Questo articolo e'
apparso il 12 maggio su "Il Sole 24 Ore"
Forse lunica consolazione della tragedia del Kosovo è stata
quella di fornire una scusa a quanti si arrampicavano sugli specchi per spiegare la
debolezza delleconomia italiana. Ecco finalmente un appiglio concreto cui appendere
lannerimento delle prospettive... E magari è anche vero: in effetti la contiguità
fisica appanna la fiducia e infiacchisce le voglie di spesa più che in altri Paesi. Come
è vero per passare di crisi in crisi che quella asiatica ci ha colpito più
che gli altri: lItalia nel 1997 si vantava con ragione di fornire la quota di
maggioranza relativa del surplus esterno dellarea-euro, ed era lunico Paese a
registrare un avanzo commerciale negli scambi con le "tigri" asiatiche.
Tutto vero: ma la poca crescita delleconomia pre-data le varie
crisi, e ha bisogno di una spiegazione autonoma. Una spiegazione che diventa tanto più
urgente in quanto il fioco sviluppo italiano diventa un lamento internazionale, come
ricorda giustamente Mario Monti sul "Corriere della Sera" del 9 maggio. Questi
italiani, ravveduti sul fronte dei deficit e dellinflazione, minacciano ora la
Comunità di scarso dinamismo... Perché lItalia non cresce?

Molti articoli si sono aperti sul Sole-24 Ore con questo interrogativo.
E le risposte spaziano dai difetti antichi (rigidità e fiscalità) allambiente
nuovo (post-euro e globalizzazione). Fra i sospettati ma a carico ci sono solo
prove indiziarie cè il risanamento stesso delleconomia: lo sforzo è
stato troppo intenso o troppo concentrato e leconomia italiana, secondo questa tesi,
si accascia ora sul prato come un atleta prostrato al termine della maratona. A prima
vista, questa tesi sembra curiosa: non si era sempre detto che leconomia era
afflitta da molte magagne alto costo del danaro, inflazione, svalutazioni a catena,
deficit pubblici e di queste ci dovevamo liberare? La saggezza convenzionale
cui chi scrive confessa di aver appartenuto voleva che, entrati nella moneta unica
e alleggeriti da quei fardelli, avremmo potuto cominciare a correre nelle terre promesse
della crescita. Non è andata così. Cè una maniera di "incolpare" il
risanamento senza cadere nellestremo opposto di affermare che "si stava meglio
quando si stava peggio"?
La tesi che qui si intende avanzare e sottoporre a verifica
empirica è quella della "sindrome da astinenza". È una tesi che ha
importanti conseguenze politiche e pratiche. Per capire la sindrome bisogna guardare alle
"magagne" sopra descritte in modo diverso dal solito. Solitamente inflazioni,
deprezzamenti, deficit e alti tassi vengono considerati come difetti in sé, categorie
luciferine delleconomia da respingere con un vade retro, alterità nemiche rispetto
a un corpo sano da preservare. Se tale è il caso, si capisce come lasinello
delleconomia italiana, una volta scrollatosi di dosso queste some, possa allungare
il passo. Ma più realisticamente, questi pesi, presenti da decenni nel corpaccio
delleconomia, si erano innervati nei comportamenti e nelle mentalità. La frase
ricorrente di uneconomia "drogata" da deficit e inflazione era ancor più
vera di quanto si pensasse, perché la droga porta assuefazione. E togliere la droga non
vuol dire togliere la spina dalla zampa del leone, come fece san Girolamo: vuol dire
causare una "sindrome da astinenza" da cui si mette tempo a guarire e per cui
abbisognano terapie specifiche.

Questa tesi è passibile di verifica empirica. Si tratta di guardare
allesperienza di vari Paesi che hanno conosciuto periodi intensi di risanamento.
Qual è stata la risposta della crescita alla catarsi dei conti? Ed è possibile spiegare
questa risposta in termini dellintensità del risanamento e, soprattutto, in termini
della differenza fra la situazione prima e dopo la cura? Ove il "prima" è da
intendersi nel senso sopra esposto, cioè nellesistenza di un radicamento delle
magagne nelleconomia. Un fumatore accanito, che smetta di fumare, avrà tanta più
difficoltà quanto più tempo ha convissuto col fumo. Ed è possibile rappresentare questo
radicamento con la misura delle "magagne" in un lungo arco di tempo prima del
risanamento.
Sono stati quindi passati in rassegna otto episodi di risanamento, in
Italia, Gran Bretagna, Irlanda, Spagna, Danimarca, Svezia, Canada e Grecia, in periodi fra
linizio degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta. La variabile da spiegare è
la "risposta della crescita": per rendere questa risposta indipendente dagli
andamenti generali delleconomia internazionale, si è guardato di quanto
levoluzione del Pil reale nel Paese in questione si sia discostata dalla crescita
dei Paesi partner. Il "risanamento" è stato definito come un miglioramento,
nellarco di tre anni, di almeno quattro punti di Pil nel saldo di bilancio
strutturale (cioè corretto degli effetti del ciclo). Per costruire la variabile
"shock da risanamento", tuttavia, non basta guardare alla pura stazza del
miglioramento dei conti. Bisogna anche guardare, come detto sopra, a quanta nicotina
cera nel sangue del fumatore. Per far questo, si sono prese in considerazione
quattro variabili deficit pubblico, inflazione, svalutazione e costo del danaro
e per ognuna di queste si è calcolata la differenza fra il valore registrato alla
fine della "guarigione" e il valore medio nel periodo dal 1970 allanno
precedente il risanamento. I risultati di queste cinque variabili il risanamento e
i quattro confronti fra lanno della "vittoria" e le cattive abitudini del
passato hanno portato a cinque classifiche. E a ogni Paese si è attribuita una
semplice somma "ordinale" dei posti ottenuti nelle classifiche.

Il risultato è stato un indice di "shock da risanamento", di
cui è stato verificato il potere esplicativo rispetto alla "risposta della
crescita". I risultati sono confortanti (vedi grafico): lindice spiega da solo
più della metà del differenziale di crescita. E lipotesi di "sindrome da
astinenza" è in particolare verificata per leconomia italiana. Questa registra
sia il valore più alto dellindice, sia la risposta più deludente della crescita:
questa scarna risposta sembra insomma dipendere dalla violenza dello "shock da
risanamento".
Le polemiche sul "di chi è la colpa" assumono allora altra
luce. E assomigliano alle beccature dei polli di Renzo. La "colpa" sta nel fatto
che era tutta la società a essere deficit-dipendente o inflazione-dipendente o
svalutazione-dipendente. Le famiglie erano assuefatte ad alti rendimenti reali, le imprese
erano assuefatte alla debolezza della lira, i politici erano assuefatti a spazzare i
problemi sotto il tappeto del deficit... Limprovvisa ritiro di questi ripari ha
portato a uno smarrimento da cui si fatica a riprendersi. La sindrome da astinenza ha
bisogno di tempo per guarire, si è detto. Ma ha bisogno anche di terapie adeguate.
Bisogna riconoscere che non è mancata nella società e nella politica la coscienza del
fatto che alla fase del risanamento doveva seguire la "fase due" degli stimoli
alla crescita. Ma la mancata percezione del pericolo purtroppo divenuto realtà
di una sindrome da astinenza ha appannato lurgenza dellazione. Ora vi
è il rischio fondato che, in mancanza di una guida energica, la sindrome diventi cronica.
E per ovviare a questo rischio non vi è altra alternativa che creare nuovi sbocchi alle
occasioni di crescita. Prendere dei rischi sul terreno della pressione fiscale,
intensificare lo smantellamento dei regimi autorizzativi, la semplificazione burocratica,
la demolizione delle barriere allentrata, lapertura dei settori protetti,
senza dimenticare la cornice cruciale delle riforme istituzionali.