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Sinistra, come ricuciamo adesso?

Michele Salvati


Quando un'elezione va male - e mi sto riferendo alle europee, perché i variabili risultati delle amministrative dipendono da storie locali - inevitabilmente si scatena, in qualsiasi partito in cui si confrontano due linee, questo tipo di dibattito: "le elezioni sono andate male perché non si è proceduto con decisione sulla linea nuova"; "le elezioni sono andate male perché si è voluto abbandonare la linea vecchia". È ciò che sta succedendo, drammaticamente, in Alleanza nazionale e, per ora in modo più diplomatico, anche a casa nostra.

Io credo che non abbiamo ancora i dati, e molti tra noi (me incluso) neppure la competenza, per studiare in modo serio le ragioni della sconfitta elettorale dei Ds. Credo però che esista un punto comune dal quale potremmo partire, e sul quale si registra un pieno accordo tra le due linee che ho appena indicato: che non giova ad un partito presentarsi agli elettori con un'immagine divisa e irresoluta, come il contenitore di due posizioni diverse delle quali non si sa quale risulterà prevalente: guerra o pace, coalizione forte o partiti forti, flessibilità o rigidità nel mercato del lavoro, difesa a oltranza dell'assetto Dini sulle pensioni o sua ulteriore e immediata riforma, concertazione a tutto campo o primato del governo e del parlamento, riduzione della spesa pubblica e delle tasse o loro mantenimento, stato o mercato.

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Queste contrapposizioni sono esagerate e caricaturali, ma Berlusconi e la Bonino hanno vinto con le caricature della loro e della nostra posizione: la politica di oggi richiede immagini semplici e quando c'è un conflitto di linee, quando c'è incertezza, un'immagine semplice non si riesce proprio a dare. Blair ha vinto (anche) perché ha avuto un eccellente spin doctor, come gli inglesi chiamano chi cura il messaggio del partito verso gli elettori, e Berlusconi è un eccezionale spin doctor di se stesso: ma neanche il più geniale dei pubblicitari sarebbe riuscito a cavare un messaggio forte, un'immagine semplice e attraente, da un partito che sta permanentemente in mezzo al guado. Insomma, alcune scelte dobbiamo proprio farle. Dobbiamo farle sia per quanto riguarda i "contenitori" della politica (la forma partito, la natura delle alleanze, le primarie, il disegno delle riforme elettorali e costituzionali che auspichiamo), sia per quanto riguarda i contenuti.

Quanto ha pesato la cacciata di Prodi da palazzo Chigi sui risultati del 13 giugno? Sicuramente tantissimo, se non altro perché con Prodi Presidente del Consiglio non ci sarebbe stato l'Asinello. Solo per questo? Non si è trattato forse di una ferita più profonda a quel modo di far politica in cui tanti, anche tra i Ds, avevano creduto? E come ricuciamo adesso? Con un nuovo Ulivo? Ma dove sono lo spirito, la fiducia, le illusioni forse, dell'aprile del 1993? Con le due gambe e una bella margherita? Cioè, fuori dal politichese, inducendo il centro "che guarda a sinistra" a coalizzarsi e poi alleandosi a questo centro coalizzato?

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Ma, a parte il fatto che se riescono a coalizzarsi è un fatto loro (e non è poi detto che, se ci riescono, continuino a "guardare a sinistra"), i Ds verrebbero così ricacciati nella sinistra più tradizionale. È certo una possibilità, ma non sarebbe facile rivendicare da questa posizione la Presidenza del Consiglio. E soprattutto dobbiamo farle per quanto riguarda i contenuti, che è ciò che maggiormente interessa gli elettori. Quella di Salvi, Fumagalli e tanti altri (il manifesto contro la guerra ha ricevuto moltissime adesioni!) è una linea seria, che delinea una identità ben definita, "nobilmente tradizionale", si sarebbe detto una volta. Se prevalesse, il partito potrebbe stabilire rapporti migliori con le forze alla sua sinistra e forse recuperare molti compagni che per delusione si sono allontanati.

Personalmente credo che si tratti di una linea sbagliata, e neppure di sinistra, se con questo termine facciamo riferimento a valori di eguaglianza e solidarietà presi sul serio. E credo che il partito, se la perseguisse, si condannerebbe a un ruolo non di protagonista, ma di eventuale condizionatore di una coalizione di governo di cui non potrebbe avere le leve principali: non è un caso che le nostalgie proporzionalistiche sono così forti nell'ala sinistra (in senso convenzionale) del partito.

Personalmente ritengo preferibile l'altra linea che alcuni partiti socialdemocratici europei stanno perseguendo, quella delineata nel documento Blair-Schröder. Che questi due signori siano stati sconfitti nelle elezioni europee a causa di questa linea è un'affermazione altrettanto indimostrata di quella secondo cui Jospin avrebbe vinto a causa della linea "più di sinistra" del suo partito. Io non so quanti abbiano letto il documento per intero. Per un partito della sinistra italiana avrebbe certo bisogno di numerosi adattamenti; nel complesso, però, a me sembra che si tratti di una buona combinazione tra l'esigenza di adattarsi a questa fase di sviluppo dell'economia mondiale (senza questo "adattamento" non c'è sviluppo e crescita dell'occupazione) e l'affermazione nel concreto di quei valori di solidarietà ed eguaglianza senza i quali la sinistra non esiste.

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La stessa combinazione che il governo afferma di voler perseguire. Insomma, dobbiamo scegliere, sia sul "contenitore", sia sui contenuti; sia sull'organizzazione del centro-sinistra e sul ruolo che i Ds devono giocare in essa, sia sulle politiche che il centro-sinistra deve proporre. Solo allora potremo passare la mano agli spin doctor, ai semplificatori, ai creatori di immagini, e sperare che cavino dalla nostra proposta un messaggio vincente. Mi rendo conto che la scelta è costosa, che può produrre ulteriori lacerazioni: ma in politica, come in economia, non ci sono pranzi gratis e ho proprio l'impressione che siamo arrivati al termine di una strada in cui i chiarimenti dolorosi sono sempre stati rimandati.

Può darsi che mi sbagli. Può darsi che il mio sia un amore intellettualistico per l'autocoscienza, per le posizioni chiare e distinte. Può darsi che le elezioni europee non siano un campanello d'allarme ma l'espressione di un malessere passeggero, che un maggiore sforzo organizzativo a livello di partito e buoni risultati del "nostro" governo saranno in grado di superare. Può darsi che il chiarimento non sia così lacerante, che un compromesso serio e "vendibile" agli elettori possa essere raggiunto. Può darsi che sia così, anzi lo spero. Ma temo di no. Tutti noi ricordiamo Moretti: "Parla. Dì qualcosa. Dì qualcosa di sinistra!". Cambierei l'ultimo invito: "Dì qualcosa che si capisca!". Poi, a seconda di quel che si dice, a qualcuno sembrerà di sinistra vecchia e perdente. Oppure di sinistra così nuova da sembrare... destra. Ma prima facciamoci capire.

 

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