"Its a mess". Nonostante il repertorio ricco ed
elegante di termini di cui Eric Hobsbawm dispone, questo giudizio sommario è quello che
meglio esprime la sua opinione sulla guerra dei Balcani. "Mess", una
delle prime parole che si imparano in inglese, spesso tradotta, volgarmente,
"casino", vuol dire "mucchio di porcherie disordinate" o
"imbarazzante condizione di confusione". Il raffinato poliglotta Hobsbawm
propone "pasticcio", "gigantesco pasticcio". Tutto il contrario,
dunque, di una limpida, lineare ed efficace azione in difesa dei diritti umani, tutto il
contrario della "precisione chirurgica" di un intervento militare
allaltezza delle tecnologie degli aerei americani. L"età degli
estremi" (è il titolo originale de "Il secolo breve") comincia nei Balcani
e finisce nei Balcani. Le prime parole del libro che comincia con il capitolo
sulletà della "guerra totale" parlano di Serajevo e gli ultimi mesi del
secolo parlano di Macedonia. Siamo qualche centinaio di chilometri a Sud Est, ma sempre
nello stesso genere di "pasticcio". Hobsbawm la materia la conosce bene e nel
suo disappunto per il "pasticcio" sento piú il professore irritato per
lincompetenza ("Bismarck e Disraeli sistemarono i Balcani per 40 anni, Tito e i
comunisti per altri quaranta, gli Stati Uniti oggi non ne sono capaci") che il
militante della sinistra delusa ("I governi socialdemocratici europei ripetono una
parte già vista, non seguono principi nuovi"). Hobsbawm ha letto la discussione che
si svolge sulle pagine dell"Unità", ha letto lintervista di Bobbio,
quella a Michael Walzer, la polemica con Luigi Ferrajoli e Danilo Zolo. E qui replica.
Lei conosce i termini della discussione avvenuta su queste pagine: sia
coloro che sono totalmente avversi alla guerra della Nato sia coloro che sono favorevoli
concordano sul fatto che la sua legittimità è problematica.
La mia prima reazione a questi interventi è che non si tratta di una
discussione globale ma piuttosto di una discussione eurocentrica, o meglio nordatlantica,
di vecchio stile. È una guerra giusta? È legittima? Non dico che non sia un problema
importante, ma per la maggior parte del mondo, compresa la gran parte dei suoi
intellettuali, per il Terzo mondo, per lex Urss, per la Cina, questo dibattito è
laterale rispetto al tema centrale. Per la gran parte di loro loperazione nei
Balcani è una operazione imperiale dellEuropa e delle sue dipendenze. Per la
maggior parte del mondo la questione se questa guerra sia giusta e in che modo possa
essere giustificata non esiste.
Questo significa che lei è contrario a questa guerra, che lei la
rifiuta in quanto operazione imperiale?
Non dico che quel punto di vista sia anche il mio. Dico soltanto che è
una discussione che non ha importanza al di fuori degli Stati Uniti e dellEuropa
occidentale. È importante qui, ma non conta per gli intellettuali cinesi, indiani o
latinoamericani, semplicemente perchè loro non credono che questa sia una guerra moderna
o di nuovo genere.
Allora lei ritiene che i valori per i quali questa guerra è iniziata,
la difesa dei diritti umani, sia qualcosa di relativo a una certa cultura e non valga al
di fuori di questa?
No, ma penso unaltra cosa - ed è il secondo aspetto della mia
reazione -: che la guerra non viene combattuta per quei valori. Questa guerra è un totale
pasticcio. È probabilmente la guerra peggio preparata e peggio condotta da quando i Russi
attaccarono la Finlandia nel 1939. Sono casi in cui cè una potenza che ha una
schiacciante superiorità militare, pensa di poter vincere rapidamente e invece manca
lobiettivo. Alla fine certo i Russi vinsero e anche in questo caso alla fine la Nato
vincerà. Fuori discussione. Ma rimane un pasticcio che costringe chi difende la guerra a
straordinari sforzi di razionalizzazione, ad acrobazie giusificatorie. Lidea che la
guerra sia stata intrapresa essenzialmente per ragioni umanitarie e morali è uno di
questi fattori di giustificazione.
A questo punto devo per forza chiederle allora qualè il suo
atteggiamento nei confronti di un Milosevic al governo in un paese europeo con i suoi
progetti nazionalistici e di pulizia etnica.
Sono ovviamente contro Milosevic e contro la pulizia etnica. Ed ero
anche contro il disfacimento della Yugoslavia. Ma il problema è che lorigine di
questa guerra, la crisi del Kosovo, non riguarda per niente valori morali, ma la
diplomazia internazionale, la sua incapacità di prevenire la disintegrazione del Sud dei
Balcani e specialmente della Macedonia, un fatto che scaturiva dal collasso della
Yugoslavia. La crisi originaria del Kosovo era stata riconosciuta dagli Americani diversi
anni fa. Allepoca, con Bush presidente, avevano ancora una politica estera con una
sua razionalità e serietà, mentre questa amministrazione non ce lha. E misero in
guardia la Yugoslavia circa il problema Kosovo. Presero il problema tanto sul serio che
nel 91-92 dichiararono che questa poteva diventare questione di importanza politica
fondamentale per gli Stati Uniti. Questo accadeva molto prima che ci fosse una pulizia
etnica. Ma fecero anche di piú: inviarono truppe americane in Macedonia per dimostrare,
con un mezzo classico della politica estera, quanto quellarea era importante per
loro. Ebbene di fatto tutto questo è fallito, larea è visibilmente destabilizzata,
altri paesi sono stati coinvolti: la Bulgaria, la Romania, lUngheria. Un fallimento
che spinge adesso a cercare altri argomenti, umanitari. Con difficoltà enormi perchè la
pulizia etnica è proseguita in misura massiccia dopo gli attacchi. Possiamo discettare a
lungo su quanto sia terribile la pulizia etnica, ma essa non ha nulla a che fare, per
lessenziale, con la giustificazione della guerra
Non guerra umanitaria allora, ma guerra imperiale?
No, ripeto soltanto un pasticcio. È lincapacità politica e
diplomatica che trascina nei Balcani sia gli Stati uniti che lUnione europea. Tutti
avrebbero preferito non trovarsi in questa situazione. Lidea che si possa desiderare
di occupare una parte dei Balcani è di quelle che non hanno senso. Ci sono tirati per i
capelli perchè hanno commesso un cumulo di errori, proprio come in Bosnia. Non è una
guerra imperiale. Posso guardarla, si, anche come espressione delle ambizioni
globali degli Stati Uniti, ma questa è unaltra faccenda. Lunica persona che
fosse realmente preparata a questa guerra è Milosevic.
Jürgen Habermas critica i pacifisti di sinistra sulla "Zeit"
e dice: quelli che cercano secondi fini dellattacco della Nato (interessi economici,
espansionismi di potenza, azione preventiva contro emigrazioni di massa) trovano poca
soddisfazione ai loro sospetti. La motivazione umanitaria è la piú forte nello spiegare
le ragioni dellattacco.
La guerra non è cominciata con il fine di difendere i diritti umani, e
per di piú questo obbiettivo ha perso ogni rilevanza giustificativa dal momento che la
catastrofe, che la guerra avrebbe dovuto impedire, è invece accaduta. La guerra ha
trasformato i problemi umanitari del Kosovo in una catastrofe umanitaria, irreversibile.
Il meglio che possiamo sperare è, se saremo fortunati, di mettere i kosovari in
condizione di tornare, ma adesso non sono piú li. Ci sono soltanto due possibili
ragioni per cui lelemento umanitario abbia ancora qualche rilevanza: uno riguarda la
punizione dei colpevoli, il che suscita comprensibili emozioni e solleva interessanti
questioni politiche. La seconda, che è forse piú seria, è quella di creare un
deterrente verso altri che vogliano seguire lesempio di Milosevic. Ma da questo
punto di vista la cosa finora non direi che è riuscita.
Lei pensa che Milosevic possa essere accusato e condannato per crimini
contro lumanità?
Penso di si, se lo si vuole davvero condannare, ma il punto è
che, a meno che non si formuli il progetto esplicito di rovesciarlo, prima o poi si dovrà
negoziare con lui. O si persegue una vittoria totale e si spera che in qualche modo
Milosevic venga abbattuto oppure si deve negoziare con il suo governo.
E pensa che si possa fare un buon accordo di pace con lui?
Proabilmente no. Sebbene lunica alternativa sembri essere quella
di venire risucchiati in una piú grande guerra balcanica seguita da una occupazione a
tempi indefiniti di una gran parte dellarea. Nel qual caso cè da chiedersi se
i risultati non siano peggiori di un accordo con Milosevic.
Allora se lagenda europea e della Nato fosse nelle sue mani, lei
che cosa proporrebbe di fare? Coinvolgere la Russia, le Nazioni Unite?
Io penso che tutti, compresi gli Stati Uniti, vogliano uscire dalla
guerra, principalmente perchè dal punto di vista della politica di potenza la guerra è
senza fini precisi e non è abbastanza interessante dal punto di vista dei vantaggi per
America ed Europa. Il costo di una guerra sul terreno sarebbe poi ancora maggiore, con
conseguenze umane che sarebbero drammatiche. Bisognerà adattarsi a qualche forma di
compromesso che sia certo favorevole alla Nato, ma non pensare a un successo al cento per
cento, a una resa incondizionata.
Non sembra che il primo ministro britannico abbia tanta voglia di
compromessi.
Il primo ministro britannico, come la maggior parte di noi, è motivato
dalle immagini della televisione e poi, dopo la visita alla Macedonia, forse lo è ancora
di piú perchè ha visto le cose sul luogo. Ma linteresse del primo ministro per i
Balcani consiste principalmente nel desiderio di stare al fianco degli Stati Uniti, in
politica estera, qualunque sia la situazione. Al di là di questo, non cè interesse
nazionale britannico nei Balcani.
Lei sente come una esperienza dolorosa e contraddittoria che tanti capi
di governo di sinistra e di centrosinistra si trovino a guidare una fase di guerra in
Europa?
Si, ma penso che i governi di centrosinistra siano anche governi
che conducono la politica estera secondo i tradizionali principi dei loro paesi, anche se
fingono che non sia cosi. Io non pretendo che li rinneghino, vorrei però che li
seguissero in modo piú efficiente. Sarebbe una buona cosa per i Balcani tornare al
Congresso di Berlino del 1878 quando Bismarck e Disraeli evitarono ogni retorica morale e
di fatto trovarono soluzioni del tutto ragionevoli, che poi durarono, in un modo o
nellaltro, per quasi 40 anni.
Neanche poi cosi tanto. E fini in un disastro.
No, attenzione, lidea che ci siano soluzioni che possano durare
per sempre è un errore. Quarantanni nei Balcani sono molto meglio di niente. Con la
guerra fredda abbiamo avuto in Yugoslavia quarantanni e piú di pace grazie a Tito e
al comunismo. Altri quaranta o poco meno li abbiamo avuti verso la fine del secolo scorso
grazie al sistema delle grandi potenze. Ma il sogno di una soluzione permanente e di una
stabilità permanente in questarea è utopia.
Ma torniamo alla discussione italiana. Ci sono due argomenti di Bobbio
ai quali lei forse obbietterà. Uno riguarda la legittimità della guerra, che è fuori
dalle regole della Carta dellOnu. Laltro riguarda la tesi "non possiamo
non dirci filoamericani". Cominciamo dal primo.
Non cè giustificazione per la guerra in base agli standard
attuali della legalità internazionale, ma ci sono tuttavia delle circostanze in cui,
ciononostante, si deve intervenire negli affari interni di un paese. E si può sostenere
in effetti che la Yugoslavia è uno di quei casi. Ci sono stati alcuni altri casi del
genere, per esempio lintervento del Vietnam in Cambogia ai tempi di Pol Pot e
lintervento della Tanzania in Uganda, pure negli anni Settanta. Queste intromissioni
trovano una giustificazione, quando la trovano, soltanto nella misura in cui hanno
successo. Lintervento vietnamita distrusse Pol Pot rapidamente e in ciò è stato
giustificato. Lo stesso è accaduto in Uganda. Non so se lintervento in Yugoslavia
possa essere giustificato. Fin qui non è stato condotto in modo molto efficiente, perciò
non saprei dire ancora. Temo che non riuscirà ad avere la stessa giustificazione degli
altri casi, ma lo dico puramente su basi pragmatiche.
Mi scusi, ma allora se la Nato riuscisse a distruggere, a uccidere
Milosevic, sarebbe una soluzione efficace e giustificata del problema?
Oh, forse lo sarebbe, si, nel raggiungere il suo obiettivo. Ma
questo punto, la giustificazione dei fatti compiuti, mi porta a introdurre la mia
obiezione alla visione hegeliana della storia proposta da Bobbio, secondo la quale
legemonia americana, cosi come altre egemonie nel corso della storia hanno in
certa misura una giustificazione morale. Per Hegel tutto il reale è razionale, ma questa
visione della storia è davvero poco raccomandabile.
Largomento hegeliano è stato proposto da Bobbio con qualche
ironia.
Si, ma lo conduce comunque a dire che dobbiamo essere
filoamericani, in fin dei conti, perchè il mondo attualmente è guidato
dallAmerica, e perchè si tratta di un potere egemonico che ha qualche genere di
consistenza morale, dovuta al fatto che gli Stati Uniti sono stati dalla parte giusta e si
sono battuti per quelli che Bobbio considera i valori giusti.
E qual è la sua critica?
Il punto della mia contestazione a Bobbio riguarda il suo concetto di
egemonia. Respingo la tesi che ci siano stati sempre poteri egemonici e poi dico a Bobbio:
non confondere egemonia culturale, egemonia politica ed egemonia militare. Questi tre tipi
di egemonia non sono necessariamente combinati. Ci può essere egemonia culturale per
esempio senza quella politica e militare. Per esempio lItalia aveva legemonia
nella musica europea nel XVII e XVIII secolo, senza dubbio, ma politicamente e
militarmente non esisteva. In altri casi legemonia si afferma soltanto in quanto
deriva ed è basata sulla egemonia politica e militare. Si spiega cosi per esempio
la popolarità del baseball, che nel mondo cè soltanto dove sono sbarcati i
marines.
E dove porta questa distinzione di egemonie?
Una dominazione ed una egemonia globali sono diventate possibili
soltanto a partire dalla metà del Settecento perchè il globo non esisteva prima in
quanto unità operativa e poi nessuno aveva neppure tentato una egemonia globale prima
degli Stati Uniti di oggi. Legemonia britannica nel XIX secolo era di un tipo
completamente diverso. Voglio dire che non cè legittimazione storica possibile per
la dominazione globale di una singola potenza. La si può giustificare per altre vie, ma
non su basi storiche. Sono possibili dominazioni o egemonie regionali, ma ad eccezione
forse della Cina imperiale nellestremo Oriente, sono state brevi. In Europa ci sono
state la egemonia di Napoleone e quella di Hitler, ma lintera storia europea non
può essere vista come una successione di egemonie. Dunque la mia tesi è esattamente
opposta a quella di Bobbio: gli Stati Uniti sono soltanto una egemonia nella tecnologia
militare e lo saranno per il prevedibile futuro, ma nessuna potenza è in una posizione
che le consenta di riordinare il mondo con le sue sole forze.
E che conclusione trae da questa considerazione?
Che gli Stati Uniti devono riconoscere i limiti della loro condizione
di unica grande potenza mondiale, i limiti del loro stesso schiacciante potere sul mondo.
Il maggiore poblema davanti a noi è questo: che gli Stati Uniti riconoscano quello che
possono e non possono fare in questa posizione. E quello che non possono è piú
importante di quello che possono. In un certo senso gli Stati Uniti devono capacitarsi che
la società internazionale è pluralistica. Possono, se vogliamo, assumersi
responsabilità e provvedere a che le maggiori crisi non accadano, cerchino di evitarle,
se e quando occorre, di moderarle, ma non possono imporre le loro soluzioni, nei Balcani,
in Medio Oriente, dappertutto. La mia prima speranza per gli Stati Uniti è che
lesperienza dei Balcani dimostri loro che la megalomania internazionale è
impossibile.
E le speranze in un ordine internazionale governato dallOnu?
Nonostante i progressi, siamo ancora in un sistema internazionale che
dipende dagli stati. Non cè una autorità globale. I passi avanti dipendono
essenzialmente da due cose: una è il riconoscimento dei limiti del potere anche da parte
delle maggiori potenze, laltra che si abbandoni lidea di quelle che Bobbio
chiama le guerre sante o crociate. Una delle ragioni che hanno fatto del ventesimo secolo
un secolo cosi folle è che ci sono state troppe guerre di religione, troppa gente
ha creduto che la loro parte rappresentasse Dio e gli altri rappresentassero il male.
Dobbiamo allontanarci dalle guerre di religione. Anchio vedo che la situazione dei
Balcani conduce verso una retorica della guerra di religione e penso che in tanto in
quanto Bobbio la incoraggia, o non la scoraggia abastanza, la sua tesi non è di aiuto.
Sembra crescere la possibilità di un negoziato. Come andrà a finire?
Il peggio sarebbe che la Nato si facesse risucchiare verso obiettivi
piú grandi dal desiderio di non perdere la faccia. In termini di rapporto costi-benefici
i risultati di una guerra maggiore sarebbero peggiori dei risultati negativi del non fare
niente. Questo è già il nosto caso. I Balcani sono già in uno stato peggiore di quello
in cui sarebbero se la guerra non fosse cominciata. Non voglio tornare alla tesi di
Bismarck: "lasciate che nei Balcani si massacrino luno con laltro",
tuttavia finora il principale risultato dellintervento è piuttosto negativo. La
situazione è peggiore che se nessuno fosse mai intervenuto.
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