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Referendum/"Verso la Terza Repubblica"

Mario Segni intervistato da Stefano Caviglia

 

 

A pochi giorni dalla decisione della Corte costituzionale di ammettere il referendum per l'abrogazione della quota proporzionale del sistema elettorale, Mario Segni pensa già a quello che succederà dopo. Nei mesi successivi alla vittoria dell'altra battaglia referendaria, quella del '93, quando fu introdotto il maggioritario, si disse di lui che aveva vinto alla lotteria ma aveva perso il biglietto, perché era finito ai margini della scena politica, non riuscendo a mettere a frutto quello straordinario successo. Oggi, dopo i festeggiamenti per il si' della Corte, "il professore", come lo chiamano i suoi collaboratori, (Segni non è parlamentare, non essendosi candidato alle ultime elezioni) è alle prese con i nuovi scenari aperti dalla decisione della Consulta. Ed è convinto che i prossimi mesi porteranno cambiamenti profondi in tutto il sistema politico.

Lei ha già un'idea chiara delle conseguenze politiche che saranno messe in moto dall'ammissione del referendum?
So per certo che il referendum è una grande spinta verso il cambiamento. So che è come una molla, che riapre la porta delle riforme costituzionali, che sembrava definitivamente chiusa. Quella che dovrebbe portarci finalmente verso la terza Repubblica...

Terza Repubblica? Davvero è sicuro che la seconda abbia già fatto il suo tempo?
Senza dubbio. La seconda Repubblica si è rivelata incapace di realizzare le riforme necessarie e di completare la transizione verso istituzioni stabili ed efficienti. Per questo bisogna evitare l'errore che facemmo nel '93, quando si decise di andare subito alle elezioni, prima che alla riforma elettorale si affiancassero le necessarie riforme delle istituzioni.

Dunque lei non pensa che una vittoria dei si' avvicinerebbe la fine della legislatura per chiamare i cittadini alle urne con il nuovo sistema elettorale?
Assolutamente no. Al contrario, bisognerebbe usare i due anni successivi per fare in Parlamento tutte le altre riforme necessarie: il presidenzialismo, il federalismo. Insomma, la riforma dello Stato.

Quindi non ci sarebbe nemmeno bisogno di un nuovo governo?
E perché mai? Questo governo potrebbe benissimo accompagnare le riforme. Anche per questo ho sempre pensato che il presidente del Consiglio D'Alema dovrebbe guardare con favore ai referendum. E invece vedo una grande freddezza, che non so come spiegarmi.

Il presidente del Consiglio va denunciando da tempo la pregiudiziale contro i partiti come un elemento di rischio per la democrazia. Il vostro referendum non punta proprio allo smantellamento degli attuali partiti?
Ma i partiti italiani sono già screditati. Si sono screditati in anni e anni di partitocrazia, in cui hanno mostrato di avere pochissima democrazia interna, e continuano a farlo oggi con leggi come quella sul finanziamento pubblico dei partiti medesimi.

Ma il referendum è contro i partiti o no?
Il referendum è contro la frammentazione in tanti gruppuscoli a cui assistiamo oggi e contro il potere di ricatto dei piccoli partiti sui grandi. E' per il bipolarismo, per la stabilità delle coalizioni e per le grandi alleanze, per una politica chiara, come c'è nella maggior parte dei paesi d'Europa. Questo significa mettere a rischio la democrazia? Non scherziamo.

Fra i sostenitori del referendum non c'è affatto unità sulla riforma elettorale da realizzare effettivamente. Come farete a mettervi d'accordo, in caso di vittoria?
Guardi che non è affatto necessario rifare la legge elettorale. Diversamente dal '93, il sistema elettorale che uscirebbe da una vittoria del referendum è perfettamente in grado di funzionare. Su questo noi referendari siamo tutti perfettamente d'accordo. Quindi, come vede, non siamo tanto divisi. Quando parlavo di necessità di proseguire le riforme mi riferivo alle riforme istituzionali. Per quanto riguarda il sistema elettorale, non c'è alcuna necessità di fare una nuova legge.

E se il Parlamento riuscisse a farla prima, la legge, evitando cosi' lo svolgimento del referendum?
Davvero vogliono fare un sistema maggioritario puro? Tanti deputati e tanti collegi, come in Francia e in Inghilterra? Non avrei nulla in contrario, ma francamente non mi sembra possibile. Non sono riusciti a mettersi d'accordo in anni, lei pensa che potrebbero farlo in pochi mesi?

E' per lasciare al Parlamento meno tempo possibile, che voi referendari volete votare il prima possibile, il 18 aprile?
No, è per togliere al piu' presto la politica italiana da una situazione di incertezza e per evitare che si creino ingorghi istituzionali con le altre scadenze che ci sono a primavera, come le elezioni europee.

Il 61% degli italiani, secondo l'ultimo sondaggio realizzato sull'argomento, non sa neppure quale sia l'argomento del referendum. Non le viene il dubbio che tutta questa battaglia interessi in realtà abbastanza poco gli elettori?
Se è per questo un sondaggio analogo, di una decina di giorni fa, diceva che a non saperne nulla era il 70%. Segno che siamo in crescita. Del resto, trovo naturale che in un momento di distacco dalla politica, gli italiani possano essere poco informati sul referendum, anche per l'oggettiva complessità della materia elettorale. Ma di una cosa sono certo: la gran parte della popolazione è favorevole, come me, a un vero bipolarismo.

Secondo lei che cosa succederà ora nei due poli?
Beh, vedo che nel centrosinistra riprende forza lo schieramento riformista di Prodi, Di Pietro e dei sindaci. Spero che qualcosa di simile accada anche nel centrodestra, l'area alla quale io appartengo come liberaldemocratico.

Anche con un ricambio di leadership? Qualcuno dice che lei, anche attraverso i referendum, miri a soffiare il posto a Berlusconi ...
La leadership è una cosa che si conquista sul campo. Le questioni di leadership vengono dopo. Non è questo il momento per un discorso del genere.



 


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