"Il pioniere del commercio elettronico Amazon.com
si sforza di dare un aspetto pulito alla sua libreria online. Ecco perche i suoi
dirigenti considerano superfluo sporcare le pagine web e le puntuali recensioni che
compaiono sulle sue pagine web con la notizia che gli editori stanno cominciando a pagare
per avere i propri titoli citati come Nuovi e notevoli o Destinati alla
grandezza.
Cominciava con queste parole una delle piu importanti inchieste
degli ultimi mesi del New Yok Times on the Web, ledizione online del popolarissimo
quotidiano della Grande Mela. Doreen Carvajal firmava l8 febbraio un lungo articolo
nel quale si rivelava per la prima volta che Amazon, leader mondiale nella vendita di
libri via Internet e protagonista di Wall Street, aveva introdotto la prassi di farsi
pagare dagli editori per citare i loro volumi nelle pagine del sito dedicate alle
recensioni. Il prezzo sarebbe salito negli ultimi tempi, rivelava il Times, addirittura a
diecimila dollari a pezzo.
Fin qui comunque niente di strano. Il New York Times e uno tra i
giornali piu autorevoli del mondo. E la sua leadership sul web e addirittura
piu solida: la versione online puo vantare addirittura sette milioni di utenti
registrati, l80 per cento dei quali residenti fuori da New York. Assolutamente
normale quindi che le inchieste del giornale vadano a punzecchiare i potenti, a rivelare
le magagne di quel mondo controverso e pressoche senza regole che e Internet.

E invece no, qualcosa che non va ce. E per scoprirla basta
scorrere le pagine web della prestigiosa testata newyorkese. Nella sezione dedicata ai
libri compare infatti, in bella mostra, il banner di Barnes & Noble. Che e,
guarda caso, il principale concorrente di Amazon nel settore della vendita online di
libri. La partnership con il New York Times e di vecchia data: risale ad almeno due
anni fa. Ma nel lungo articolo contro Amazon dellaccordo economico non si fa alcuna
menzione.
"La questione in ballo nellinchiesta era che materiale
costituito essenzialmente da pubblicita pagata era mascherato come informazione
oggettiva. Noi non facciamo niente del genere sul New York Times on the Web, e per questo
la nostra relazione con B&N e irrilevante nella polemica", e stata la
difesa di Nancy Nielsen, capo delle relazioni esterne del Times. E chi faceva notare che
il comportamento del giornale non era un esempio di correttezza e di deontologia
professionale, si e sentito aggiungere: "Le nostre decisioni editoriali e
pubblicitarie sono sempre state fatte separatamente, al di la di come notizie e
inserzioni vengono presentate. I lettori possono stare tranquilli che continueremo a fare
cosi".
Il complicato nodo etico i rapporti tra pubblicita e
contenuti giornalistici e stato dunque tagliato con laccetta. "Non
dovete preoccuparvi degli inciuci commerciali della nostra azienda perche noi siamo
il New York Times", e il senso della difesa del prestigioso giornale. Peccato
pero che nelle settimane successive all8 febbraio, contro Amazon.com siano poi
state scagliate accuse e critiche a raffica. Ce persino chi ha contato le
parole: 13.800, tanto e stata lunga la campagna di stampa ai danni del libraio
virtuale. Senza che mai venissero citati i rapporti di collaborazione economica e
editoriale con Barnes & Noble.
L11 febbraio Tina Kelley, discettando della pericolosa abitudine
degli acquirenti online a fare spese folli senza rendersene conto, fa un esempio: "I
clienti virtuali parlano con imbarazzo dei loro "Amazon problems": la tendenza a
spendere su Amazon.com piu di quanto hanno messo in budget per libri, software e
Cd". Lo stesso giorno il Times rivela la strategia di Amazon per ipnotizzare i
clienti e farli tornare sul sito per comprare: "Far sentire il visitatore parte di
una comunita. Amazon.com e il posto in cui gli amanti della lettura possono
trovare informazioni sui libri intelligenti ed erudite (poco importa che qualche editore
paghi per avere i suoi volumi recensiti sul sito)".

E ancora: il 26 febbraio Saul Hansell e Amy Harmon tornano sul tema dei
legami proibiti tra pubblicita ed editoria. Citano le partnership tra la casa
produttrice di prodotti per bambini Johnson & Johnson e il sito informativo Baby
Center, tra il ristorante messicano El Cholo e il Los Angeles Times, tra il negozio
virtuale Netmarket e il sito guida al commercio elettronico CompareNet. "Ognuno di
questi siti Internet scrivono ha uno staff di editor che segnalano tutto
quello che e messo in linea come informazione oggettiva. Ma quando si fa una
ricerca, i siti a cui e data una posizione piu favorevole sono quelli che
pagano la pubblicita, e questo e spiegato poco o niente.". Tra gli esempi
non manca ovviamente quello di Amazon, con tanto di rimando allinchiesta-scoop sulla
vendita delle recensioni.
Il 14 marzo, infine, Peter De Jonge firma un pungente ritratto di Jeff
Bezos, amministratore delegato di Amazon. Titolo della lunga articolessa: "Navigando
sulle selvagge e pericolose acque di Amazon.com". Occhiello: "Credete che sia
facile guidare una societa da venti miliardi di dollari che non ha mai guadagnato
dieci cents?". Il pezzo racconta la scalata di Bezos e del suo sito, menzionando
ancora una volta laffare delle recensioni e la competizione con Barnes & Noble,
i cui rapporti col Times vengono pero taciuti.
Certo, tutto cio non scalfisce la credibilita di un
giornale come il New York Times. Ma apre la strada a una serie di dubbi. Che riguardano in
particolar modo i mezzi di informazione su Internet. La tendenza di tutti i media on line
a mescolare la funzione informativa con attivita legate al commercio elettronico
e innegabile, e la si vede ovunque. La Rete si presta piu di altri media
allibridazione: e questo pone problemi etici di grande spessore. Oggi ancora
irrisolti. Tanto che, proprio a proposito della querelle Amazon New York Times,
Matt Welch si chiede sullOnline Journalism Rewiew (la testata telematica che
piu si interroga sulle tensioni deontologiche che attraversano Internet come media)
se questi fatti non possano alla lunga incrinare il rapporto di fiducia tra mezzi
dinformazione e lettori. Soprattutto se in questione non e il New York Times,
il cui nome e gia garanzia dindipendenza, ma testate piu piccole,
spregiudicate e bisognose di pubblicita. "Anche gli altri giornali meritano la
stessa fiducia [del Times, ndr] circa limparzialita di articoli che riguardano
gli sponsor e i loro concorrenti? I contenitori di informazioni non dovrebbero forse
rivelare negli articoli le loro importanti relazioni commerciali? Che cosa succede se i
lettori diventano sospettosi?", si chiede Welch. Gia, cosa succede?