La bomba caduta sullambasciata cinese di Belgrado
ha intensificato a Washington, e forse anche in qualche capitale europea, il timore che
stia per disintegrarsi il fronte unito della NATO favorevole alla linea dura contro la
Serbia. Il bombardamento involontario ha fatto seguito allapparente allentamento
delle severe condizioni da imporre a Milosevic, concesso dal G-7 al fine -- come ha detto
Madeleine Albright senza troppi eufemismi -- di tirare in ballo anche la Russia. Difatti,
anche su questo punto la camicia di forza politica imposta da Washington rischiava di
scoppiare.
Adesso, la Cina ha in mano uno strumento ancor più efficace per
continuare a insistere, come ha sempre fatto, che i raid aerei della NATO contro la Serbia
rappresentano uninaccettabile interferenza esterna negli affari interni di una
nazione sovrana. Più ancora che il merito di questa argomentazione, forse, conta il fatto
che essa contribuisce ulteriormente alle divisioni interne alla NATO e alla sua potenziale
disintegrazione. Ormai devessere ben chiaro a tutti gli interessati che
lintegrità della NATO corre seri rischi.
Negli Stati Uniti, saranno in molti a giudicare lerosione del
fronte unito della NATO come lennesima manifestazione dellincapacità
dellUnione Europea di darsi anche solo un minimo di posizione comune, persino
rispetto a conflitti atroci e a violazioni dei diritti umani che avvengono nel cuore
stesso dellEuropa, come nel caso della Serbia. Ora, questo sarà anche vero: ma la
grave incertezza in cui versa lAlleanza atlantica ha altri due motivi, non meno
profondi, che riguardano non lEuropa ma proprio gli Stati Uniti.
Il primo è costituito dai continui errori di calcolo commessi da
Washington, sia in merito alla scansione temporale, che in merito allentità degli
interventi necessari. Per quanto riguarda Slobodan Milosevic, gli errori di valutazione
della sua forza e della sua determinazione, della sua capacità di conseguire i suoi scopi
e delle mosse necessarie a fermarlo o a sconfiggerlo, risalgono addirittura
allamministrazione di George Bush. Il suo successore Clinton non ha fatto che
riprendere gli errori iniziali e aggiungervi i suoi, uno dopo laltro, compreso
laccordo di Dayton. A dispetto di tutti gli eventi storici che dimostravano il
contrario, Clinton ha fatto credere agli americani che fosse possibile sconfiggere
avversari del calibro di Milosevic e dei serbi con i bombardamenti aerei, che comportano
ben poche perdite fra i propri soldati.
Ma un secondo e più profondo motivo dellattuale disagio della
NATO sta nel fatto che a guidarla è proprio lui, Clinton, un presidente che non possiede
una politica estera né per i Balcani né per altri "punti caldi" del mondo. La
politica estera di Clinton sembra consistere nel porre richieste, rimproverare gli amici
più recalcitranti e bombardare i nemici che non obbediscono agli ordini
dellAmerica. Quando però scoppia una crisi, né gli amici né i nemici possono mai
sapere con certezza quale sarà la "strategia della settimana" adottata da
Clinton o da Madeleine Albright. Viste le circostanze, non cè da stupirsi se
leredità di Bush in politica estera, sommata agli errori di Clinton, finisce col
costituire un triste elenco di occasioni perdute e di errori. Né cè da stupirsi se
in Europa cè qualcuno che rimpiange apertamente i vari Kissinger e Brzezinski del
passato.
Laspetto più sconfortante di questo quadro, già fosco, è che
sia fra i democratici che fra i repubblicani, in Congresso o più generalmente nel
panorama politico americano, manca un leader dotato di quella lungimiranza e di quella
saggezza che occorrerebbero per dare allAmerica una politica estera equilibrata e
responsabile. E, almeno finora, non sembra affatto probabile che un leader in possesso di
queste qualità esista o possa emergere dal contesto europeo o della NATO.
Le mancanze dellamministrazione Clinton comportano un prezzo
potenzialmente assai gravoso, che va ben al di là dellattuale impasse. I rischi di
lungo periodo per la pace mondiale impliciti in questo conflitto balcanico derivano
dallormai comprovata incapacità sia degli Stati Uniti che della NATO di integrare
come è opportuno la Russia e la Cina in un sistema di sicurezza su scala mondiale. Se la
bomba caduta sullambasciata cinese di Belgrado servirà a mettere in luce questa
grave lacuna e lesigenza di porvi subito rimedio, si raggiungerà forse, anche se
involontariamente, un risultato costruttivo di cui si sente un gran bisogno.