I lettori scrivono
Caso Silone, i fatti e le congetture
From: "Yukari Saito" <yukaris@tin.it
To: <caffeeuropa@caffeeuropa.it
Subject: Ignazio Silone
Date: Tue, 20 Jul 1999
Gentile Signore,
Sono una traduttrice giapponese di vari scrittori italiani tra i quali
Ignazio Silone. Ho letto il suo articolo "La doppia vita di Silone" solo poco
fa. E pur non facendo parte dei cosiddetti "difensori di Silone", anzi forse
proprio per il fatto che non ne faccio parte, sento il bisogno di scriverle una nota con
qualche precisazione e domanda, e lo faro' tenendo in considerazione anche gli ulteriori
sviluppi che questa vicenda ha avuto negli ultimi mesi.
Lei scrive: "In tutto questo si e' inserita pero' una nota
stonata. La scoperta negli archivi, a partire dal 1996, di una documentazione sempre piu'
fitta riguardante l'attivita' di informatore dell'apparato repressivo fascista svolta da
Silone durante la sua militanza nel Pci".
Innanzitutto, come si e' ripetutamente detto e scritto in vari luoghi e
occasioni, non e' vero che sia stata una scoperta, anche se chi l'aveva fatto ha creduto
che lo fosse. La novita' c'e' stata solo nella sua interpretazione.
Lei continua: "Dopo una prima relazione di polizia portata alla
luce dal professor Dario Biocca, scoperte e rivelazioni si sono via via susseguite, con
tanto di lettere autografe dell'allora dirigente comunista, fino a comporre un quadro
inequivocabile".
A quanto ci risulta dagli articoli, i documenti autografi sono pochi e
tutti i documenti citati offrono in realta' piu' di una possibilita' d'interpretazione. E'
da precisare che anche l'interpretazione esposta dai due ricercatori, - per lo meno piena
di "se" e "ma" - non e' che una delle ipotesi, tale comunque da non
essere oggettivamente definibile come "fatti". E le varie ipotesi alternative
sono gia' state esposte, non sempre per difendere "i ricordi affettuosi dello
scrittore" e continueranno ad essere esposte forse in un modo molto piu' sobrio,
quasi schivando scalpori giornalistici.
Se chi legge i documenti riesce a trovarne solo una possibilita'
d'interpretazione, semmai il problema e' suo, non di Silone. Per quanto alzi il tono, non
potra' pretendere che la sua versione sia considerata "inequivocabile". In ogni
modo, mi piacerebbe sapere se "i documenti" a Lei sembrano davvero comporre un
quadro "inequivocabile" oppure scrive cosi' perche' la tesi dei due ricercatori
e' esposta come se componesse un quadro inequivocabile?
Lei scrive ancora: "In sintesi, ecco gli elementi che i due
studiosi considerano acquisiti sulla base di fonti molto solide". Ma quelle che lei
chiama "fonti molto solide" sono sempre solamente opinioni. Ammetto che i due
ricercatori sono stati abbastanza in gamba nel presentarle come fatti
"inequivocabili" agli occhi di un NON lettore di Silone. Ma chi ha avuto
opportunita' di leggere le opere di Silone con lo stesso atteggiamento dell'autore, che le
aveva scritte sempre per "capire e farsi capire", si rendera' subito conto di
quanto le ipotesi di Biocca e Canali siano piene di contraddizioni. E si porra' una serie
di interrogativi, gia' posti anche dai suoi "difensori", ai quali i due signori
non sanno rispondere (ci ho provato anch'io personalmente).
Le faccio un elenco di solo alcuni punti, forse i piu' fondamentali:
Come spiegare il silenzio di Togliatti, ministro dell'Interno,
con tutti i documenti in mano e mille motivi per screditare "il rinnegato"?
Come mai Silone ha potuto sopravvivere fino alla bella eta' di
78 anni, senza essere scoperto da una parte o dall'altra, mentre aveva innumerevoli
nemici, essendo stato sempre una presenza scomoda per chi aveva il potere?
Perche' mai Silone, per il quale esistono abbondanti
testimonianze che ne' da giovanissimo ne' da adulto fu mai interessato al benessere
materiale e anche se lo fosse stato, avrebbe avuto tanti altri modi per guadagnarsi la
vita senza rischiare in quel modo, avrebbe voluto o dovuto avvicinarsi niente meno al
nemico dichiarato di tutta la sua vita, "la dittatura"?
Appunto, la scelta della sua vita di andare allo sbaraglio
risale a molto prima che il cosiddetto fascismo comparisse sulla scena politica, come i
presunti legami tra Silone e Bellone risalgono a prima del 1918, in che modo spiegare
questa quasi assurda sottomissione al fascismo, se non per aiutare in qualche modo i suoi
oppositori?
E chi sa leggere le sue opere - con una minima onesta
intellettuale - non potrebbe ignorare quali furono i fatti o episodi determinanti della
vita di Silone. E si chiedera' che bisogno c'era di "raddoppiare" la propria
esistenza in quel modo ecc. ecc.
Durante tutte queste polemiche, molti mezzi di comunicazione, secondo
me, hanno aggravato le situazioni gia' complicate a causa della confusione assai
grossolana dell'uso dei termini: come usare la parola "fatto" al posto di
"ipotesi", oppure ingigantire la superficialita' e banalita'
dell'interpretazione, come se "la doppiezza" fosse riferita ai rapporti
paralleli con il funzionario della polizia e con la direzione del Partito comunista,
mentre l'autore della lettera, molto probabilmente, si riferiva alla sua faticosa ricerca
di essere coerente al suo ideale di stare con gli oppressi all'interno dell'apparato che
si stava allontanando da loro sempre di piu'.
(Le consiglierei una rilettura molto attenta della lettera di Silvestri
del 13 aprile 1930, probabilmente uno dei pochi documenti attribuibili a Silone, una
lettura indipendente dall'interpretazione di Biocca. E se lei conoscesse bene tutte le
opere di Silone, non dovrebbe sfuggirle una interpretazione molto diversa dalla sua).
Insomma, trovo piuttosto squallido e triste vedere che non pochi
italiani leggono una cosa e, anziche' cercare di capirla fino in fondo, la interpretano in
modi che svelano soltanto la scarsita' e l'ottusita' umana e intellettuale nonche'
l'ignoranza sulla natura umana di loro stessi. (Anche se una parte di me rimane quasi
divertita davanti alla fantasiosita' illimitata di certe persone che vedono le
"uscite di sicurezza" dove l'autore del libro non avrebbe nemmeno sognato. Forse
anche lui si sarebbe divertito)
Questa dolorosa constatazione - condivisa da diverse persone - viene da
una straniera, in Italia da quasi 15 anni, che, consapevole del proprio svantaggio
linguistico e culturale, ha sempre cercato di moltiplicare l'attenzione e le riflessioni,
e non riguarda solo il caso "Silone". E cio', credo, possa offrirle una delle
prove che non tutti quelli che contestano le "ipotesi" di Biocca e Canali siano
"difensori amici che l'hanno conosciuto e amato" ne' "l'unico argomento dei
difensori di Silone si riduce alla loro stima per l'uomo e lo scrittore che hanno
conosciuto e amato".
Cordiali saluti.
Yukari Saito
La risposta di Antonio Carioti
Gentile signora,
non era mia intenzione ostentare certezze assolute sul caso Silone. Se
le ho dato questa impressione, me ne scuso. Ma mi consenta di ricordare che io stesso ho
scritto, nel pezzo cui lei si riferisce, che "per rendere conto di una simile vicenda
le fredde risultanze degli archivi non bastano".
Proprio perche' siamo consapevoli di quanto la questione sia complessa
e delicata, su "Caffe' Europa" abbiamo pubblicato, dopo l'articolo incriminato,
un lungo forum sullo stesso tema con alcuni autorevoli studiosi, accompagnato da un
intervento di Federigo Argentieri. Puo' leggere questo materiale nei nostri archivi,
consultando il numero 38 della rivista. Inoltre sul fascicolo del mensile
"Reset" attualmente in edicola trovera' un breve saggio in cui il professor
Giuseppe Tamburrano polemizza aspramente con Biocca e Canali.
Per quanto riguarda la mia personale posizione, credo che sia
fondamentale separare i dati acquisiti dalle congetture e dalle interpretazioni. Un fatto
indubbio e' che il dirigente comunista Secondino Tranquilli, poi noto come Ignazio Silone,
era in cordiali rapporti con il funzionario di polizia Guido Bellone e gli inviava notizie
sull'attivita' del partito. Cio' mi sembra acclarato, sulla base dei documenti pubblicati
e di quelli che continuano a uscire. Non ritengo che le informative del confidente
Silvestri possano essere attribuite ad altri che a Silone: tra l'altro provengono
esattamente dai luoghi dove egli svolgeva la sua militanza politica.
Sulla portata, il significato e le ragioni di questa vicenda la
discussione e' aperta e mi fa piacere che lei abbia voluto partecipare con la sua lettera.
Mi lasci precisare, pero', che Palmiro Togliatti non fu mai ministro dell'Interno, bensi'
della Giustizia, e che, come tale, non aveva alcun accesso privilegiato alle carte della
polizia fascista.
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