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Tutti pazzi per il musical

 

Ada D’Adamo

 

 

Già si contano, anche se sporadici, i casi di "sindrome da Titanic", ovvero di spettatori che l'hanno visto non una o due, ma 20 o 30 volte. La patologia però non si manifesta in presenza della pellicola con Leonardo Di Caprio, ma al cospetto di Grease, uno dei musical più noti di Broadway che, nella versione italiana in scena da più di due anni, costituisce il primo esempio nazionale di "Long Running Show".

Grease, che ha debuttato a Milano nel marzo 1997 e che la passata stagione aveva già registrato il tutto esaurito al Sistina di Roma, dal 10 marzo è di nuovo nella capitale dove, per ospitarlo, è stata costruita un’enorme tensostruttura, il "Palagrease", attrezzata come un teatro di massimo prestigio: palcoscenico di grandi dimensioni, foyer, bar, guardaroba, comode poltrone. Insomma, un vero e proprio "teatro stabile del musical".

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Il successo di pubblico è ormai un dato di fatto acquisito: 322.000 spettatori in nove mesi di repliche, 14 miliardi di incassi per 250 rappresentazioni, e poi ancora 100.000 chiamate alla "Greaseline", la linea telefonica attiva 24 ore su 24 e 5.000 contatti con il sito internet (http://www.musical.it) che consente la prenotazione dei biglietti on-line.
Quali sono i motivi di questo successo sorprendente? E come mai il pubblico italiano è così attratto da una forma teatrale tipicamente anglosassone, tanto lontana dal proprio patrimonio culturale? Se Grease costituisce di per sé un "caso" eclatante, la "musical-mania" è un fenomeno di proporzioni ben più ampie, partito un po’ in sordina almeno una decina d’anni fa.

Al 1988 risale La piccola bottega degli orrori, primo musical prodotto dalla Compagnia della Rancia, fondata nel 1983 a Tolentino, una cittadina delle Marche, dal regista Saverio Marconi. A lui il merito di aver realizzato un progetto che, sulla carta, sembrava a dir poco azzardato: mettere in scena i maggiori successi di Broadway con interpreti, testo e canzoni rigorosamente italiani. Già il primo scoglio, quello del cast, sembrava insormontabile. Perché il musical, volendo semplificare al massimo, è uno spettacolo in cui si balla, si canta e si recita e dove gli interpreti dovrebbero, a rigor di logica, saper fare bene tutte e tre le cose. E’ questo il segreto delle grandi produzioni americane: compattezza e preparazione tecnica in tutte le discipline, grazie a scuole dove si impara a fare tutto ciò (una per tutte: la "School of Performing Arts" resa celebre dal musical e dall’omonimo serial televisivo Fame-Saranno famosi).

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Non era facile importare questo modello in un paese in cui, per tradizione, non si è mai investito su un tipo di formazione artistica multidisciplinare. Dunque, almeno all’inizio, ai provini della Rancia si presentavano straordinari ballerini assai stonati oppure cantanti e attori bravissimi, ma incapaci di muovere un passo di danza.
Oggi tutto questo non accade più: il numero crescente degli allestimenti ha imposto anche agli artisti la necessità di crescere, di studiare (magari all’estero), di acquisire una preparazione multiforme, cui la stessa compagnia della Rancia ha dato il suo contributo in termini di formazione.

Secondo rischio: l’adattamento del testo e la traduzione in italiano di canzoni-culto conosciute in tutto il mondo. Eppure, dopo l’iniziale scetticismo, anche questa scelta, che lì per lì aveva fatto rabbrividire i puristi del genere, si è rivelata vincente: così "One", leit-motiv di A Chorus Line è diventata "La rara sensazione" e "You are the One that I Want", che sancisce il lietofine di Grease, in italiano suona "Tu sei fatto per me". Con piena soddisfazione della critica, ma soprattutto del grande pubblico, cui questo genere di spettacolo "leggero" si rivolge (non dimentichiamo le origini popolari delle prime "Musical Comedy" americane, nate dalla necessità di parlare al pubblico multietnico degli immigrati che, con l’ausilio di canzoni e danze legate da un filo narrativo, riuscivano a comprendere meglio la lingua inglese).

Dunque il pubblico italiano, notoriamente ben disposto ad accettare tutto quanto proviene dagli States, ha mostrato un immediato interesse per il genere. Dopo il successo della Piccola bottega degli orrori (300 repliche in 2 anni), Saverio Marconi ha proseguito su questa strada producendo A Chorus Line, La cage aux folles, Cabaret, West Side Story, fino ai titoli attualmente in scena: oltre a Grease (prodotto dalla società "Musical Italia"), Sette spose per sette fratelli e l’italianissimo Le notti di Cabiria, tratto dal film di Fellini.

E qui le sorti del musical si intrecciano con quelle della commedia musicale all’italiana, cui la compagnia della Rancia aveva già reso omaggio nel 1992, riallestendo Il giorno della tartaruga, un classico firmato nel 1964 dalla premiata ditta Garinei&Giovannini. Il marchio G&G identifica 50 anni di vita nazionale: la formula è più o meno la stessa del musical, con meno lustrini ma legata a doppio filo alla storia e al costume italiani. Rinaldo in campo, Ciao, Rudy, Aggiungi un posto a tavola sono alcuni dei titoli che hanno visto la luce sul palcoscenico del Teatro Sistina di Roma e che hanno lanciato i migliori talenti della prosa e del cinema di quegli anni: Modugno, Manfredi, Dorelli, Mastroianni, Proietti, Montesano, Bramieri...

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Oggi, forse sulla scia del musical, anche le commedie musicali di Garinei e Giovannini sembrano vivere una nuova stagione di successi. È il caso di Alleluja brava gente, ripreso nel ‘94, Un paio d’ali nel ‘96 e Rugantino lo scorso anno: tre titoli portati al successo rispettivamente da Mariangela Melato e Gigi Proietti (1970), Giovanna Ralli e Renato Rascel (1957), Lea Massari e Nino Manfredi (1962), mentre oggi ne è protagonista indiscussa Sabrina Ferilli, di volta in volta in coppia con Massimo Ghini, Maurizio Micheli, Valerio Mastrandrea. E’ stato soprattutto Rugantino a consacrare il successo della Ferilli — in vendita sin da ora i biglietti per la ripresa dello spettacolo al Sistina, nel mese di dicembre — a suo agio nella commedia più classicamente italiana e "romanesca" di tutta la produzione di G&G. Accanto a lei un altro romano doc, Valerio Mastrandrea, noto al grande pubblico per le sue assidue apparizioni al "Costanzo Show".

E proprio le frequenti "migrazioni" di personaggi televisivi, cinematografici, radiofonici verso il teatro sono un altro fenomeno evidente delle ultime stagioni: oltre alla coppia Cuccarini-Ingrassia, protagonisti di Grease ma insieme anche su Canale 5 come conduttori di "Campioni di ballo", nel nuovo Chorus Line figura Antonella Elia, ospite pressoché fissa di "Buona domenica". Poi Mauro Marino, dj di Radio Dimensione Suono, Amadeus e Marco Predolin (che si sono susseguiti nel ruolo di Vince Fontaine in Grease). E ancora le cantanti Rossana Casale e Tosca, rispettivamente in Un americano a Parigi (1995, regia di Luciano Cannito) e Sette spose per sette fratelli, accanto al protagonista Raffaele Paganini, étoile del Teatro dell’Opera di Roma noto al grande pubblico per aver partecipato, negli anni Ottanta, ad alcune edizioni di "Fantastico", il varietà Tv del sabato sera condotto da Pippo Baudo. Erano tempi in cui la televisione poteva ancora strappare al teatro talenti giovanissimi e consacrare danzatori già affermati: Mario Marozzi, Alessandra Martinez, Oriella Dorella, perfino la Fracci, che si misurò in una "gara di bravura" con la straordinaria Heather Parisi.

Oggi sembra accadere il contrario: mentre in Tv trionfa la fiction e le luci del varietà paiono definitivamente spente, le stelle del piccolo schermo cercano a teatro quel consenso popolare che sino a qualche anno fa solo la prima serata del sabato di RaiUno sapeva garantire. Per gli artisti è un salto di qualità (ci si misura con un pubblico vero, si assapora l’emozione dell’applauso). Per i produttori è una garanzia di successo o, perlomeno, un ottimo investimento: il nome di richiamo suscita curiosità nel pubblico, che compra i biglietti; solletica gli sponsor, che investono denaro e producono merchandising; attiva le case discografiche, che distribuiscono le colonne sonore degli spettacoli; garantisce l’attenzione della stampa, ormai avara di spazi per il teatro, ma più generosa quando si tratta di "Spettacolo e TV".

Per il prossimo anno si parla già di A qualcuno piace caldo, con Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi e del ritorno al Sistina di Enrico Montesano, nei panni di Mrs Doubtfire. E intanto è nell’aria una tournée americana di Rugantino, come già avvenne nel ‘62, mentre Saverio Marconi vola a Parigi, alle Folies Bergère, per allestire Victor Victoria.

Sembrerebbe tutta in discesa la via italiana al musical, ma resta da vedere quale sarà la reazione del pubblico di fronte alla "lunga tenitura" degli spettacoli: se Grease è un meccanismo perfetto di divertimento — grazie all’ottimo livello tecnico e professionale di tutti gli interpreti, Lorella Cuccarini in testa — il rischio più grande è che, per far correre la macchina dei "Long Running Show", si rinunci all’apporto di talenti veri ma sconosciuti, sempre più a favore di personaggi popolari desiderosi soprattutto di "sdoganarsi" dalla TV.

 

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