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Com’e’ bello vivere con mamma e papa’

 

Cristiana Pulcinelli

 

 

In famiglia stanno bene. Niente responsabilita’, niente calzini sporchi da lavare, pasti caldi e nutrienti garantiti, (senza nemmeno la fatica di dover, poi, rigovernare la cucina), qualcuno con cui chiacchierare la sera, ma senza dover rinunciare alla possibilita’ di portare a casa amici e, spesso, anche fidanzati. Inoltre, i conflitti con i genitori sono ormai ridotti al minimo. Perche’ mai dovrebbero andare a vivere da soli questi giovani? Infatti non lo fanno: piu’ della meta’ dei 13 milioni e mazzo di italiani tra i 20 e i 34 anni vive nella famiglia di origine. E molti non hanno nessuna intenzione di andarsene, se non a ben precise condizioni.

Siamo diversi dal reso dell’Europa, non c’e’ dubbio. Se confrontiamo la situazione italiana con quella dei giovani francesi, tedeschi o inglesi, vediamo che in questi paesi la percentuale dei giovani tra 20 e 24 anni che vive nella famiglia d’origine arriva al 60%. Da noi sono l’88%. Le differenze sono ancora maggiori se si parla delle ragazze: in Italia otto su dieci vivono nella casa dei genitori, in altri paesi europei solo 4 su dieci. Anche se, quando saliamo alla fascia d’eta’ 25-29 anni, la percentuale di ragazze che vivono in casa e’ molto piu’ bassa dei ragazzi. La tendenza, comunque, si e’ rafforzata nel tempo, a prescindere dalle differenze di sesso: negli ultimi dieci anni e’ aumentato di circa il 10% il numero dei ragazzi che non se ne vanno di casa.

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Come mai? L’istituto di ricerche sulla popolazione del Cnr ha voluto rispondere a questa domanda con un’indagine motivazionale: non si trattava tanto di constatare un fatto, ma di capire motivazioni, speranze e condizioni che stanno dietro la scelta di uscire o non uscire di casa. Per far questo i ricercatori hanno intervistato telefonicamente 4500 giovani di eta’ compresa tra i 20 e i 34 anni che vivono ancora in famiglia e, successivamente, 1000 genitori di quegli stessi ragazzi. I risultati sono stati presentati ieri a Roma in una conferenza stampa alla quale ha partecipato anche Serena Dandini. Un "escamotage" per rendere piu’ digeribili grafici e tabelle? Forse, ma e’ anche vero che, oltre a quelli scientifici, ci sono altri metodi per entrare nell’universo giovanile e l’invito alla Dandini voleva rendere omaggio anche a queste conoscenze meno misurabili ma non meno degne di attenzioni.

Quello che emerge in primo luogo dalla ricerca e’ che la famiglia non e’ un ammortizzatore sociale: non si resta a casa perche’ non si trova lavoro, o almeno non solo per questo. Il 40% degli intervistati lavora a tempo pieno (anche se dichiarano di voler in futuro cambiare lavoro, giustificando cosi’ la loro permanenza in casa con mamma e papa’). L’8% ha lavoretti temporanei e circa un quarto riceve la paghetta dai genitori. A contribuire alle spese domestiche, pero’ non ci pensano granche’; il 41% non da’ nessun aiuto. Quelli che lavorano contribuiscono un po’ di piu’, naturalmente, ma come? La meta’ degli intervistati si paga i vestiti e le uscite con gli amici. Un misero 5% pensa alle bollette. "C’e’ da dire, pero’, che sono gli stessi genitori a non voler monetizzare la presenza dei figli in casa", ha spiegato Rossella Palomba che ha condotto la ricerca assieme a Maura Misiti, Adele Menniti e Corrado Bonifazi. Forse le madri chiederebbero un po’ di contributo ai lavori domestici, ma non trovano grandi risposte, in particolare dai figli maschi (ad esempio, solo il 18% dei ragazzi cucina, contro il 44% delle ragazze).

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Qualche vantaggio nell’andarsene a vivere da soli questi giovani lo intravedono: piu’ indipendenza, autonomia di movimento, liberta’ decisionale ... Tutte motivazioni molto teoriche e forse un po’ superficiali. Peraltro, va notato, che questa generazione gode di molte liberta’ anche stando in famiglia: quasi tre giovani su quattro hanno una stanza propria, il 71% e’ libero di ospitare amici senza avvertire, il 56 % puo’ organizzare feste e cene senza restrizioni (la percentuale sale all’84% se i genitori vengono avvertiti per tempo). E anche i momenti di intimita’ con il partner sono largamente possibili: il 48 % dichiara di poterne avere anche senza preavvisare i genitori. Certo, le cose si complicano per le ragazze che abitano al Sud: solo una su quattro puo’ godere di liberta’ sessuali in casa.

Nel complesso, comunque, in famiglia stanno bene, tanto che, alla richiesta di dare una votazione a mamma e papa’ il 45% laurea i genitori con un 8-9. Ma un buon 30% degli intervistati concede loro un 10 pieno. Sugli svantaggi di una loro uscita nel mondo, i giovani sono molto piu’ concreti: in primo luogo si paventa un danno economico, subito dopo viene la paura dei lavori domestici, cucinare e stirare sono lo spauracchio successivo. Al quinto posto troviamo la solitudine, al sesto la maggiore responsabilita’ e all’ottavo la perdita affettiva. Il mondo esterno, lungi dall’essere un luogo da esplorare con passione e curiosita’, diventa fonte di paure e di ansie, qualcosa da cui ci si deve proteggere. "Potrei uscire di casa solo in un momento di follia", ha detto una delle intervistate.

E il punto di vista dei genitori? Fanno riflettere le risposte alla domanda su quali sarebbero per loro i vantaggi dell’uscita di casa dei figli: oltre il 50% risponde "nessun vantaggio". Il che la dice lunga sulla voglia di tenere i figli sempre con se’: "I figli sono sempre cuccioli – e’ una delle risposte ottenute – non vanno spinti ad uscire da casa; deve essere una loro scelta". Nello stesso tempo, pero’, si nota che molti di quelli riconosciuti come vantaggi dai genitori altro non sono che l’altra faccia di quelli visti come svantaggi dai figli: meno lavoro, piu’ tempo libero, piu’ spazio.

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Ma c’e’ davvero voglia di uscire dal nido? Il 73% dei giovani non ha intenzione di andarsene per i prossimi 12 mesi. Ma la cosa piu’ strana (e preoccupante) e’ che il 75% dei ragazzi ascoltati non ha mai vissuto fuori di casa per piu’ di tre mesi. Quelli che lo hanno fatto sono per lo piu’ maschi. Dove stavano in quel breve periodo i nostri esploratori? Che domande, per lo piu’ in caserma o in un collegio. Il militare e’ una delle poche occasioni per fare esperienze al di fuori delle mura domestiche, come cent’anni fa. Se viene pero’ loro esplicitamente chiesto: sareste disponibili a spostarvi per lavoro? la risposta e’ tendenzialmente positiva. Magari per un periodo limitato, magari a una distanza tale da consentire di raggiungere la famiglia nel week end, ma una propensione al movimento esiste. Pero’, le condizioni principali per uscire da casa rimangono un lavoro stabile e un reddito mensile sufficiente (che, nella loro testa, si aggira sui 3 milioni al mese). Mentre la spinta decisiva e’ sempre la stessa: il matrimonio.

 

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