Caffe' Europa
Attualita'



Prova d’orchestra

Michele Salvati

 

Quelli della mia età ricordano bene un piccolo gioiello di Federico Fellini, Prova d’orchestra, lo ricordano per averlo insieme amato e odiato: è la breve storia di un gruppo di orchestrali riottosi, che non riconoscono (a ragione, mi pare di ricordare) l’autorità del direttore e non riescono a mettersi d’accordo su che cosa e come suonare, sino a che il pericolo imminente –nella forma di un maglio che sta per abbattere il teatro- li fa tornare all’antica disciplina. Nel clima sessantottino in cui il film uscì non furono in molti ad apprezzarne il messaggio: qualunquistico o reazionario, questi i giudizi più condivisi nella mia generazione e nella mia parte politica. E qualunquistiche e reazionarie sembreranno le cose che sto per dire.

Contestare il Presidente del Consiglio, soprattutto da parte della sua maggioranza, è fin troppo facile: quel grande sondaggio di opinione che sono state le elezioni europee, effettuato a 3/5 della legislatura nazionale, ci dice con chiarezza due cose, l’una che riguarda il disegno politico del nostro direttore d’orchestra, l’altra la sua attività di governo. Circa il primo ci dice che gli elettori (sinora) non hanno gradito il disegno che Massimo D’Alema ha sempre avuto in mente da quand’era segretario del Pds e poi dei Ds: la scommessa sui partiti così come sono e una considerazione puramente strumentale e tattica della coalizione.

Circa la seconda, ci dice che gli elettori – e soprattutto quelli delle zone più ricche ed evolute del paese- non apprezzano (per ora) la strategia di governo che è stata adottata dopo la caduta di Prodi. Valgano i fatti: agli elettori non è piaciuta l’estromissione in parlamento del premier che essi avevano scelto al momento delle elezioni politiche del 1996, tant’è vero che l’hanno adeguatamente ricompensato alle europee; e non mostrano di gradire le politiche che il governo sta seguendo, tant’è vero che chiedono una sterzata in direzione diversa: che altro vuol dire il clamoroso successo della Lista Bonino al Nord? Che gli elettori settentrionali sono più propensi dei meridionali a farsi ingannare dagli spot televisivi? Dunque, per i rissosi orchestrali della maggioranza, c’è di che contestare e bombardare il quartier generale.

Può darsi che gli elettori si sbaglino. La caduta di Prodi non è colpa di D’Alema, come non è colpa sua la frammentazione e l’instabilità dei partiti di centro che guardano, per interesse sincero o per convenienza, a sinistra. Ed è tutto da provare che Prodi avrebbe fatto meglio di D’Alema come Presidente del consiglio, una volta archiviata la gloriosa rincorsa dell’Euro. O che farebbe meglio un governo di centro-destra: non è ancora nato un Ercole che sia in grado di pulire il letame accumulato da decenni nelle stalle di Augia della nostra economia e della nostra società, presto, bene e senza scontentare nessuno. In questa fase, e per un’economia così mal ridotta come la nostra, il potere logora chi ce l’ha. Ma gli elettori hanno sempre ragione, anche quando si sbagliano, e i messaggi che hanno mandato sono chiarissimi. Rimangono 2/5 di legislatura, se tutto va bene, e la situazione è seriamente compromessa, ma non ancora irrecuperabile: vogliamo ascoltare i messaggi che sono arrivati?

Il primo è semplicissimo. Gli ascoltatori vogliono un’orchestra affiatata e un direttore autorevole, e il contratto sarà rinnovato solo se l’orchestra avrà successo. Può darsi che alcune (piccole) sezioni di suonatori possano salvarsi anche se l’orchestra viene licenziata, facendosi assumere dall’orchestra concorrente: ma per il grosso ciò non può avvenire. Fuor di metafora: non c’è salvezza per i partiti della coalizione se il governo funziona male e se la maggioranza è percepita come incoerente e rissosa. Questo può sembrare, a quei membri della coalizione che si sentono poco apprezzati nella loro identità e poco valorizzati nelle loro competenze (…vediamo le cose dal lato buono!), il solito discorso reazionario alla Menenio Agrippa: ma in un sistema bipolare di coalizione il giudizio degli elettori viene dato sull’insieme dell’attività di governo e i singoli partiti sbagliano se vogliono smarcarsi.

Non esiste che il governo perda e singoli partiti della maggioranza vincano! Nella logica della prima repubblica, ovviamente, le cose stavano in modo diverso, e per i singoli partiti non solo era poco costoso, ma addirittura opportuno "smarcarsi", riaffermare di continuo la propria identità, addirittura provocare una crisi, allo scopo di ottenere una posizione migliore nel governo successivo, un governo che sarebbe stato composto, più o meno, sempre dagli stessi partiti: oggi le cose sono cambiate e questo cambiamento è essenziale per chi valuta in modo positivo la scomparsa della melassa centrista della prima repubblica e l’avvento di un sistema di alternanza. Dunque, qualsiasi iniziativa che rafforzi i legami di coalizione, che comporti significative cessioni di sovranità, insomma, che dia agli elettori l’immagine di un polo coeso e affiatato è un passo che va nella direzione giusta.

Più presto detto che fatto, perché per costruire una coalizione coesa (o che sembri tale agli elettori), occorre risolvere due problemi non piccoli. Il primo è quello di un minimo di coerenza programmatica e di fiducia reciproca tra i partiti della coalizione. Queste c’erano ai tempi dell’Ulivo, che però aveva bisogno del sostegno esterno di Rifondazione. Ci sono oggi, in una maggioranza che deve andare da Buttiglione a Cossutta? Ci saranno domani, se si vorrà estendere la maggioranza anche alla Lega? Se intanto si vuole partire dal "nucleo duro" del vecchio Ulivo, da Ds, popolari e verdi con l’aggiunta del lievito dei Democratici, non si entra forse in rotta di collisione con quella maggioranza più estesa che deve, giorno dopo giorno, sostenere il governo? E comunque, dal 1996, mai i rapporti tra le forze del nucleo duro, pur programmaticamente vicine, sono stati più tesi. Insomma: senza un qualche deus ex machina, per esempio un nuovo referendum elettorale, faccio fatica a vedere una soluzione.

Meno grave il secondo problema, quello della premiership. Io credo che sia prematuro parlarne, se non altro per motivi scaramantici, ma, siccome se ne parla, qualcosa bisogna dire. Quali che siano i marchingegni formali prescelti, primarie o altro, questi sono efficaci se consentono di identificare la persona che ha maggiori chance di condurre alla vittoria elettorale la coalizione e poi, ovviamente, di governare bene. E’ su questa base che fu fatta, senza primarie, l’ottima scelta di Prodi e dovrà essere fatta quella del premier alle prossime elezioni. In concreto: se sarà diffusamente percepito come un premier che ha governato bene, a me sembra ovvio che la scelta dovrà ricadere su Massimo D’Alema, con tutti i suoi grandi difetti ma anche le sue grandi capacità. Se avrà governato male, la scelta è irrilevante perché con qualsiasi alternativa –salvo forse quella di Romano Prodi, che però non è disponibile- il Centro-sinistra è destinato alla sconfitta.

Il secondo messaggio è altrettanto semplice, ed è strettamente legato al primo: un’orchestra affiatata, un direttore autorevole, ma per suonare che cosa? Qual è, tra le possibili musiche che possono piacere agli ascoltatori, quella che un’orchestra di centro-sinistra può suonare meglio? Che avrà successo? Che indurrà l’impresario a rinnovare il contratto? Di musiche ce ne sono tante, come sappiamo, e qui non posso entrare nel merito, anche se, accennando alla Lista Bonino, ho fatto capire le mie preferenze. Ma anche senza entrare nel merito, c’è un carattere comune a tutte le performance di successo, un carattere necessario anche se non sufficiente: l’ascoltatore deve capire la musica che viene suonata. Data la fase economica in cui viviamo, data la pesantissima eredità del passato, data l’eterogeneità dei "riformismi" di cui questa maggioranza si compone, la musica che il governo può suonare non è una musica facile: ma proprio per questo deve suonarla particolarmente bene, con forza e con convinzione, facendo intuire – anche a chi non gradisce il genere - che si tratta di una musica coerente e ben costruita. Questo è avvenuto con il governo Prodi, durante il quale l’obiettivo dell’ingresso nell’Euro è stato il Leitmotiv che tutti hanno compreso e molti apprezzato. Dopo si sapeva che le cose sarebbero state più difficili, che nessun Leitmotiv così evidente avrebbe dato coerenza alle innumerevoli iniziative di sviluppo e di razionalizzazione che il governo doveva intraprendere. A volte il governo è stato proprio sfortunato (Ocalan, crisi economica, Kosovo). A volte non ha suonato bene, con sufficiente energia e coerenza (la vicenda delle pensioni è emblematica).

Ma soprattutto non ha spiegato come i diversi settori della sua azione convergano in un disegno d’insieme: la sanità sembra una riserva esclusiva della Bindi, le politiche fiscali di Visco, la scuola di Berlinguer, dalle riforme amministrative e dal decentramento è stato tolto Bassanini e non si sa come procedano, la missione di Amato ancora non si capisce, e via a seguire. Blair ha uno staff apposito, guidato da David Miliband, che non soltanto garantisce la coerenza delle comunicazioni esterne dei singoli ministri con il disegno del premier, ma di fatto ne controlla la reale coerenza interna e assicura che il pubblico percepisca il progresso del programma. Questo è possibile solo in quella vera e propria dittatura democratica che è il premierato inglese e non certo in un governo che va sempre più assomigliando ai vecchi governi di coalizione: qualcosa di più, però, si può fare se il bipolarismo è preso sul serio, anche da parte di un presidente del consiglio che non è stato direttamente designato dagli elettori.

Se la turbolenza degli orchestrali si attenua, se viene scelta e ben suonata una musica coerente, se le condizioni ambientali migliorano e l’economia si mette a tirare un po’ prima delle scadenze elettorali, non è impossibile che il centro-sinistra possa passare indenne le elezioni regionali e arrivi a vincere le politiche: nonostante le mosse intelligenti degli ultimi tempi, Berlusconi rimane un avversario battibile. Ma l’inversione dell’andamento attuale, sia sul piano dei rapporti interni alla coalizione, sia su quello del programma, dev’essere percepita molto presto dagli elettori.

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio attualità

 


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier |Reset Online |Libri |Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media |Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo