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Ultra', il treno dei desideri

Luciano Gallino

 

 

Poveri, ignoranti, emarginati? Eppure nella città campana la qualità della vita è in crescita rispetto a tutto il Sud

(Questo articolo e' apparso su "La Stampa" (www.lastampa.it) giovedi' 3 giugno)

 

Notte tra il 23 e il 24 maggio. Millecinquecento tifosi della Salernitana viaggiano in treno da Piacenza verso casa, stipati in 14 vagoni che solo dopo qualche ora diventeranno venti. Sono amareggiati perché la loro squadra è retrocessa in serie B; retrocessione forse immeritata, scriverà qualcuno. A Prato buon numero di loro fanno un carico di pietre che stivano nelle toilette. Verso Roma le pietre cominciano a volare nelle stazioni, spazzando segnali e vetrate. Dopo Napoli comincia nella maggior parte dei vagoni la distruzione sistematica di quanto, unendo esuberanti forze giovanili, si può spaccare, svellere o fracassare: cioé quasi tutto. Tra Nocera e Salerno vengono attivati focolai d'incendio in diversi vagoni. In uno di essi le fiamme divampano, forse al di là dell'intento degli incendiari, e quattro ragazzi perdono la vita.

Impresa di bande di ragazzini imberbi, come si è letto? Opera d'una trentina di giovanissimi tra i 15 e i 20 anni? Se davvero fossero stati così pochi, non sarebbero riusciti a vandalizzare buona parte del treno: ci vogliono forze ingenti e ben coordinate per strappare dalle loro sedi lavandini e tazzoni dei wc, rastrelliere portabagagli e porte di scompartimento. Né avrebbero potuto appiccare simultaneamente il fuoco in diversi punti del treno, sotto lo sguardo indifferente di 1470 compagni. Senza contare che la dozzina di poliziotti presenti sul treno avrebbero avuto facilmente ragione di simili gruppetti - a meno che qualche centinaio di altri ragazzi non avessero fatto scudo a quelli di loro dotati di maggior spirito di iniziativa. Premesso, come d'obbligo, che tra i 1500 vi erano sicuramente anche molti bravi ragazzi, è quindi giocoforza concludere che si è trattato d'un movimento di massa nel quale con diversi gradi di intenzionalità e partecipazione sono rimasti coinvolti, in forza degli infernali meccanismi della psicologia delle folle, la maggior parte dei passeggeri di quel treno letale.

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Ma se tanti erano, la psicologia delle folle può bastare per spiegare le ultime 13 ore di attività della massa, non il modo in cui questa si è formata attraverso diversi rivoli nelle settimane e mesi precedenti. E' chiaro che nelle ultime ore gli ingredienti utili per far perdere il controllo di sé a buona parte dei partecipanti c'erano tutti: frustrazione, affollamento eccessivo, stanchezza, la spirale della reciproca eccitazione, infine la presenza inadeguata delle forze dell'ordine - poiché ci saranno pur voluti tempo e attività ben visibili per portare a bordo parecchi miria di pietre. Ma quegli stessi ingredienti non sarebbero stati sufficienti se la composizione di quella massa fosse stata diversa, se non avesse recato entro di sé le disposizioni per trasformarsi in violenza a fronte d'un innesco appropriato. Constatazione in fondo formulata, con differenti parole, da vari commentatori. Molti dei quali hanno scorto nell'accaduto una prova del disagio sociale del Meridione, degli effetti nocivi del permanente sottosviluppo di questa parte del Paese.

L'inconveniente è che, almeno nel caso di Salerno, tale diagnosi non ha basi su cui fondarsi. Il disagio giovanile non dovrebbe forse tradursi in un tasso particolarmente alto di minorenni che hanno guai con la giustizia? Ora, stando a dati dell'Istat (rielaborati e pubblicati pochi mesi fa da Il sole - 24 Ore ), i minorenni oggetto di denuncia giudiziaria per 100.000 abitanti sono a Salerno e provincia il 50% in meno rispetto a Piacenza, la metà rispetto a Venezia, un terzo rispetto a Lucca. I borseggi e gli scippi denunciati sono a Salerno la metà di quelli denunciati a Varese, e giusto un quarto (dicesi un quarto) a confronto di Lucca. Ci sono meno rapinatori in servizio attivo a Salerno che non a Brescia, Forlì o Padova, per non parlare di Milano o di Torino. Anche i suicidi - indicatore preferenziale di disagio sociale - vedono Salerno in posizione assai migliore che non Ancona, Verona, o Alessandria. Indicatori sociali a parte, si sa che Salerno e dintorni sono sede di impianti agro-industriali di tutto rispetto. Nella provincia, la produttività delle colture agricole batte quella di molte altre regioni italiane. Vi sono fabbriche di elettronica e aziende di informatica, moderne imprese chimiche e tessili. Esiste un'Università articolata in molte Facoltà e un'attività culturale che poggia su gran numero di associazioni; un numero non inferiore a quello di Milano, tanto per dire, sempre in rapporto alla popolazione. Nonché sulla memoria d'uno straordinario retaggio: nell'11-12 secolo la Scuola salernitana era considerata il più importante centro di cultura medica dell'Occidente, e da essa sarebbe più tardi gemmata l'Università locale, per secoli in sofferta competizione con quella di Napoli, istituita nel 1224 da Federico II.

Siamo dunque dinnanzi, guardando a Salerno senza occhiali stereotipici, a un contesto urbano spiccatamente moderno e ricco di caratteri civili, assimilabile a quello di molte altre cittadine italiane di analoghe dimensioni, nel Sud, nel Centro e nel Nord.

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Non sembra neppure lontanamente un contesto dal quale un brutto giorno affiorano, tutti insieme, parecchie centinaia di giovanissimi impegnati a trasformare una gita sportiva in un incubo - perfino per molti di loro. Nondimeno è proprio questo ciò che è successo. Il che porta ad alcune provvisorie quanto sgradevoli inferenze. La prima è che le truppe di tifosi predisposti alla violenza - oggi tifosi di calcio, domani chissà - potrebbero essere non il prodotto di situazioni d'arretratezza economica e di ritardo culturale, bensì la figliazione dello sviluppo economico e della modernizzazione dei costumi quali sono attualmente in corso. L'una e l'altra tendono a generare forme inedite di disuguaglianza, di divaricazione entro il tessuto sociale. Non è tanto, o non solo, questione di reddito relativo o assoluto. E' questione della formazione d'una città di professioni, di codici di comportamento, di meccanismi di compenso e di privazioni, la quale è naturale come l'aria per chi arriva a starvi dentro, ma è incomprensibile e ostile per chi vi sta fuori, come le muraglie d'una fortezza neo-medievale quali sono descritte in film tipo 2019 - Fuga da New York o nei racconti di Robert Silverberg. (Incipit: "Le mura che circondano Los Angeles sono spesse fra i 30 e i 50 metri...").

L'inferenza numero due avverte che se la predisposizione alla violenza non è un frutto dell'arretratezza o di un mancato incivilimento, bensì un prodotto endemico della tarda modernità, una forma di controcultura che prende stimolo specifico dallo sport per esprimere il proprio generalizzato antagonismo, allora dobbiamo attenderci che si avverino, dovunque nel Paese, altri scenari tipo il treno straordinario Piacenza-Salerno del 23 maggio scorso. Purtroppo costruire una modernità che non appaia ai giovani chiudersi entro muraglie materiali e simboliche, dove le seconde sono forse più spesse e robuste delle prime, è compito più arduo che non regolamentare i viaggi delle tifoserie. Poscritto . Nel pomeriggio di sabato 29 maggio, a Torino, una cinquantina di ultrà devastano allo stadio la sala stampa della Juventus. Giornalisti e giocatori fuggono. Gli agenti arrivano a cose fatte. Non si sa se i protagonisti del raid siano arrivati o ripartiti in treno.

 

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