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I Pinocchio della ricerca scientifica.

Andrea Begnini

 

Il 24 aprile 1984 nel corso di una conferenza stampa convocata a Washington lo scienziato americano Robert Gallo dichiaro’ di essere riuscito per primo a isolare il virus, fino ad allora sconosciuto, responsabile dell’Aids e inoltre di avere approntato un test diagnostico in grado di rivelarne la presenza nell’organismo umano. La verita’, emersa con stringente evidenza soltanto molti anni dopo, porto’ alla luce il fatto che il virus in questione era gia’ stato precedentemente scoperto presso l’Istituto Pasteur di Parigi diretto da Luc Montagnier e replicato, sembra all’insaputa dello stesso Gallo che stava invece lavorando su un virus sbagliato, da uno dei suoi collaboratori. Con il virus dei francesi l’equipe dello scienziato americano pote’ annunciare al mondo la sensazionale scoperta precedendo i rivali e aggiundicandosi cosi’ anche il brevetto miliardario sul test diagnostico per questa malattia. Si tratta soltanto di uno dei più famosi e recenti casi di truffa scientifica che hanno visto coinvolti ricercatori più o meno famosi di tutto il mondo. Un altro caso eclatante, divenuto famoso come il Watergate della scienza, è quello che negli Anni Ottanta ha visto coinvolto il premio Nobel per la medicina David Baltimore, autore di una serie di importanti studi sui geni e l’ereditarietà delle malattie fondati su esperimenti di laboratorio truccati; lo scandalo prima di scoppiare dovette superare insabbiamenti e tentativi di depistaggio, al punto che furono costretti a intervenire anche i servizi segreti, due commissioni parlamentari create appositamente e dei veri e propri ‘fraudbusters’, scienziati specializzati proprio nello smascherare le truffe in questo campo.

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Perche’ gli scienziati imbrogliano? Per ottenere le sovvenzioni necessarie ai loro esperimenti i ricercatori devono essere conosciuti presso il mondo accademico e la strada per raggiungere questo risultato è quella di riuscire a produrre un cospiquo numero di articoli pubblicati sulle principali riviste scientifiche del settore; ecco che allora cambiando semplicemente il titolo a un articolo lo si puo’ pubblica identico su più riviste, si comunicano dati inventati su esperimenti mai condotti per guadagnare tempo, si manipolano materiali e animali da esperimenti, si rivendicano scoperte fatte da altri e via di questo passo. Negli Stati Uniti si e’ cominciato ad occuparsi di frodi scientifiche a partire dal 1981. L’Ufficio per l’integrità scientifica studia i casi di frode nei progetti finanziati dall’Istituto nazionale per la sanità; tra il 1993 e il 1997, in seguito a circa un migliaio di denunce, sono state condotte da questo organismo 150 inchieste con oltre il 50 per cento di condanne. Si tratta comunque di dati ben poco significativi di fronte alle 150 mila sovvenzioni concesse nello stesso periodo dall’Istituto, ma c’e’ chi giura che la maggior parte delle truffe vengano insabbiate dalle stesse universita’ che puntano in questo modo a tutelare il proprio prestigio di fronte all’opinione pubblica e al mondo accademico. I procedimenti giudiziari di questo tipo seguono negli Stati Uniti i gradi giudiziari di un normale processo, anche se sono i colleghi scienziati a giudicare e a emettere sentenze che prevedono di solito la restituzione della sovvenzione e l’interdizione dall’attività scientifica; i tempi di giudizio sono particolarmente lunghi perché le commissioni incaricate devono ripercorrere tutte le pubblicazioni e gi esperimenti condotti dallo scienziato sotto accusa per riscontrare se ci sono state frodi oppure plagio.

In Europa si preferisce affidare le istanze a un comitato nazionale, evitando di solito il ricorso in appello, anche se il ricercatore dichiarato colpevole puo’ sempre ricorrere ai tribunali ordinari per tutelare i propri diritti. Nel nostro paese il dolo scientifico sembra poco diffuso, anche se non e’ certo dovuto alla maggiore onestà dei nostri ricercatori, quanto al metodo di stanziamento dei finanziamenti che invece che essere selettivo cade ‘a pioggia’ indistintamente su tutti; le frodi sono disincentivate ma i finanziamenti risultano quasi sempre insufficienti. La frode scientifica non è pero’ una novita’ di questi ultimi anni; nel suo libro ‘Le bugie della scienza’, Federico Di Trocchio ricorda come gia’ Tolomeo attorno al 150 d.C., elaborando la sua teoria geocentrica, non calcolo’ da se’ la posizione delle stelle ma copio’ i risultati di un suo predecessore, Ipparco di Nicea. Molti delle testimonianze empiriche di Galileo, ritenuto proprio il padre del metodo sperimentale e della scienza moderna, sembra che non siano proprio mai stati condotte, anche se esistono delle descrizioni accurate; il pendolo, il piano inclinato, i famosi mattoni lasciati cadere dalla torre di Pisa per dimostrare che la velocità di caduta dei gravi e indipendente dal loro peso, sono solo alcuni suoi esperimenti che tutte le volte che sono stai ripetuti da altri scienziati nel corso dei secoli non hanno mai dato risultati analoghi a quelli da lui verificati. Galileo sembra quindi che usasse gli esperimenti non tanto per individuare delle leggi fisiche, quanto piuttosto per confermarle a posteriori.

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Newton addiritura usava abitualmente cambiare il valore dei parametri dei suoi esperimenti con quello che e’ stato chiamato il ‘fudge factor’, ovvero il fattore falsificatorio, alterato fino al punto di fare coincidere i risultati con i dati teorici che a priori si era prefisso; e’ il caso della legge della gravitazione universale, la scoperta che più di ogni altra l’ha reso famoso, prima di tutto ‘scippata’ a un altro scienziato, Robert Hooke, che era stato cosi’ ingenuo da riferirgliela, e poi fondando i suoi calcoli su misurazioni costruite proprio allo scopo di farli risultare esatti. Imbrogliare sembra quindi un fenomeno storicamente diffuso e nemmeno tanto deprecabile, anzi, come sostiene Feyerabend ‘non esiste alcuna regola, per quanto plausibile e per quanto saldamente fondata nell’epistemologia, che non sia stata violata in questa o quella occasione’; le trasgressioni possono essere tanto importanti quanto le regole per l’evoluzione della scienza, sapendo però distinguere le truffe volgari dalle giustificabili falsificazioni. Galilei, Newton e gli altri grandi scienziati hanno imbrogliato, ma come spiega Federico Di Trocchio, lo hanno fatto ‘per affermare e diffondere una teoria che credevano vera e importante per il progresso della scienza’, mentre le truffe dei nostri giorni sono in larga parte determinate dalla ricerca di un successo personale o di gruppo, per ‘giustificare di fronte agli occhi degli enti governativi l’attribuzione dei finanziamenti richiesti’. Di Trocchio sostiene che il modo migliore per distinguere le falsificazioni geniali dalle volgari truffe sia quello di valutarne la durata media prima che vengano scoperte: una truffa scientifica di tipo moderno difficilmente supera l’anno di vita prima che la comunità scientifica riesca a portarla alla luce, una falsificazione geniale come quella di Tolomeo, secondo la quale la terra era al centro del sistema planerario, ha resistito per ben 1397 anni. Quello che e’ cambiato nel corso della storia, conclude Di Trocchio, e’ che lo scienziato oggi le scoperte le fa su ordinazione; politici, militari e industria hanno ormai assunto il controllo degli scienziati. La ricerca segue il denaro che stabilisce cosa e con quali mezzi si deve studiare limitando cosi’ il libero avanzamento della scienza.

 

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