Letti per voi/Corrado:il signore del piccolo
schermo Enrico Menduni
Questo articolo è apparso su "L'Unità" del 9 giugno
Se ne va una voce della nostra radio e un volto della nostra tv. Un
pezzo della memoria storica nazionale. Colui che dichiarò alla radio la fine della
seconda guerra mondiale e la fine della monarchia; ma anche la voce bonaria e ironica che
spingeva nell'arena i "dilettanti allo sbaraglio" della "Corrida"
radiofonica. Il presentatore de "L'amico del giaguaro", di
"Canzonissima", di "Fantastico", di "Domenica In", accanto a
volti che si chiamano Marisa Del Frate, Raffaele Pisu, Raffaella Carrà. Il conduttore
più centro-meridionale della tv commerciale, a cui aveva offerto la sua legittimità
nazional-popolare.
Corrado era tutto questo, non solo il sapiente e navigato conduttore di "Il pranzo è
servito", game show meridiano delle reti Fininvest in pieni anni '80. Era un signore
che era entrato in Rai quando ancora si chiamava "Radio Audizioni Italia" e la
nuova targa, in Via delle Botteghe Oscure e in Via Asiago a Roma, aveva appena sostituito
quella dell'Eiar. Era il 1944 e Corrado Mantoni era un annunciatore: uno di quei dicitori
dalla voce chiara e senza accento che ancora oggi dicono "La Rai vi ha
trasmesso" in fondo ai giornali radio, ma che una volta erano l'asse portante
delle trasmissioni. Il fascismo aveva richiesto voci più roboanti ed enfatiche, tra Mario
Appelius e Niccolò Carosio, quelle delicate non gli interessavano (ricordate il film
"Una giornata particolare" di Scola?). In questo senso Corrado era una voce del
dopoguerra: nitida ma sorniona, non del tutto priva di un sottofondo linguistico
centro-meridionale di quella stessa pasta che avrebbe fatto, Tullio De Mauro insegna, la
prima vera lingua nazionale, quella della commedia all'italiana e della tv. Una voce
intrisa di una filosofia di vita realistica, capace di ironia anche sferzante.
Corrado era fiero di questo strumento di lavoro, la voce, e mentre tutti i suoi colleghi
correvano verso i guadagni e la popolarità della tv cercò di praticarla con moderazione
e senza abbandonare del tutto la radio. Si riteneva forse più adatto ai microfoni che al
palcoscenico, sul quale si muoveva con eleganza, ma sempre con grande compostezza, in un
epoca in cui tutti ritenevano necessario ballare, saltare, fare capriole. Il suo santuario
radiofonico era "La Corrida", in cui gettava in pasto alle belve gli ingenui
esponenti di un'Italia provinciale che amava esibirsi in canzoni, romanze, imitazioni e
poesie, ignara che i suoi discendenti avrebbero amato mettere in mostra, davanti alle
telecamere, litigi condominiali e familiari, ritrovamenti di congiunti scomparsi, corna,
provvisorie riappacificazioni. Dopo un pugno di secondi di esibizioni incerte ed
esilaranti il candidato veniva interrotto da fischi e rumori, e spesso una sirena metteva
definitivamente fine al tentativo. Allora Corrado, conduttore bonario ma non troppo, lo
accompagnava metaforicamente all'uscita.
C'è un episodio fine anni Settanta che lasciò un forte segno su Corrado, un grave
incidente automobilistico con la sua Lancia Gamma in cui era rimasto ferito lui stesso, ma
che - soprattutto - aveva quasi sfigurato Dora Moroni, che faceva coppia con lui (nella
transizione tra valletta e conduttrice) a "Domenica In" e lo accompagnava
nell'automobile. Una vicenda dolorosa e piena di strascichi penosi. Qualche tempo dopo
maturò l'abbandono della Rai per Fininvest, una rete che stava diventando nazionale e,
dopo l'acquisizione del piemontese-americano Mike Buongiorno, richiedeva volti e
inflessioni che guardavano più a Sud, e insieme una legittimazione e omologazione
all'emittente pubblica. Corrado interpretò questo ruolo con sobrietà e misura. Già si
era prodotto in spot pubblicitari per casalinghe e adesso ne "Il pranzo è
servito" metteva la sua bonomia al servizio dell'intrattenimento leggero, quello che
si consuma preparando i pasti o mangiando attorno al tavolo di cucina. La sua
"Corrida" televisiva, riproposta nel 1986 con grande successo di pubblico e
replicata ogni anno finché è stato possibile, rappresenta uno dei pochi esempi in cui la
trasposizione sul piccolo schermo di un programma radiofonico non ha deluso:
l'osservazione, fondata, è di Aldo Grasso. Possiamo dire che è stato così perché, in
fondo, la Corrida radiofonica postulava un'arena di crudeli spettatori radiofonici di cui
sentivamo i lazzi e i rumori ma intuivamo anche i gesti, la colorita espressività da
stadio. La tv ce li mostrava, finalmente, nel loro infierire (per nulla politically
correct) sui malcapitati, che peraltro se l'erano ampiamente voluto con il loro
esibizionismo. Forse Corrado avrebbe meritato di più. La sua compostezza, la sua eleganza
sobria avrebbe potuto essere messa a disposizione anche di altre cause. Non
necessariamente più nobili, ma che avrebbero conferito ulteriori sfaccettature ad una
personalità già così professionalmente e umanamente ricca. E' un peccato che non sia
stato così.
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