Stanco ma soddisfatto. Il
bilancio della trasferta americana di Massimo D'Alema è decisamente positivo. Si è
discusso molto della guerra nei Balcani nel summit Nato e, grazie all'iniziativa di
Hillary Clinton, la politica del futuro non è rimasta fuori della porta. La "terza
via" non è ancora tracciata del tutto ma comincia ad avere una sua identità.
Insomma, se all'ultimo momento, il faccia a faccia finale con Bill Clinton non fosse stato
ridotto ad una conversazione informale di una decina di minuti concluso con l'impegno a
sentirsi per telefono anche per organizzare, ma questo con Hillary, un altro incontro a
Firenze cui fare seguire anche le prime proposte concrete, il presidente del Consiglio
italiano avrebbe fatto l'en plein.

In quei pochi minuti, strappati al protocollo e alla stanchezza, c'è
stato il tempo di affrontare la questione di Silvia Baraldini che resta affidata alle
iniziative che i ministri di Grazia e giustizia dei due Paesi concorderanno. Uno spiraglio
c'è. Anche se i problemi non mancano. E, a proposito della tragedia del Cermis, D'Alema
ha ricordato a Bill Clinton l'assunzione di responsabilità fatta dal governo americano e
che costituisce "un impegno politico". Anche in questo caso il lavoro
istruttorio è tutto delegato ai ministri competenti.
Un incontro informale, al termine del dibattito sulla "terza
via", quella che porta al ventunesimo secolo, che si è tenuto nel lussuoso
auditorium del Press center. Tappeti, legni pregiati. Alle pareti le prime pagine in
bronzo dei maggiori giornali d'America dedicate agli avvenimenti del secolo. Una targa
ricorda mister Pulitzer che in queste sale (e non solo) resta un mito del giornalismo.
Nella sala la "crema" dei democratici americani, sindaci e governatori. Festa,
per così dire in famiglia, con in prima fila la First lady sorridente ed elegante in un
impeccabile tailleur marrone e le signore Blair, Kok e Schroeder. Sul palco Bill Clinton
al centro, con al lato i quattro leader europei, che li invita a cercare insieme la
ricetta per riuscire a coniugare "flessibilità economica e la possibilità di
garantire ad ogni cittadino che se lo merita lavoro e successo" alle soglie del 2000.
Quesito complesso ma il premier italiano su questo ha le idee chiare.

Se le radici contano...E così a quegli interlocutori di livello, in
platea e sul palco, Massimo D'Alema non ha esitato a ricordare che non è più tempo di
temere il senso delle parole. "Noi quattro apparteniamo all'Internazionale socialista
e so che la parola socialismo qui fa paura" ha detto il premier italiano rivolgendosi
agli altri europei al tavolo ed incassando un sussulto di Clinton. "Ma - lo ha subito
dopo tranquillizzato - se passiamo dalle parole ai fatti vediamo che siamo molto più
vicini di quel che pensiamo". Gli dà ragione il presidente Usa ricordando un suo
viaggio in Italia, dieci anni fa quando "io e mia moglie abbiamo incontrato un
comunista che era contro l'Unione sovietica e a favore della Nato. Comunque, se ci fosse
una campagna elettorale, non ti inviterei" aggiunge con ironia per allentare
l'impatto di quel "socialista". E, ad ulteriore garanzia, Clinton ricorda che
D'Alema è amico dell'italiano più popolare in questo momento in America, Roberto Benigni
che, garantisce lui per tutti, "dopo la sua performance alla cerimonia dell'Oscar vi
ha portato affetto e rispetto". Terza via, dunque. Quella intrapresa mesi fa con
Romano Prodi in un analogo appuntamento a New York, e che ora sembra più vicina.
Ma D'Alema coglie l'occasione per ribadire un concetto che gli sta a
cuore e che gli dà il passaporto per percorrere quella via, una volta che ci sarà da
farlo. Un applauso convinto accoglie le parole di D'Alema. "Si dice -spiega- che i
tedeschi amano gli italiani e gli italiani rispettano i tedeschi. Ecco, io trovo i
tedeschi amabili e voglio che gli italiani siano rispettati. L'Italia è un Paese serio. E
quando prende un impego lo rispetta. Nei Balcani siamo stati presenti fin dall'inizio con
i nostri 42 aerei, 5.000 soldati, duemila civili per l'assistenza ai profughi. Ci siamo e
ci resteremo fino alla fine al fianco delle forze dell'Alleanza". Non sarà il solo
applauso per il presidente italiano che è riuscito a strappare all'uditorio anche una
serie di compiaciute risate. L'arma dell'ironia ha funzionato anche qui. Ed ha consentito
aperture ma anche puntualizzazioni nei confronti dei leader europei, indispensabili per
camminare fianco a fianco. A cominciare da Tony Blair che in questi giorni è stato più
al fianco degli Usa che degli europei. "Capisco che geograficamente tu sia più
vicino di tutti noi all'altra sponda dell'Oceano -gli ha detto D'Alema ricordandogli,
però, che "la funzione di ponte è utile solo se riesce a far da traino per tutti
gli altri". Europa unita, dunque. Non è tempo di voci soliste.| Anche perchè i
problemi non mancano. E sono comuni. Positivo, dunque, "il linguaggio della forza, ma
anche quello della speranza" che il presidente degli Stati Uniti ha saputo usare
"e di cui voglio ringraziarlo in questa sede poichè nei giorni scorsi fin troppi si
sono complimentati con lui".

Utile per affrontare insieme, con la stessa determinazione usata per il
Kosovo e per cui è necessario arrivare ad un a pace giusta, "la questione del debito
di quei paesi che non ce la fanno a pagarlo perchè sono troppo poveri. Cancellarlo
potrebbe essere una delle decisioni del prossimo G7 di Colonia". Potrebbe essere
questa l'attuazione pratica di quel "concetto globale della solidarietà" che la
terza via dovrebbe perseguire e che per D'Alema resta essenzialmente "una grande
sfida culturale, il coraggio di prendere decisioni che servono ad alimentare la
speranza".
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