Il lessico di Ulrich Beck
Giancarlo Bosetti
Articoli collegati:
La coppia? E' comprare una
lavatrice insieme
Il lessico di Ulrich Beck
Ulrich Beck, sociologo all’Università di Monaco e alla London
School of Economics, di cui appaiono quasi contemporaneamente in
Italia quattro diversi volumi, La società del rischio, Europa
Felix (da Carocci editore), I rischi della libertà (il
Mulino), Il lavoro nell’epoca della fine del lavoro (Einaudi),
è un autore che crea e presta linguaggio alla sociologia e alla
politica del nostro tempo, ed è insieme a Anthony Giddens uno degli
ideologi della “terza via”, il termine che definisce le politiche
di centrosinistra, soprattutto in Europa quelle di Blair e Schroeder.
Discusso come tutti coloro che cercano, ora con maggiore ora con
minore successo, di rompere tradizioni di pensiero consolidate, Beck
dice della società industriale qualcosa di corrispondente a quello
che la new economy dice della old economy, svolge nella
teoria sociologica un lavoro equivalente a quello che gli incursori di
Greenpeace fanno intorno alle petroliere. Non sempre le sue proposte
innovative approdano a risultati definitivi, ma ci accorgiamo,
leggendolo, che riesce spesso a descrivere la realtà in cui già
viviamo senza sempre rendercene conto. Dalla sua ricca produzione, che
comprende anche lavori già usciti negli anni scorsi (per esempio Il
normale caos dell’amore e Che cosa è la globalizzazione)
emerge una visione abbastanza omogenea e sistematica del mondo di oggi
ed un linguaggio. Eccone un piccolo campionario.
Il rischio. E’ l’idea base della concezione sociale di Beck.
Il rischio è una condizione di non-più-ma-non-ancora, non più
fiducia-sicurezza ma non ancora distruzione-disastro. E’ quella
situazione “di mezzo” di cui non sappiamo con certezza come andrà
a finire. Il termine copre una gamma vastissima di situazioni del
nostro mondo che vanno dal rischio di impresa fino al mangiare l’insalata
dopo Chernobil. Il rischio rappresenta la condizione permanente di chi
non ha più il “posto fisso”, ma un posto “flessibile”, o “fragile”.
La seconda modernità. E’ quella che viene dopo la società
industriale. Ora siamo in grado di vedere come la prima modernità,
quella delle grandi aziende fordiste, della produzione di massa, dei
consumi di massa standardizzati, della famiglia nucleare, del posto
fisso a vita avesse una precisa identità storica e supponesse una
quantità di fattori, ora incrinati. Tutti quegli elementi di
stabilità si sono messi a traballare.
La modernizzazione riflessiva. E’ la “seconda modernità”
vista sotto il profilo del nostro sapere e vedere le conseguenze della
crisi. E’ l’accesso di massa alla conoscenza che fa della sindrome
della mucca pazza un tipico fenomeno di oggi. Il rischio diventa
realtà attraverso i mass media. Dalle notizie al crollo dei consumi
di carne. Adesso sappiamo che quel rischio c’è e questo porta nella
nostra vita quotidiana l’elemento del rischio, la necessità di
prendere decisioni a rischio: sia che il primo ministro debba decidere
il blocco delle importazioni, sia che noi dobbiamo andare dal
macellaio.
L’individualizzazione. E’ un processo che viene da lontano,
cominciato diversi secoli fa, ma oggi ha subito una accelerazione
fortissima perchè la società industriale (e lo stato sociale con
lei) si basava sull’unità famigliare. La sfera della produzione e
quella delle riproduzione avevano un loro equilibrio, basato sulla
divisione dei ruoli tra uomini e donne. Ora la “seconda modernità”
impone individui interamente affrancati da legami. La flessibilità e
la mobilità, con l’accesso delle donne al lavoro, creano una
contraddizione tra produzione e riproduzione, impongono una visione
longitudinale della biografia individuale. Il mercato ha bisogno di
manodopera ma nello stesso tempo distrugge le basi della riproduzione
degli individui. Tra mercato del lavoro e matrimonio quella che si
svolge è una commedia degli equivoci. Il mercato vorrebbe una
società senza figli. Cresce il numero dei single. Nelle grandi città
tedesche sono più del 50% delle unità abitative.
Il caos dell’amore. E’ una conseguenza inevitabile della
seconda modernità. Il matrimonio diventa instabile, a rischio, deve
essere reinventato sulla base di una permanente “incertezza armata”,
che è la condizione della coppia di oggi. Se non resisti alla “febbre
dell’io” il matrimonio indissolubile diventa palesemente una
utopia, per tutti, non solo per le star di Hollywood. Nel matrimonio
si incorpora un patto di prova, viene storicamente prescritta una fase
di prova.
Confluent love. E’ la forma di amore che risulta da questa
tendenza alla individualizzazione. A seguire questo flusso, finisce
che si sta insieme per periodi di “confluenza” delle biografie.
Poi ciascuno per la sua strada. Il principio-guida del confluent
love è il “si vedrà”. Il matrimonio è “precettato al
divorzio”, è “programmaticamente soggetto a revoca”.
La biografia riflessiva. Il risultato di questa somma di
rischi, una vita da trapezisti, è che la biografia individuale
diventa un progetto che ciascuno si deve scrivere da sè; la biografia
non è più iscritta nella classe e nella famiglia in cui si nasce, ma
deve essere autoprodotta in un funambolico “fai da te”. Dalla
sfera intima a quella del lavoro non posso più contare su certezze;
il posto di lavoro è una base fragilissima, ma anche le capacità
professionali che ho imparato a scuola, o nel primo lavoro, possono
non essere più richieste da un momento all’altro. Si capisce che le
doti più preziose sono la capacità di ri-formarsi e quella di
superare bene le frustrazioni.
L’antipolitica. La variante occidentale dell’antipolitica
(quel fenomeno che ha dat luogo storicamente al populismo dell’America
latina) ha rotto i ponti con le grandi istituzioni publiche e si
organizza intorno al cibo, al corpo, alla sessualità e all’identità,
e difende le iverse culture, comprese quelle locali, dagli interventi
esterni. Visti da vicino, questi fenomeni che sembrano impolitici
mostrano invece una via verso la politicizzazione.
La subpolitica. Anticamera dell’antipolitica e del populismo.
La dimensione politica si sposta nei settori dell’economia, delle
professioni, dei gruppi di interesse, nei media, tra gli
intellettuali. In queste sfere, soprattutto nelle prima, l’economia,
si compiono i giochi che danno alla società la sua forma effettiva.
Ma quei giochi hanno molte conseguenze indesiderate nella società del
rischio. E la politica si trova ad avere la responsabilità di gestire
gli effetti collaterali dell’economia, cioè di qualcosa che non
controlla. Da qui la sua crescente impopolarità. Per di più i
politici sono incapaci di riconoscere le nuove domande etiche.
Il lavoro di impegno civile. E’ una boccata di ossigeno nel
duro mondo della seconda modernità di Beck. Là dove stato e mercato
falliscono, là dove la subpolitica e l’individualismo estremo fanno
a pezzi la gente e la sprofondano nella depressione (o nella povertà)
una luce di speranza si accende nell’organizzarsi di iniziative per
l’impegno civile. Una società comunque ricca apre spazi a lavori
significativi e gratificanti: centri di cultura, gruppi musicali, le
stesse attività politiche.
Imprenditori del bene comune. Sono quelli che ci servono per
gestire lo sviluppo del lavoro di impegno civile. Dove non arrivano
stato e mercato possono arrivare individui con l’attitudine
pragmatica a spingere gli altri a fare centinaia di cose utili,
preziose, gradite e applaudite. Assistenza non significa
necessariamente burocrazia, o noia. Beck sogna un annuncio economico
così concepito: cercasi vicino carismatico, pieno di fantasia, con
voglia di sperimentare. Si offrono incentivo iniziale e finanziamenti
di base. Compenso da concordare.
Articoli collegati:
La coppia? E' comprare una
lavatrice insieme
Il lessico di Ulrich Beck
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio
Attualita' |