ninopir@tin.it
Reply-To: ninopir@tin.it

 

 Credo che innanzitutto occorrerebbe una definizione migliore di quel che si intende con "democrazia elettronica". La democrazia è sì determinata dalla partecipazione, ma una partecipazione "organizzata", con regole ben stabilite e certe, e in rete non esiste ancora niente di tutto questo.

E' però evidente che la rete offre molte nuove opportunità allo sviluppo di una società effettivamente democratica, aprendo molte possibilità nuove e realizzando in qualche caso alcune delle "premesse teoriche" che ne consentono il funzionamento. Per esempio, la rete rende molto più semplice la comunicazione e il confronto di idee a distanza, la ricerca di materiale informativo, il contatto diretto con i propri rappresentanti al'interno delle diverse istituzioni.

Occorre tenere presenti d'altra parte i limiti che la "democrazia elettronica" deve ancora superare: innanzitutto, la scarsa rappresentatività dei suoi utenti. Nonostante il continuo aumento di questi ultimi anni, Internet è ancora poco diffusa, e distribuita in maniera ineguale tra i ricchi e tra i poveri, tra i giovani e tra gli anziani, nelle città e nelle campagne, al Nord e al Sud.

L'immaturità del mezzo è dimostrata anche dalla scarsa incisività che questo ha avuto finora nella vita politica nazionale. Quel che essenzialmente si è visto è un riversarsi delle strutture partitiche tradizionali in rete. Certo, alcune realtà minori e particolarmente dinamiche hanno la possibilità di sfruttare al meglio il nuovo mezzo per lanciare operazioni promozionali potenzialmente assai interessanti.

Ma non è ancora avvenuto alcun mutamento reale nelle modalità di ricerca del consenso, nella organizzazione del dibattito politico, nella ricerca dell'approfondimento delle singole questioni.

In genere siti e caselle di posta elettronica proliferano nei periodi di campagna elettorale per isterilirsi immediatamente dopo, lasciando poco spazio alle illusioni di una politica già "contagiata" dall'interattività della rete.

Sebbene esistano appositi "spazi di discussione" di argomento politico, spesso le discussioni si concludono in polemiche generiche e inconcludenti.

In conclusione, a me pare che siano ancora da inventare gli "strumenti" e i "luoghi" adatti per realizzare le molte potenzialità offerte dalla rete per aprire una nuova nuova stagione di partecipazione alla vita politica. E' indubitabile che in futuro Internet avrà notevolissime ricadute sulla vita della democrazia. E' forse troppo presto per dire come evolverà questo rapporto.

 


 

Date: Fri, 29 Oct 1999 11:40:31 +0200 (CEST)
From: Ifisio Pala esedomani@freemail.it
To: caffeeuropa@caffeeuropa.it
Subject: A casa i politici!

Secondo me la democrazia online potrebbe essere la "soluzione finale" contro il parassitismo dei politici. Con tutti i soldi che si risparmierebbero lasciandoli a casa si potrebbero comprare computer per tutti gli italiani che non ce l'hanno ancora e a quel punto starebbe a loro di decidere, comodamente da casa loro, del loro futuro, schiacciando il bottone piu' appropriato.

 


 

Date: Fri, 29 Oct 1999 11:35:49 +0200
From: monica monyla@tiscalinet.it
Subject: Per il Forum sulla democrazia elettronica

Ma non vi sembra che le possibilita' offerte dalla democrazia elettronica siano tutte finte, "virtuali" appunto? Che razza di democrazia e' quella in cui solo chi ha un computer e sa farlo funzionare puo' votare: sarebbe piuttosto un modo subdolo di reintrodurre dei criteri censitari di suffragio. Molto meglio matita e scheda, quelle le sanno usare tutti.

 


 

Date: Fri, 29 Oct 1999 11:32:54 +0200
From: Fabio Ippoliti fabioliti@grisnet.it
Subject: recuperare i cittadini alla politica 

E' un'idea fantastica far votare via Rete i cittadini su misure concrete che riguardano la vita di quella comunita', ad esempio quando ci sono da destinare dei fondi comunali alla costruzione di un palazzetto sportivo o di una biblioteca.

Anche le persone piu' lontane dalla politica attiva potrebbero, su questi temi pratici, vicini alla loro vita, riacquistare interesse per la gestione della cosa pubblica e la Rete potrebbe vincere la loro pigrizia. Evviva la Rete, quindi!

 


 

Date: Fri, 29 Oct 1999 15:57:11 +0200 (CEST)
From: Luigi Chiesa luichie@freemail.it
To: caffeeuropa@caffeeuropa.it
Subject: Democrazia dei telespettatori?

Quella di far votare su cose importanti i "telespettatori" mi sembra una bestialita'. Vi immaginate che legge sull'immigrazione potrebbe venir fuori all'indomani di un fatto di sangue compiuto da extra-comunitari di cui il telegiornale della sera ha dato conto? No, molto meglio lasciare le decisioni delicate al parlamento che dovrebbe saper far sbollire gli umori prima di prendere qualsiasi decisione.

Cordialita',

 


 

Verso una repubblica elettronica?

Isabella Angius

 

Vorremmo affrontare il problema dell'impatto delle nuove tecnologie sul sistema politico americano ma anche tentare di raccontare come negli ultimi anni è cambiata la situazione italiana per esaminare la questione della democrazia in un tempo nuovo, in cui i media "ridisegnano i luoghi della politica, abbattono i confini, negano gli stessi vincoli dello spazio e del tempo, cancellano soggetti antichi e creano soggettività nuove" (L. K.Grossman).

Si discute della trasformazione profonda di un'intera società, e non solo in una specifica forma politica, dovuta alla diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione che ha radicalmente influenzato il modo di percepire la realtà, la collettività e il senso stesso della convivenza civile.

Alle soglie del Duemila coesistono nel contesto americano utopie positive e negative, speranze nell'avvento di un'inedita democrazia diretta, riconducibile al miracolo democratico della polis greca, accanto al timore per un'eventuale irreversibile affermazione dell'incubo orwelliano del Grande Fratello, e quindi di una società della sorveglianza totale di tutto e tutti.

Il passaggio dalla tradizionale comunicazione verticale a quella orizzontale, che offre ai destinatari la possibilità d'essere interlocutori attivi e non più soltanto spettatori silenziosi e passivi, ha mutato la qualità della comunicazione, con l'effetto di trasformare le tradizionali modalità di funzionamento del sistema politico. A quest'effetto si associa quello di sostituzione legato alla nuova possibilità d'intervento diretto dei cittadini, che potrebbe progressivamente privare di significato il tradizionale sistema di selezione della classe dirigente, indebolendo o rafforzando i diversi soggetti coinvolti nella dialettica democratica.

La democrazia della repubblica elettronica appare profondamente modificata rispetto alla forma americana tradizionale della democrazia rappresentativa, poiché in essa viene a ridursi la separazione tra chi attribuisce potere e chi lo detiene, con il conseguente crollo delle barriere. Grazie all'uso delle tecnologie interattive, i cittadini potranno accedere al processo politico in tempo reale, creando una forma di populismo nuova e diversa, critica nei confronti del ruolo dei politici e capace di valorizzare il peso delle consultazioni popolari.

La realizzazione della repubblica elettronica è stata resa possibile da fattori diversi quali la moderna velocità dell'informazione, il crescente desiderio di una politica più facilmente accessibile e la diffusa delusione nei confronti della classe politica: l'affermazione dell'attuale forma di democrazia a più larga partecipazione è stata inoltre favorita dallo sviluppo delle autostrade dell'informazione, che sembrano in grado di offrire una versione elettronica dell'assemblea ateniese, nella quale il popolo sarà in grado di intervenire direttamente nelle decisioni per il governo della nazione.

La consapevolezza che la politica del prossimo futuro non potrà fare a meno della partecipazione diretta dei cittadini ci spinge ad evidenziare la nuova centralità dell'opinione pubblica nel processo politico: capire che cosa pensa la gente, interpretare l'opinione pubblica è divenuto così importante per i politici da riproporre in nuova forma il dilemma se i leader debbano guidare o farsi guidare, e ha finito per provocare mutamenti profondi nella leadership politica, alla quale oggi si richiede non di saper governare ma un'inclinazione ad assecondare, cioè che il leader sia capace di ascoltare e soddisfare i desideri degli elettori. La forte dipendenza dall'opinione pubblica ci spiega l'invasività dei sondaggi, sulla cui attendibilità molti discutono, considerandoli talvolta strumenti per confermare conclusioni prestabilite. Ciò impone all'attenzione il problema dell'influenza sempre maggiore del denaro nel processo politico, cioè dello strapotere delle lobbies e dei gruppi industriali e finanziari.

Noelle Neumann si pone a questo proposito un quesito importante, ovvero "i media sono o no lo specchio dell'opinione pubblica?" La risposta che lei dà è che in realtà sono proprio i media a creare l'opinione pubblica, in quanto "forniscono la pressione ambientale alla quale le persone rispondono sollecitamente con acquiescenza o con silenzio.

L'universo statunitense offre uno straordinario esempio d'interazione fra trasformazione della comunicazione e cambiamento sociale e politico di un paese. Negli Stati Uniti, più che in ogni altro contesto, l'informazione si è rivelata il mezzo più decisivo di trasformazione della società. L'analisi della storia dei media americani e del loro rapporto con la politica, talvolta ambiguo e sofferto e comunque sempre problematico, evidenzia il diverso ruolo che i media ricoprono nella politica statunitense. Essi funzionano sia come anello di congiunzione tra la gente e i leader che come governo-ombra, se non come vero e proprio partito d'opposizione, ribadendo la centralità del giornalismo negli Stati Uniti, riconosciuto dalla Costituzione come strumento indispensabile alla dialettica democratica all'interno di una rigida logica di mercato, nella quale la stampa resta l'unica impresa citata e salvaguardata dalla Carta costituzionale.

Secondo molti la trave portante della futura repubblica elettronica è il mezzo televisivo, responsabile di una serie di radicali trasformazioni nel modo di percepire la realtà, la politica e il giornalismo: ai media, e alla tv in particolare, si rimprovera di avere contribuito al rafforzamento del sistema e dei valori esistenti attraverso la diffusione quotidiana e capillare di un'informazione politica. Essa offre una visione altamente drammatizzata, frammentata e personalizzata della realtà politica e sociale, invece di fornire ai cittadini gli strumenti interpretativi e le conoscenze utili per la comprensione delle logiche del potere e per la soluzione dei maggiori problemi del paese.

Ci sono quindi da un lato gli ottimisti che credono possibile la realizzazione in terra americana di una nuova Atene senza schiavi, nella quale tutti possano partecipare alla vita democratica come protagonisti grazie alle meravigliose opportunità d'interazione offerte dalle tecnologie. I pessimisti temono le conseguenze degli eccessi della democrazia, la concentrazione sempre maggiore nelle mani di pochi soggetti di un numero crescente di canali e prodotti informativi, l'influenza negativa del denaro e degli squilibri economici nel processo politico, che fanno alzare il prezzo della politica dirottando pericolosamente le opinioni della gente; la professionalizzazione della politica e la banalizzazione dell'informazione, che contribuisce in modo determinante, eliminando il confine tra notizia e intrattenimento, alla progressiva diffusione della sfiducia della gente, del qualunquismo e del cinismo.

Il "nuovo populismo", così come il vecchio, critica il ruolo dei politici, valorizzando la democrazia diretta a scapito di quella rappresentativa. Ciò che rende veramente diverso il populismo di oggi è il ruolo della tecnologia, capace di rendere possibili grandi partecipazioni di massa in modi precedentemente inimmaginabili. Municipi elettronici, sondaggi d'opinione in tempo reale, giurie popolari e altre innovazioni basate, in parte, sulle nuove tecnologie delle comunicazioni, vengono proposte come alternativa al cattivo governo e all'indifferenza della gente.

E' importante chiedersi se in un paese come gli Stati Uniti la democrazia "elettronica" diretta sia fattibile o desiderabile.

Grossman pone con forza la questione del confronto tra la diversa copertura dell'informazione politica offerta dalle tv commerciali, e da quelle finanziate con fondi governativi. Il paese più democratico del mondo sta evolvendo verso un sistema caratterizzato da una maggiore partecipazione politica. Questa trasformazione politica della democrazia si è sviluppata grazie a due fattori: il cammino, durato due secoli, verso l'uguaglianza di tutti i cittadini e l'esplosiva crescita dei nuovi media, con il convergere di tv, satellite, cavo e computer.

La telecomunicazione interattiva permette a decine di milioni di cittadini, ovunque essi si trovino, di ricevere le informazioni di cui necessitano per entrare nel meccanismo governativo, per guadagnarsi l'accesso al regno della politica e, infine, per recuperare almeno parte di quel potere sulle loro vite e sui loro beni che loro credono sperperato dai politici. La repubblica elettronica ha già iniziato a ridefinire i ruoli tradizionali del cittadino e del politico.

L'emergere della repubblica elettronica induce il bisogno di un nuovo modo di pensare nuove procedure, nuove strategie politiche e anche nuove istituzioni, affinché nel secolo che abbiamo di fronte non si vengano a creare maggioranze dispotiche, tali da ledere i diritti individuali e delle minoranze.

In futuro essere cittadini sarà importante quanto essere leader politici. In una ipotetica repubblica elettronica sarà essenziale considerare la politica sia dal vertice verso il basso che dalla base verso l'alto.

Con l'invenzione del cinema alla fine dell'Ottocento, già prima della nascita della televisione e della trasformazione della stampa a limitata diffusione locale, il fatto che la parola scritta venisse sostituita dall'intensa esperienza cognitiva di suoni e immagini, determinò l'inizio di una nuova era nel mondo della comunicazione. La rivoluzione delle comunicazioni elettroniche esplose, poco più tardi, negli anni '20 con la nascita della radio. Dopo solo venticinque anni la televisione debuttò trionfalmente e si diffuse in modo sorprendente e senza precedenti.

La televisione è diventata l'elemento pubblico dominante, l'epicentro della nostra vita. L'apparecchio televisivo rimane acceso nelle case degli americani, in media, per oltre sette ore al giorno. Esso riempie per oltre la metà il tempo libero degli americani: più di quattro ore, ogni giorno della settimana.

Da che cosa verrà maggiormente influenzata la politica del futuro? A proposito della campagna presidenziale americana del 1988, Giovanni Sartori illustra il problema in questi termini: "nella televisione USA la 'linea', la frase ad effetto, si chiama sound bite. Ai giornalisti fa comodo ed i ghost writers (gli estensori dei discorsi dei politici) ogni giorno gliela fornivano, in pillole sempre più compresse. I media lamentano che quella del 1988 è stata una campagna senza issues, senza dibattito di problemi. Ma questa è davvero faccia tosta: se le issues ci fossero state, non sarebbero andate in onda. In 10 secondi non si può mica spiegare come Bush o Dukakis intendono rimediare al deficit della bilancia dei pagamenti. La videopolitica, si riteneva, dà senso e visibilità alla elezione diretta di un capo dello Stato. Invece no: il processo non ha più senso e la visibilità non rivela nulla" (Sartori 1989).

La televisione, il mezzo di comunicazione di massa più influente in assoluto, risente certamente dello sviluppo recente dei media interattivi, che il vicepresidente Al Gore ha chiamato "Infrastruttura Informatica Nazionale", altrimenti nota come autostrada informatica. Le previsioni sul futuro dei new media, tuttavia, sono spesso esagerate.

Anzi, nell'epoca del video e delle trasmissioni digitali, forse non vi saranno più i canali, ma quantità illimitate di dati e informazioni da tradurre in qualsiasi tipo di formato elettronico. Attraverso le informazioni digitali, la compressione dei segali, le fibre ottiche e l'espandersi dell'uso di tutte le nuove tecnologie elettroniche, le informazioni potranno fluire liberamente, limitate solo dalla disponibilità economica di chi fruisce di tali servizi. Esse viaggeranno tramite cavo, avanti e indietro dai satelliti, attraverso l'etere.

La diffusione su larga scala delle comunicazioni di massa è interpretata solitamente come un indicatore di modernizzazione, sviluppo sociale, culturale, legato a flussi informativi liberamente ed equamente disponibili. Alla tv è attribuita una funzione di "legame, nel mettere in relazione i componenti di diversi sottogruppi culturali attraverso una comune esposizione ad un universo culturale più ampio, popolare, dominante" (Hirsch 1978).

Si pone però la questione del cosiddetto modello del knowledge-gap, che sposta l'attenzione sull'altro lato della medaglia. I media riproducono e accentuano disuguaglianze sociali, sono strumenti di divaricazione delle differenze, non di attenuazioni di esse, danno vita a nuove ed incisive forme di iniquità e di sviluppo diseguale" (Gillespie-Robins 1989).

La rivoluzione delle telecomunicazioni interattive sta già cambiando profondamente il sistema politico americano. "Con l'aumento della velocità di diffusione delle informazioni" scriveva Mc Luhan "la tendenza in politica è quella di allontanarsi dalla rappresentanza e dalla delega conferita agli eletti, per avvicinarsi invece a un coinvolgimento diretto della collettività nelle decisioni di governo".

I grandi partiti non dominano più la politica americana come un tempo. La Cnn, la C-Span, la tv in diretta, i dibattiti radiofonici e gli spot, che riescono a rendere gli spettatori e gli ascoltatori i diretti partecipanti dello scontro politico, hanno totalmente sostituito i partiti. I partiti non sono riusciti ad adattarsi a tutto questo, perdendo così molto del loro potere, della loro influenza nonché della loro ragion d'esistere. L'iscrizione ai partiti è in calo. I mass-media, e soprattutto la tv, riuscendo a raggiungere con facilità milioni di persone, hanno rimpiazzato la principale funzione dei partiti politici.

Secondo il celebre anchorman Dan Rather, i talk show stanno per soppiantare le forme più tradizionali di informazione e si offrono come mediazione televisiva spontanea, senza filtri, "alla portata dello spettatore".

In Italia per la prima volta nel '94 si è verificato il caso dei parlamentari eletti perché assidui partecipanti a trasmissioni televisive o perché sponsorizzati dalle medesime (é il caso dell'ex ministro per la Famiglia Antonio Guidi). Questa connessione esplicita tra la politica e talk show minerebbe una delle tesi fondamentali su cui è retto il rapporto fra potere e televisione. La quale tesi, formulata nel 1963 da Francesco Alberoni in una ricerca sociologica sul divismo, sostiene che nella società dello spettacolo i grandi modelli di riferimento e di comportamento sono offerti alla massa dai divi, da quella élite cioè che è protagonista dei grandi mezzi di comunicazione. Ma a differenza del passato questa élite è esclusa dalla gestione del potere.

I computer rendono possibile anche ai candidati meno noti o ai vari comitati di comunicare con la gente in modo diretto, evitando del tutto i vecchi canali privilegiati tipici dei partiti. Tichenor infatti sostiene che "a mano a mano che aumenta la penetrazione dei media di informazione in un sistema sociale, i segmenti di popolazione con lo status socioeconomico più alto tendono ad acquisire l'informazione più velocemente dei segmenti di più basso livello socioeconomico, così che lo scarto di conoscenza tra questi segmenti tende a crescere piuttosto che a diminuire". La diffusione su base socialmente ristretta di una nuova tecnologia riapre la "forbice" e rilancia nuove differenze nell'acquisizione di conoscenze. A questo proposito si parla di "clusters tecnologici" per indicare che la familiarità con una tecnologia incrementa la disponibilità e la competenza verso nuove tecnologie (è stato verificato che ad esempio l'uso del personal computer è associato ad atteggiamenti favorevoli e positivi verso gli altri nuovi media: cfr. Williams 1988).

Negli scenari sociali contemporanei o prossimi venturi la questione dell' "information inequity" (Salvaggio 1986) è una delle più rilevanti: la diffusione della tv via cavo, via satellite, dei computers e dei vari sistemi videotext, comporta effetti sociali peculiari proprio dal punto di vista della diffusione socialmente ineguale delle conoscenze, dei nuovi stili e livelli di alfabetizzazione e di competenze comunicative.

I "ricchi di informazione" hanno inoltre maggiore possibilità di riuscire a gestire gli strumenti e le tecnologie che consentono di mettersi al riparo dal pericolo di overload, cioè in definitiva maggiore possibilità di fruire effettivamente degli aumentati flussi informativi, evitando così di rimanere vittime del sovraccarico, e questo comporta un ulteriore vantaggio. C'è anche da considerare che "i già ricchi di informazione richiedono conoscenze specializzate che soltanto le nuove tecnologie sono in grado di fornire" (Rogers 1986).

Stiamo cominciando solo ora a capire il potente impatto politico dei nuovi media elettronici: le petizioni via fax, le reti interattive on-line, le tastiere interattive per votare, i sondaggi tramite i numeri verdi, i modem, i telecomputer e i teleprocessori sono ormai mezzi indispensabili per scambiare informazioni ed esternare le proprie opinioni. Le reti digitali di collegamento fra computer conferiscono alle persone che hanno interessi in comune i mezzi necessari per unire le proprie forze, per condividere informazioni di comunicare.

Non possiamo dire con certezza come e quando i nuovi mezzi tecnologici saranno totalmente integrati nelle tradizionali pratiche democratiche. Certo la rivoluzione dei media elettronici sta procedendo a passo molto rapido. John Seely Brown: "Se usate con attenzione, queste tecnologie possono dare alla società intera l'opportunità di coinvolgere sempre più persone nella vita democratica con modalità completamente nuove. La tecnologia dei media elettronici dà realmente la possibilità di aumentare il potere della gente comune, del resto sempre più esautorata e disillusa, sia nella vita lavorativa che in quella sociale".

Nel bene e nel male, la possibilità di interagire con i mezzi elettronici darà ai comuni cittadini un enorme potere d'influenza politica a un costo relativamente basso. Moltissimi cittadini in futuro potranno così avere accesso a grandi quantità d'informazioni, in diversi formati, alle quali attingere su ordinazione o automaticamente attraverso l'uso dei televisori "intelligenti", appositamente programmati per immagazzinare o richiamare qualsiasi genere di dati.

Per gli americani sarà possibile in futuro non solo eleggere i propri governanti attraverso l'uso dei computer, ma anche rendere note le proprie opinioni riguardo la politica, le leggi e i temi che essi considerano maggiormente di rilievo. Il declino dell'importanza del fattore geografico sarà un altro aspetto del sistema politico nella repubblica elettronica del ventunesimo secolo, anche se il sistema politico egli Stati Uniti rimarrà comunque legato alle circoscrizioni territoriali che sono alla base della Costituzione americana.

I cittadini americani saranno sufficientemente pronti a formulare dei validi giudizi sul governo, soprattutto se consideriamo che lo potranno fare tramite mezzi elettronici?

La nuova generazione delle telecomunicazioni possiede un potenziale enorme assai utile per la democrazia americana. I critici più pessimisti vedono solo conseguenze disastrose per il futuro della democrazia nella repubblica elettronica. Si sostiene che una democrazia guidata dalla televisione sacrificherà con facilità gli interessi più importanti e duraturi della gente, in cambio di risultati immediati e tangibili. Molti temono le conseguenze di un eccesso di democrazia, argomentando che un sistema politico, nel quale per decidere è necessario consultare costantemente l'intera popolazione, pur disponendo delle più avanzate tecnologie di telecomunicazione, sia assolutamente impraticabile.

Anziché cercare di raggiungere una migliore qualità dell'informazione, i grandi media, ancora capaci di rivestire un ruolo importantissimo nella società americana, si stanno abbassando agli standard dello scandalismo e del sensazionalismo più infimi e più facilmente fruibili dal grande pubblico: storie di corruzione, crimini, deviazioni sessuali e pettegolezzi.

L'informazione sarà la sfida più impegnativa del prossimo secolo, e non si tratterà soltanto della gestione delle cosiddette autostrade informatiche né semplicemente delle condizioni di monopolio dei gestori dei canali informativi. Ancora una volta attraverso la libertà di stampa e d'informazione passa la capacità della società di porre l'uomo sua causa e suo fine. Sarà, quella dei prossimi anni, essenzialmente la sfida per una informazione libera e pluralista; una sfida dal cui esito dipende la nostra democrazia e, in definitiva, la libertà di tutti.

Detto che il linguaggio della politica è stato per molto tempo il politichese, quindi astratto e impreciso, quasi un sottocodice linguistico, nella futura ma anche prossima repubblica elettronica le questioni di carattere comunicativo si faranno più complesse e soprattutto non potranno interessare solo tecnici o professori di comunicazione o di linguistica.

"Comunicare la politica " utilizzando i media è il tema di analisi proposto da M.Livolsi e U.Volli, cercare di capire come il "modo" di comunicare (gli strumenti, i linguaggi, ecc.) sia spesso tanto efficace (e perché?) da rendere quasi secondario il "cosa" si comunica. Ciò che si tende a sottovalutare da parte di chi si ostina ad ignorare che vi è ormai una cultura (e una competenza) consolidata che fa ritenere egualmente importanti i contenuti della fiction tv e i discorsi politici che restano i contenuti privilegiati (ma quanto seguiti?) dell'informazione televisiva e a mezzo stampa.

Sarà possibile in futuro esaminare qualsiasi tipo di materiale che riguardi un candidato politico, sia esso video, audio o testuale su richiesta, semplicemente premendo su un telecomando o tramite un comando vocale, quindi visionare materiale televisivo, radiofonico o giornalistico su candidati o questioni politiche particolari; parlare con i candidati o con gli altri elettori all'interno di una virtuale assemblea cittadina elettronica diverrà cosa naturale e abituale.

Il rapporto tra media elettronici e democrazia è in questi anni al centro di un dibattito in cui si confrontano, con argomenti spesso preconcetti, gli entusiastici sostenitori della "nuova frontiera della democrazia" e coloro che temono l'avvento di un demagogico "governo dei sondaggi", guidato in realtà da chi detiene i mezzi per manipolare l'opinione pubblica.

Non è affatto facile dunque fare una previsione su come sarà la politica con i nuovi media. Ci troviamo a fare i conti con una società in continuo cambiamento, per questo nella ridefinizione della forma di governo rappresentativo non dobbiamo perdere di vista il delicato equilibrio tra locale e nazionale ma, soprattutto, tra interessi privati e collettivi e, ancora, tra principio di maggioranza e tutela delle minoranze. La via più equilibrata, che meglio può garantire alla popolazione i diritti di uno Stato democratico in un contesto moderno, è quella di approdare definitivamente e in maniera realmente diffusa al mondo delle comunicazioni interattive.

 

 

 

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