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Tutti i di@letti dell'Intenettese (come cambia la lingua al tempo di Internet)

Federica Casadei e Domenico Fiormonte con Giancarlo Mola

 

 

"non so se posso venire all’appuntamento xche’ ho un impegno di lavoro. mi dispiace mooooooooolto :-( . XO’ NON TI ARRABBIARE CON ME!!!. vediamo se possiamo vederci, magari, mmmh, domani. che ne dici? ne sarei taaaaanto contento. :-)".


Italiano? Ai puristi della lingua un testo del genere farebbe accapponare la pelle. Eppure questo e’ l’esempio classico di uno dei milioni di messaggi che, via posta elettronica o chat, attraversano ogni giorno il web del nostro Paese. Non ci vuole molto per capire che si e’ di fronte ad una forma nuova di espressione linguistica. Che in pochissimi anni ha definito e codificato la sua prassi. E che coinvolge si’ una élite di persone, ma una élite qualificata e in forte crescita. Gli utenti di Internet appartengono infatti, come dimostrano gli studi, alla fascia culturalmente piu’ alta della popolazione: docenti universitari, professionisti, studenti, soprattutto.

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"L’avvento di Internet ha introdotto variabili linguistiche molto particolari e interessanti", dice Federica Casadei, ricercatrice presso la cattedra di linguistica dell’universita’ di Salerno e studiosa della scrittura elettronica. "Le chat in primo luogo, ma in misura minore anche la posta elettronica, sono caratterizzate dalla compresenza dell’interlocutore. Che e’ un elemento tipico della comunicazione parlata. Il linguaggio che viene utilizzato e’ quindi uno strano miscuglio di scrittura e oralita’, che sfrutta le potenzialita’ di entrambi".

Basta entrare in una qualsiasi chat room, o cominciare a intrattenere rapporti epistolari telematici con cybernauti, per accorgersi di quali siano i segni distintivi dell’internettese. L’uso di maiuscolo e minuscolo e’ completamente stravolto. Non sono piu’ utilizzati per marcare i nomi propri o l’inizio di una nuova frase, ma per simulare il volume della voce. Scrivere una frase in carattere alto corrisponde al parlare ad alta voce. E quando si chatta in maiuscolo senza ragione, dall’altra parte spesso arriva la protesta: "Ma perche’ stai strillando cosi’?". Ci sono poi i cosiddetti emoticons, le faccine. Che trasmettono ai compagni di conversazione il proprio umore, o spiegano il senso della frase che si e’ appena scritta. Cosi’ i segni ":-)" indicano il sorriso, mentre ":-(", rappresenta uno stato d’animo di tristezza. E cosi’ via. Perche’ gli emoticons sarebbero in teoria centinaia. In realta’, pero’, vengono usati solo i piu’ importanti.

Frequentissimo poi l’allungamento delle vocali. Un film che si e’ visto e’ spesso "mooooolto carino", quell’amico "seeeeempre puntuale", ad un insistito invita a fare qualcosa di sgradevole si oppone un deciso "noooooooo". In questo caso la ripetizione delle vocali rappresenta graficamente l’intonazione che si desidera dare alla parola. Aumenta anche l’uso delle interiezioni: come accade nel parlato, quando si cerca l’espressione giusta si prende tempo con un "mmmh", quando si coglie il significato di una frase il cui senso era stato frainteso si reagisce con un "aaah", quando si e’ perplessi si butta giu’ con la tastiera un "mah" dubitativo.

La scrittura nell’era di Internet richiede gran rapidita’. Si deve abbreviare al massimo la lunghezza delle frasi e delle parole. Il testo elettronico e’ piu’ spezzettato, i periodi corti, con le coordinate in netta prevalenza sulle subordinate. Abbondano le sigle, tendenza di netta derivazione anglo-sassone. Ma c’e’ di piu’. Si fa strada quella che i linguisti chiamano notazione sillabica. Che consiste nel leggere le lettere e i numeri con il loro nome piuttosto che con il loro suono. Il risultato e’ che "perche’" diventa "xche’", che "pero’" si scrive "xo’", che spesso il gruppo "ch" viene sostituito da "k". Il fenomeno a dire il vero non e’ nato con Internet. Pare risalga addirittura agli antichi latini. E’ certo pero’ che la Rete ne ha amplificato l’uso. Che rende bene soprattutto con l’inglese: "Icq", uno dei piu’ noti programmi di comunicazione simultanea sta per "I seek you" (io ti cerco), "b4" per "before" (prima), fino all’esempio piu’ noto, quello della band rock "U2", che sta per "you too" (anche tu).

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L’influenza dell’inglese e’, peraltro, l’altro grande tratto evidente nell’internettese. "Senza dubbio – spiega Domenico Fiormonte, dottorando in informatica umanistica all’universita’ di Edimburgo – e’ diventato la base linguistica degli utenti della Rete. Il processo a cui andiamo incontro e’ quello della creolizzazione del linguaggio, in cui l’inglese e’ la lingua dominante, che pero’ viene assunta secondo forme che sono del tutto nuove".

Ma quello che i puristi chiamano "morbus anglicus", o le nuove abitudini di scrittura non uccideranno l’italiano. Cosi’ almeno la pensano la maggior parte degli esperti. "I mutamenti di una lingua hanno tempi secolari. Per ora possiamo solo registrare cambiamenti del lessico", prosegue Fiormonte. Che nel suo volume "Manuale di scrittura", realizzato a quattro mani con Ferdinanda Cremascoli ed edito da Bollati Boringhieri, ha dedicato un intero capitolo proprio alla lingue e allo stile nelle chat e nella posta elettronica. "La conclusione e’ che se si possono isolare fenomeni peculiari, non si assiste ancora ad alcuno stravolgimento della sintassi".

Avrebbero torto, insomma, sia gli apocalittici – i puristi, quelli che vedono nell’internettese un pericoloso elemento di corruzione dell’italiano – sia gli integrati – coloro che esaltano le enormi potenzialita’ comunicative della scrittura telematica nella cultura di massa. "Non dobbiamo dimenticare – afferma ancora Federica Casadei – che Internet ha oggi in Italia meno di un milione e mezzo di utenti, che restano sempre una esigua minoranza della popolazione". E poi bisogna considerare anche gli aspetti positivi: "La diffusione di e-mail e chat e’ portatrice di un grosso processo di rialfabetizzazione. Grazie alla Rete oggi hanno un contatto quotidiano con la scrittura persone che altrimenti avrebbero avuto poche occasioni di usare la penna: su questo influisce molto il nostro sistema scolastico che addestra poco alle diverse forme di scrittura, limitandole prevalentemente al diario, al tema e al modulo burocratico". Meglio la scrittura informale dei cybernauti, che quella astrusa delle leggi o quella ottocentescamente pomposa che si insegna nelle scuole. "Resto fermamente convinta che la lingua serve per comunicare. Un modo di scrivere sciolto e vicino al parlato mi preoccupa sicuramente meno della disabitudine degli italiani ad affrontare la redazione di un testo chiaro".

Certo problemi ci sarebbero se poi queste tendenze intaccassero anche gli altri stili di scrittura, da quello giornalistico a quello saggistico a quello letterario. Federica Casadei, pero’, a quest’ipotesi crede poco: "Non c’e’ rischio per ora. E poi e’ necessario che tutti si abituino all’idea che esistono diversi modi di scrittura a seconda del contesto in cui ci si trova e del mezzo che si utilizza. Le forme linguistiche non sono valide sempre e comunque".

Se ora la situazione e’ sotto controllo, non e’ detto pero’ che il futuro non riservi sorprese. Questo boom della scrittura potrebbe infatti essere solo una sorta di "trionfante crepuscolo". L’espressione e’ di Fiormonte: "Il computer ci ha svelato la nostra natura di animali alfabetizzati. Ma la macchina va molto oltre la scrittura. E’ concretamente ipotizzabile, per esempio, la scomparsa della tastiera. Redigeremo i nostri testi dettando direttamente le parole al computer. E gli aspetti di oralita’ risulteranno ingranditi in misura esponenziale. La multimedialita’ sostituira’ una serie di funzioni che leghiamo alla scrittura. La letteratura sara’ affiancata da nuove forme espressive". Potrebbe esserci, insomma, una rivoluzione globale del modo di comunicare. Con un grande paradosso, questo si’ un po’ apocalittico: che l’umanita’ continuera’ certamente a leggere, ma non ci sara’ piu’ nessuno a scrivere.

 

Link:

Home page di Domenico Fiormonte
Un saggio di Fiormonte sulla scrittura digitale
Manuale di scrittura
Un saggio di Sergio Lepri su Telema



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