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Br/Ecco il dossier Ucigos che ricostruisce l'attentato

Liana Milella


Questo pezzo e' uscito su "la Repubblica"  il 27 maggio.

ROMA - E' in un rapporto dell' Ucigos l'ultima e piu' ragionata analisi del delitto D'Antona. A una settimana dall'omicidio - mentre a palazzo di giustizia si delinea nel dettaglio la strategia investigativa - la polizia di prevenzione mette, nero su bianco, le sue considerazioni sull'agguato. Allinea gli elementi piu' significativi dell'assassinio e interpreta il documento - definito una "risoluzione strategica" - delle Brigate rosse-Partito comunista combattente usato come rivendicazione. Fornisce anche, finalmente, dei numeri certi di riferimento: sono 48 i latitanti delle vecchie Br e, fra i 154 reclusi, 81 sono da considerare irriducibili. Quindi potenzialmente pericolosi. Ma e' soprattutto uno, tra tante pagine su cui adesso rifletteranno anche i giudici, l'elemento di rilievo. Secondo l'Ucigos siamo di fronte "a un'organizzazione che si richiama alle Br storiche, ma che non necessariamente puo' rappresentare la semplice prosecuzione di quell'esperienza". Siamo di fronte, quindi, "a una struttura nuova e differente".

Per la prima volta, dopo giorni dedicati a una lettura e rilettura puntuale, metodica, scrupolosissima del documento e dopo averlo confrontato non solo con le vecchie carte di dieci anni fa, ma anche con quelle sopravvenute nell'ultimo decennio (volantini delle bombe a Roma del 1992 e 1994), l'Ucigos si e' assunta la responsabilita' di firmare un documento ufficiale. Che e' un primo punto fermo per spiegare - come vedremo - quali sono le piste investigative. Spiegano i poliziotti: chi ha scritto il documento "ha vissuto gli anni del terrorismo". E poi: "E' acclarato storicamente che le vecchie Br hanno sostenuto la fine della lotta armata. Ma esiste un piccolo gruppo di irriducibili convinto che essa sia ancora praticabile". Accanto a questi uomini, che si sta cercando affannosamente di individuare, ci sono "i nuovi", c' e' "quell'organizzazione fresca e diversa che ha sparato a Massimo D'Antona". Dunque c'e' continuita', ma anche innovazione. C'e' un'"eredita'" lasciata dai vecchi e raccolta dai "nuovi".

L'analisi dell'Ucigos e' quella del Viminale e del ministero dell'Interno. Durante otto ore di audizione davanti alla commissione Stragi, l'altra notte se n'e' fatto portavoce il sottosegretario Gian Nicola Sinisi che, pur chiedendo la secretazione, ha spiegato a deputati e senatori i punti fermi dell'indagine, l'analisi del documento, le direttrici d'investigazione. Il fatto. E' soprattutto uno il testimone attendibile, il cui racconto viene confermato anche da altre persone. E' un ragazzo. Il suo nome - come Repubblica ha gia' scritto - e' top secret.

Ha visto due uomini, sui 25-30 anni, parlare con D'Antona. Poi ha sentito sparare. Nel commando d'appoggio c'era una donna. Finora ci sono sette identikit, ma non tutti attendibili. La Digos ha consegnato ai magistrati il primo rapporto di ricostruzione dell'agguato: una ricognizione, attraverso 60 testimoni, dei giorni precedenti e di quello dell'agguato. Un documento che non basta per fermi o arresti.

Le piste investigative. Sono due. La prima, "una via obbligata", e' quella della talpa, riconducibile all'indicazione data a caldo dal ministro del Lavoro Antonio Bassolino ("E' un omicidio che nasce dal di dentro"). Per questo sono stati interrogati quattro suoi collaboratori. Ma e' uno spunto da ridimensionare. Lo stesso Bassolino, del resto, ieri diceva: "Piu' passano i giorni, piu' e' chiaro che nel documento ci sono informazioni tecniche riscontrabili su Internet e giornali". D'altra parte, gli accertamenti si debbono fare e comprendono anche verifiche nel mondo del sindacalismo marginale. Ma, di certo, l'assassino non viene da li'. Da li', semmai, puo' arrivare un suggerimento, magari del tutto involontario, su D'Antona come personaggio strategico di una politica riformista.

Ma e' la seconda pista, quella delle vecchie-nuove Br, su cui gli inquirenti puntano. Per questo le polizie - Digos, Ros e reparto operativo dei carabinieri - stanno lavorando cosi': ricostruire una mappa dei brigatisti precisa alla singola unita'. In questi anni, inutile negarlo, la dispersione dei dati c'e' stata. Oggi bisogna recuperare il tempo perduto. Non saranno interrogati gli irriducibili, perche' sarebbe tempo perso. Ne' si possono controllare tutti i br in semi- liberta'. La sottopista privilegiata e' quella toscana. A Firenze potrebbe nascondersi una cellula segreta. Infine si stanno raccogliendo i fascicolo degli attentati compiuti in Italia nell'ultimo decennio.

Ci sono poi delle piste che, invece, non esistono. Eccole: quella serba, la cui indicazione potrebbe addirittura essere frutto di un depistaggio dei servizi stranieri. Quella dei legami con il separatismo dell'Eta. "Le Br - dicono gli esperti - scrivono nei documenti quello che pensano e quello che fanno. E questa roba non c'e'". Non c'e' neppure la pista napoletana, quella dei legami con i disoccupati organizzati. Analizzano i tecnici: "Le nuove Br non hanno alcun retroterra sociale. Parliamo soltanto di un pugno di uomini". Il richiamo di Masone. Pochi, ma pericolosi. E per questo il capo della Polizia ha convocato a Roma tutti i questori. E ha impartito direttive precise: "Massimo allarme, controllo esasperato del territorio. Rilettura di qualsiasi vecchio segnale terroristico. Attivazione di tutte le possibili fonti". Il messaggio e' chiaro: "Evitiamo che uccidano ancora".

 

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