Verso una repubblica
elettronica?
Isabella Angius
Vorremmo affrontare il problema dell'impatto delle nuove tecnologie sul
sistema politico americano ma anche tentare di raccontare come negli ultimi anni è
cambiata la situazione italiana per esaminare la questione della democrazia in un tempo
nuovo, in cui i media "ridisegnano i luoghi della politica, abbattono i confini,
negano gli stessi vincoli dello spazio e del tempo, cancellano soggetti antichi e creano
soggettività nuove" (L. K.Grossman).
Si discute della trasformazione profonda di un'intera società, e non
solo in una specifica forma politica, dovuta alla diffusione delle nuove tecnologie della
comunicazione che ha radicalmente influenzato il modo di percepire la realtà, la
collettività e il senso stesso della convivenza civile.
Alle soglie del Duemila coesistono nel contesto americano utopie
positive e negative, speranze nell'avvento di un'inedita democrazia diretta, riconducibile
al miracolo democratico della polis greca, accanto al timore per un'eventuale
irreversibile affermazione dell'incubo orwelliano del Grande Fratello, e quindi di una
società della sorveglianza totale di tutto e tutti.
Il passaggio dalla tradizionale comunicazione verticale a quella
orizzontale, che offre ai destinatari la possibilità d'essere interlocutori attivi e non
più soltanto spettatori silenziosi e passivi, ha mutato la qualità della comunicazione,
con l'effetto di trasformare le tradizionali modalità di funzionamento del sistema
politico. A quest'effetto si associa quello di sostituzione legato alla nuova possibilità
d'intervento diretto dei cittadini, che potrebbe progressivamente privare di significato
il tradizionale sistema di selezione della classe dirigente, indebolendo o rafforzando i
diversi soggetti coinvolti nella dialettica democratica.
La democrazia della repubblica elettronica appare profondamente
modificata rispetto alla forma americana tradizionale della democrazia rappresentativa,
poiché in essa viene a ridursi la separazione tra chi attribuisce potere e chi lo
detiene, con il conseguente crollo delle barriere. Grazie all'uso delle tecnologie
interattive, i cittadini potranno accedere al processo politico in tempo reale, creando
una forma di populismo nuova e diversa, critica nei confronti del ruolo dei politici e
capace di valorizzare il peso delle consultazioni popolari.
La realizzazione della repubblica elettronica è stata resa possibile
da fattori diversi quali la moderna velocità dell'informazione, il crescente desiderio di
una politica più facilmente accessibile e la diffusa delusione nei confronti della classe
politica: l'affermazione dell'attuale forma di democrazia a più larga partecipazione è
stata inoltre favorita dallo sviluppo delle autostrade dell'informazione, che sembrano in
grado di offrire una versione elettronica dell'assemblea ateniese, nella quale il popolo
sarà in grado di intervenire direttamente nelle decisioni per il governo della nazione.
La consapevolezza che la politica del prossimo futuro non potrà fare a
meno della partecipazione diretta dei cittadini ci spinge ad evidenziare la nuova
centralità dell'opinione pubblica nel processo politico: capire che cosa pensa la gente,
interpretare l'opinione pubblica è divenuto così importante per i politici da riproporre
in nuova forma il dilemma se i leader debbano guidare o farsi guidare, e ha finito per
provocare mutamenti profondi nella leadership politica, alla quale oggi si richiede non di
saper governare ma un'inclinazione ad assecondare, cioè che il leader sia capace di
ascoltare e soddisfare i desideri degli elettori. La forte dipendenza dall'opinione
pubblica ci spiega l'invasività dei sondaggi, sulla cui attendibilità molti discutono,
considerandoli talvolta strumenti per confermare conclusioni prestabilite. Ciò impone
all'attenzione il problema dell'influenza sempre maggiore del denaro nel processo
politico, cioè dello strapotere delle lobbies e dei gruppi industriali e finanziari.
Noelle Neumann si pone a questo proposito un quesito importante, ovvero
"i media sono o no lo specchio dell'opinione pubblica?" La risposta che lei dà
è che in realtà sono proprio i media a creare l'opinione pubblica, in quanto
"forniscono la pressione ambientale alla quale le persone rispondono sollecitamente
con acquiescenza o con silenzio.
L'universo statunitense offre uno straordinario esempio d'interazione
fra trasformazione della comunicazione e cambiamento sociale e politico di un paese. Negli
Stati Uniti, più che in ogni altro contesto, l'informazione si è rivelata il mezzo più
decisivo di trasformazione della società. L'analisi della storia dei media americani e
del loro rapporto con la politica, talvolta ambiguo e sofferto e comunque sempre
problematico, evidenzia il diverso ruolo che i media ricoprono nella politica
statunitense. Essi funzionano sia come anello di congiunzione tra la gente e i leader che
come governo-ombra, se non come vero e proprio partito d'opposizione, ribadendo la
centralità del giornalismo negli Stati Uniti, riconosciuto dalla Costituzione come
strumento indispensabile alla dialettica democratica all'interno di una rigida logica di
mercato, nella quale la stampa resta l'unica impresa citata e salvaguardata dalla Carta
costituzionale.
Secondo molti la trave portante della futura repubblica elettronica è
il mezzo televisivo, responsabile di una serie di radicali trasformazioni nel modo di
percepire la realtà, la politica e il giornalismo: ai media, e alla tv in particolare, si
rimprovera di avere contribuito al rafforzamento del sistema e dei valori esistenti
attraverso la diffusione quotidiana e capillare di un'informazione politica. Essa offre
una visione altamente drammatizzata, frammentata e personalizzata della realtà politica e
sociale, invece di fornire ai cittadini gli strumenti interpretativi e le conoscenze utili
per la comprensione delle logiche del potere e per la soluzione dei maggiori problemi del
paese.
Ci sono quindi da un lato gli ottimisti che credono possibile la
realizzazione in terra americana di una nuova Atene senza schiavi, nella quale tutti
possano partecipare alla vita democratica come protagonisti grazie alle meravigliose
opportunità d'interazione offerte dalle tecnologie. I pessimisti temono le conseguenze
degli eccessi della democrazia, la concentrazione sempre maggiore nelle mani di pochi
soggetti di un numero crescente di canali e prodotti informativi, l'influenza negativa del
denaro e degli squilibri economici nel processo politico, che fanno alzare il prezzo della
politica dirottando pericolosamente le opinioni della gente; la professionalizzazione
della politica e la banalizzazione dell'informazione, che contribuisce in modo
determinante, eliminando il confine tra notizia e intrattenimento, alla progressiva
diffusione della sfiducia della gente, del qualunquismo e del cinismo.
Il "nuovo populismo", così come il vecchio, critica il ruolo
dei politici, valorizzando la democrazia diretta a scapito di quella rappresentativa. Ciò
che rende veramente diverso il populismo di oggi è il ruolo della tecnologia, capace di
rendere possibili grandi partecipazioni di massa in modi precedentemente inimmaginabili.
Municipi elettronici, sondaggi d'opinione in tempo reale, giurie popolari e altre
innovazioni basate, in parte, sulle nuove tecnologie delle comunicazioni, vengono proposte
come alternativa al cattivo governo e all'indifferenza della gente.
E' importante chiedersi se in un paese come gli Stati Uniti la
democrazia "elettronica" diretta sia fattibile o desiderabile.
Grossman pone con forza la questione del confronto tra la diversa
copertura dell'informazione politica offerta dalle tv commerciali, e da quelle finanziate
con fondi governativi. Il paese più democratico del mondo sta evolvendo verso un sistema
caratterizzato da una maggiore partecipazione politica. Questa trasformazione politica
della democrazia si è sviluppata grazie a due fattori: il cammino, durato due secoli,
verso l'uguaglianza di tutti i cittadini e l'esplosiva crescita dei nuovi media, con il
convergere di tv, satellite, cavo e computer.
La telecomunicazione interattiva permette a decine di milioni di
cittadini, ovunque essi si trovino, di ricevere le informazioni di cui necessitano per
entrare nel meccanismo governativo, per guadagnarsi l'accesso al regno della politica e,
infine, per recuperare almeno parte di quel potere sulle loro vite e sui loro beni che
loro credono sperperato dai politici. La repubblica elettronica ha già iniziato a
ridefinire i ruoli tradizionali del cittadino e del politico.
L'emergere della repubblica elettronica induce il bisogno di un nuovo
modo di pensare nuove procedure, nuove strategie politiche e anche nuove istituzioni,
affinché nel secolo che abbiamo di fronte non si vengano a creare maggioranze dispotiche,
tali da ledere i diritti individuali e delle minoranze.
In futuro essere cittadini sarà importante quanto essere leader
politici. In una ipotetica repubblica elettronica sarà essenziale considerare la politica
sia dal vertice verso il basso che dalla base verso l'alto.
Con l'invenzione del cinema alla fine dell'Ottocento, già prima della
nascita della televisione e della trasformazione della stampa a limitata diffusione
locale, il fatto che la parola scritta venisse sostituita dall'intensa esperienza
cognitiva di suoni e immagini, determinò l'inizio di una nuova era nel mondo della
comunicazione. La rivoluzione delle comunicazioni elettroniche esplose, poco più tardi,
negli anni '20 con la nascita della radio. Dopo solo venticinque anni la televisione
debuttò trionfalmente e si diffuse in modo sorprendente e senza precedenti.
La televisione è diventata l'elemento pubblico dominante, l'epicentro
della nostra vita. L'apparecchio televisivo rimane acceso nelle case degli americani, in
media, per oltre sette ore al giorno. Esso riempie per oltre la metà il tempo libero
degli americani: più di quattro ore, ogni giorno della settimana.
Da che cosa verrà maggiormente influenzata la politica del futuro? A
proposito della campagna presidenziale americana del 1988, Giovanni Sartori illustra il
problema in questi termini: "nella televisione USA la 'linea', la frase ad effetto,
si chiama sound bite. Ai giornalisti fa comodo ed i ghost writers (gli estensori dei
discorsi dei politici) ogni giorno gliela fornivano, in pillole sempre più compresse. I
media lamentano che quella del 1988 è stata una campagna senza issues, senza dibattito di
problemi. Ma questa è davvero faccia tosta: se le issues ci fossero state, non sarebbero
andate in onda. In 10 secondi non si può mica spiegare come Bush o Dukakis intendono
rimediare al deficit della bilancia dei pagamenti. La videopolitica, si riteneva, dà
senso e visibilità alla elezione diretta di un capo dello Stato. Invece no: il processo
non ha più senso e la visibilità non rivela nulla" (Sartori 1989).
La televisione, il mezzo di comunicazione di massa più influente in
assoluto, risente certamente dello sviluppo recente dei media interattivi, che il
vicepresidente Al Gore ha chiamato "Infrastruttura Informatica Nazionale",
altrimenti nota come autostrada informatica. Le previsioni sul futuro dei new media,
tuttavia, sono spesso esagerate.
Anzi, nell'epoca del video e delle trasmissioni digitali, forse non vi
saranno più i canali, ma quantità illimitate di dati e informazioni da tradurre in
qualsiasi tipo di formato elettronico. Attraverso le informazioni digitali, la
compressione dei segali, le fibre ottiche e l'espandersi dell'uso di tutte le nuove
tecnologie elettroniche, le informazioni potranno fluire liberamente, limitate solo dalla
disponibilità economica di chi fruisce di tali servizi. Esse viaggeranno tramite cavo,
avanti e indietro dai satelliti, attraverso l'etere.
La diffusione su larga scala delle comunicazioni di massa è
interpretata solitamente come un indicatore di modernizzazione, sviluppo sociale,
culturale, legato a flussi informativi liberamente ed equamente disponibili. Alla tv è
attribuita una funzione di "legame, nel mettere in relazione i componenti di diversi
sottogruppi culturali attraverso una comune esposizione ad un universo culturale più
ampio, popolare, dominante" (Hirsch 1978).
Si pone però la questione del cosiddetto modello del knowledge-gap,
che sposta l'attenzione sull'altro lato della medaglia. I media riproducono e accentuano
disuguaglianze sociali, sono strumenti di divaricazione delle differenze, non di
attenuazioni di esse, danno vita a nuove ed incisive forme di iniquità e di sviluppo
diseguale" (Gillespie-Robins 1989).
La rivoluzione delle telecomunicazioni interattive sta già cambiando
profondamente il sistema politico americano. "Con l'aumento della velocità di
diffusione delle informazioni" scriveva Mc Luhan "la tendenza in politica è
quella di allontanarsi dalla rappresentanza e dalla delega conferita agli eletti, per
avvicinarsi invece a un coinvolgimento diretto della collettività nelle decisioni di
governo".
I grandi partiti non dominano più la politica americana come un tempo.
La Cnn, la C-Span, la tv in diretta, i dibattiti radiofonici e gli spot, che riescono a
rendere gli spettatori e gli ascoltatori i diretti partecipanti dello scontro politico,
hanno totalmente sostituito i partiti. I partiti non sono riusciti ad adattarsi a tutto
questo, perdendo così molto del loro potere, della loro influenza nonché della loro
ragion d'esistere. L'iscrizione ai partiti è in calo. I mass-media, e soprattutto la tv,
riuscendo a raggiungere con facilità milioni di persone, hanno rimpiazzato la principale
funzione dei partiti politici.
Secondo il celebre anchorman Dan Rather, i talk show stanno per
soppiantare le forme più tradizionali di informazione e si offrono come mediazione
televisiva spontanea, senza filtri, "alla portata dello spettatore".
In Italia per la prima volta nel '94 si è verificato il caso dei
parlamentari eletti perché assidui partecipanti a trasmissioni televisive o perché
sponsorizzati dalle medesime (é il caso dell'ex ministro per la Famiglia Antonio Guidi).
Questa connessione esplicita tra la politica e talk show minerebbe una delle tesi
fondamentali su cui è retto il rapporto fra potere e televisione. La quale tesi,
formulata nel 1963 da Francesco Alberoni in una ricerca sociologica sul divismo, sostiene
che nella società dello spettacolo i grandi modelli di riferimento e di comportamento
sono offerti alla massa dai divi, da quella élite cioè che è protagonista dei grandi
mezzi di comunicazione. Ma a differenza del passato questa élite è esclusa dalla
gestione del potere.
I computer rendono possibile anche ai candidati meno noti o ai vari
comitati di comunicare con la gente in modo diretto, evitando del tutto i vecchi canali
privilegiati tipici dei partiti. Tichenor infatti sostiene che "a mano a mano che
aumenta la penetrazione dei media di informazione in un sistema sociale, i segmenti di
popolazione con lo status socioeconomico più alto tendono ad acquisire l'informazione
più velocemente dei segmenti di più basso livello socioeconomico, così che lo scarto di
conoscenza tra questi segmenti tende a crescere piuttosto che a diminuire". La
diffusione su base socialmente ristretta di una nuova tecnologia riapre la
"forbice" e rilancia nuove differenze nell'acquisizione di conoscenze. A questo
proposito si parla di "clusters tecnologici" per indicare che la familiarità
con una tecnologia incrementa la disponibilità e la competenza verso nuove tecnologie (è
stato verificato che ad esempio l'uso del personal computer è associato ad atteggiamenti
favorevoli e positivi verso gli altri nuovi media: cfr. Williams 1988).
Negli scenari sociali contemporanei o prossimi venturi la questione
dell' "information inequity" (Salvaggio 1986) è una delle più rilevanti: la
diffusione della tv via cavo, via satellite, dei computers e dei vari sistemi videotext,
comporta effetti sociali peculiari proprio dal punto di vista della diffusione socialmente
ineguale delle conoscenze, dei nuovi stili e livelli di alfabetizzazione e di competenze
comunicative.
I "ricchi di informazione" hanno inoltre maggiore
possibilità di riuscire a gestire gli strumenti e le tecnologie che consentono di
mettersi al riparo dal pericolo di overload, cioè in definitiva maggiore possibilità di
fruire effettivamente degli aumentati flussi informativi, evitando così di rimanere
vittime del sovraccarico, e questo comporta un ulteriore vantaggio. C'è anche da
considerare che "i già ricchi di informazione richiedono conoscenze specializzate
che soltanto le nuove tecnologie sono in grado di fornire" (Rogers 1986).
Stiamo cominciando solo ora a capire il potente impatto politico dei
nuovi media elettronici: le petizioni via fax, le reti interattive on-line, le tastiere
interattive per votare, i sondaggi tramite i numeri verdi, i modem, i telecomputer e i
teleprocessori sono ormai mezzi indispensabili per scambiare informazioni ed esternare le
proprie opinioni. Le reti digitali di collegamento fra computer conferiscono alle persone
che hanno interessi in comune i mezzi necessari per unire le proprie forze, per
condividere informazioni di comunicare.
Non possiamo dire con certezza come e quando i nuovi mezzi tecnologici
saranno totalmente integrati nelle tradizionali pratiche democratiche. Certo la
rivoluzione dei media elettronici sta procedendo a passo molto rapido. John Seely Brown:
"Se usate con attenzione, queste tecnologie possono dare alla società intera
l'opportunità di coinvolgere sempre più persone nella vita democratica con modalità
completamente nuove. La tecnologia dei media elettronici dà realmente la possibilità di
aumentare il potere della gente comune, del resto sempre più esautorata e disillusa, sia
nella vita lavorativa che in quella sociale".
Nel bene e nel male, la possibilità di interagire con i mezzi
elettronici darà ai comuni cittadini un enorme potere d'influenza politica a un costo
relativamente basso. Moltissimi cittadini in futuro potranno così avere accesso a grandi
quantità d'informazioni, in diversi formati, alle quali attingere su ordinazione o
automaticamente attraverso l'uso dei televisori "intelligenti", appositamente
programmati per immagazzinare o richiamare qualsiasi genere di dati.
Per gli americani sarà possibile in futuro non solo eleggere i propri
governanti attraverso l'uso dei computer, ma anche rendere note le proprie opinioni
riguardo la politica, le leggi e i temi che essi considerano maggiormente di rilievo. Il
declino dell'importanza del fattore geografico sarà un altro aspetto del sistema politico
nella repubblica elettronica del ventunesimo secolo, anche se il sistema politico egli
Stati Uniti rimarrà comunque legato alle circoscrizioni territoriali che sono alla base
della Costituzione americana.
I cittadini americani saranno sufficientemente pronti a formulare dei
validi giudizi sul governo, soprattutto se consideriamo che lo potranno fare tramite mezzi
elettronici?
La nuova generazione delle telecomunicazioni possiede un potenziale
enorme assai utile per la democrazia americana. I critici più pessimisti vedono solo
conseguenze disastrose per il futuro della democrazia nella repubblica elettronica. Si
sostiene che una democrazia guidata dalla televisione sacrificherà con facilità gli
interessi più importanti e duraturi della gente, in cambio di risultati immediati e
tangibili. Molti temono le conseguenze di un eccesso di democrazia, argomentando che un
sistema politico, nel quale per decidere è necessario consultare costantemente l'intera
popolazione, pur disponendo delle più avanzate tecnologie di telecomunicazione, sia
assolutamente impraticabile.
Anziché cercare di raggiungere una migliore qualità
dell'informazione, i grandi media, ancora capaci di rivestire un ruolo importantissimo
nella società americana, si stanno abbassando agli standard dello scandalismo e del
sensazionalismo più infimi e più facilmente fruibili dal grande pubblico: storie di
corruzione, crimini, deviazioni sessuali e pettegolezzi.
L'informazione sarà la sfida più impegnativa del prossimo secolo, e
non si tratterà soltanto della gestione delle cosiddette autostrade informatiche né
semplicemente delle condizioni di monopolio dei gestori dei canali informativi. Ancora una
volta attraverso la libertà di stampa e d'informazione passa la capacità della società
di porre l'uomo sua causa e suo fine. Sarà, quella dei prossimi anni, essenzialmente la
sfida per una informazione libera e pluralista; una sfida dal cui esito dipende la nostra
democrazia e, in definitiva, la libertà di tutti.
Detto che il linguaggio della politica è stato per molto tempo il
politichese, quindi astratto e impreciso, quasi un sottocodice linguistico, nella futura
ma anche prossima repubblica elettronica le questioni di carattere comunicativo si faranno
più complesse e soprattutto non potranno interessare solo tecnici o professori di
comunicazione o di linguistica.
"Comunicare la politica " utilizzando i media è il tema di
analisi proposto da M.Livolsi e U.Volli, cercare di capire come il "modo" di
comunicare (gli strumenti, i linguaggi, ecc.) sia spesso tanto efficace (e perché?) da
rendere quasi secondario il "cosa" si comunica. Ciò che si tende a
sottovalutare da parte di chi si ostina ad ignorare che vi è ormai una cultura (e una
competenza) consolidata che fa ritenere egualmente importanti i contenuti della fiction tv
e i discorsi politici che restano i contenuti privilegiati (ma quanto seguiti?)
dell'informazione televisiva e a mezzo stampa.
Sarà possibile in futuro esaminare qualsiasi tipo di materiale che
riguardi un candidato politico, sia esso video, audio o testuale su richiesta,
semplicemente premendo su un telecomando o tramite un comando vocale, quindi visionare
materiale televisivo, radiofonico o giornalistico su candidati o questioni politiche
particolari; parlare con i candidati o con gli altri elettori all'interno di una virtuale
assemblea cittadina elettronica diverrà cosa naturale e abituale.
Il rapporto tra media elettronici e democrazia è in questi anni al
centro di un dibattito in cui si confrontano, con argomenti spesso preconcetti, gli
entusiastici sostenitori della "nuova frontiera della democrazia" e coloro che
temono l'avvento di un demagogico "governo dei sondaggi", guidato in realtà da
chi detiene i mezzi per manipolare l'opinione pubblica.
Non è affatto facile dunque fare una previsione su come sarà la
politica con i nuovi media. Ci troviamo a fare i conti con una società in continuo
cambiamento, per questo nella ridefinizione della forma di governo rappresentativo non
dobbiamo perdere di vista il delicato equilibrio tra locale e nazionale ma, soprattutto,
tra interessi privati e collettivi e, ancora, tra principio di maggioranza e tutela delle
minoranze. La via più equilibrata, che meglio può garantire alla popolazione i diritti
di uno Stato democratico in un contesto moderno, è quella di approdare definitivamente e
in maniera realmente diffusa al mondo delle comunicazioni interattive.