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Caso Pantani/Doping batte antidoping uno a zero

Guido Vaciago

 

Chissà se l'affaire Pantani con i suoi risvolti così roboanti riuscirà a squarciare il velo di ipocrisia che avvolge lo sport quando si parla di doping? Chissà se il botto scoperchierà verità tanto sconcertanti quanto illuminanti? Chissà se il consueto momento di elucubrazione generale sull'argomento imboccherà un sentiero meno sterile del solito e ci porterà finalmente da qualche parte (dovunque essa sia, purché lontana dalla flaccida banalità di certi retori da fondino)? Sono domande alle quali si potrà rispondere tra qualche mese, quando le acque - forse - si saranno calmate. Nel frattempo argomenti sui cui riflettere anche solo un minuto non mancano.
Sia chiaro, per esempio, che anti-doping e doping combattono una battaglia ad armi dispari: un inseguimento che assomiglia molto a quello del coyote dei cartoni animati. E non appena si trova il metodo per risalire ad una sostanza ecco che ne spunta un'altra un po' più difficile da reperire e un po' più efficace nell'aumentare le prestazioni. D'altronde il doping è un business, l'anti-doping è la difesa di un principio morale.

Il doping in quanto business è finanziato, in modo più o meno occulto, ma comunque massiccio. E può fare ricerca grazie ai soldi delle case farmaceutiche, degli sponsor, degli atleti che di doping fanno uso, quegli stessi soldi che in definitiva aiuta a produrre contribuendo ad innalzare le performance atletiche. L'anti-doping, in quanto difesa di un principio morale (tra l'altro alquanto fuori moda) è solamente una voce passiva di un bilancio. Magari la prima, o una delle prime, ad essere tagliata in tempi di vacche magre (che in certi sport vuole dire quasi sempre). Alla luce di ciò suonano davvero ridicoli gli accorati e molteplici appelli affinché ci siano "regole più precise".

Il doping ha una Ferrari, finché l'anti-doping insegue su una Panda hai voglia ad essere precisoŠ Quanto meno grottesco è poi il fatto che quando vengono riscritte le famigerate "regole più precise", partecipino attivamente ai lavori gli stessi "professori" che con un altro cappello sono anche "preparatori atletici". Un po' come far progettare il sistema d'allarme di una banca ai soliti ignoti.
Inoltre, più lo sport diventa (show)business più ha bisogno di stelle per illuminare i suoi miliardari bilanci. E più sono grandi le star, più si ingrandisce il movimento (sportivo ed economico). Fino a che queste ultime diventano ingranaggi indispensabili al meccanismo, immuni perché troppo preziosi per essere toccati.

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Stando così le cose è difficile pensare che la pratica del doping non sia una faccenda generalizzata nello sport. Anche se il "tutti dopati" è un pensiero che per quanto possa essere vero non potrà mai essere dimostrato e rimane un'ipotesi. Realistica, ma solo un'ipotesi che da sola non può squarciare il succitato velo d'ipocrisia, anche se ha la dignità per essere presa in seria considerazione. E d'altronde i ritmi (folli), i soldi (tanti) e le pressioni (talvolta opprimenti) dello sport del 2000 arrivano ad imporre la logica dell'aiutino chimico. Logica che trova terreno fertile in una società sempre più in ipocondriaca adorazione delle medicine (non costituisce forse doping, per lo meno psicologico, la metà dei prodotti esposti nelle farmacie?).
Nel frattempo, l'anti-doping di tipo donchisciottesco si trasforma in efficace strumento politico in mano al Potere sportivo, che lo usa per colpire personaggi scomodi, o come estrema ratio nei momenti in cui si è in bilico sul baratro della non credibilità . Il caso Pantani è lampante.

L'Unione Ciclistica Internazionale (Uci) già accerchiata dalla magistratura francese e dalla pressione dell'opinione pubblica internazionale si è vista pressare anche dal Coni, sbeffeggiato per via dei suoi controlli dai corridori comandati dal generale Pantani.
Per recuperare il tempo perduto a quel punto c'era bisogno di un colpo spettacolare. Il resto è cronaca: con la Panda che rischia di fondere il motore ma che per una volta acchiappa la Ferrari. Ela acchiappa attraverso metodi discutibili, anzi discutibilissimi, quasi sicuramente fallaci. Metodi con i quali, siccome non si può ancora rintracciare una sostanza farmacologica (l'eritropoietina) si ricorre ad una determinazione biologica (l'ematocrito) che della prima è una funzione assolutamente non esclusiva e soprattutto soggetta a numerose variabili (quali l'altitudine, la disidratazione e altri fattori soggettivi dell'individuo). E allora forse è inutile dividersi fra innocentisti e colpevolisti. Sono tutti colpevoli, o forse sono tutti innocenti, o forse la questione non ha più grande importanza. Perché forse gli sportivi è meglio dividerli tra professionisti (che fanno dello sport il loro lavoro, profumatamente retribuito) e dilettanti (che fanno dello sport un divertimento).



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E così se fra i primi già includiamo normalmente gente che rischia la vita in macchina o in moto a 300 all'ora, non dovrebbe essere un problema aggiungere chi rischia la salute con il doping evitando l'ipocrisia di certi controlli. Altrove (ad esempio negli Usa) è stato già fatto. Al contrario, forse più controlli meriterebbero gli sportivi dilettanti, tra i quali c'è gente che ogni anno muore per avere pasticciato con la chimica nel tentativo di scimiottare i suoi idoli (che però al contrario di questi poveretti sono seguiti da équipe mediche specializzate). Sono tanti, anche se per le statistiche non figurano come ciclisti, calciatori o podisti, come ma elettricisti, operai o impiegati.
E' ovviamente una provocazione, perché l'anti-doping non deve solo salvare delle vite, ma anche difendere un principio morale, quello del rispetto delle regole. Ma in questo mondo dello sport potrebbe anche essere una battaglia persa in partenza.La speranza è che lo sport obbedendo alle leggi dello spettacolo prima o poi ci arrivi da solo. Quando scoprirà, per esempio, che i duelli in montagna fra ciclisti non devono necessariamente svolgersi a 30 all'ora, ma anzi ci guadagnano se rallentati. O, per citare un'altra disciplina patria, i calciatori più belli da vedere sono quelli tecnici (alla Maradona, alla Baggio) e non quelli ipermuscolosi.

 

 

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