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Fabrizio Paladini con Barbara Iannarella



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Che cos'è "Metro"?



Si chiama “Metro”, è gratis e lo trovi in tutte le stazioni della metropolitana di Roma. E’ un quotidiano - non solo italiano, visto che viene distribuito in 20 città, da Helsinki a Santiago del Cile - e anche in Italia sta avendo successo: in tre mesi la raccolta pubblicitaria è quadruplicata. Ne parliamo con il direttore, Fabrizio Paladini, presso la redazione romana di via della Lega Lombarda.

Come è nata l’idea di “Metro”?

Tutto nasce nel 1995 a Stoccolma, quando due giornalisti propongono a una serie di editori un giornale gratuito da distribuire in metropolitana che si finanzi attraverso la pubblicità. La riflessione parte dal fatto che un sacco di gente non compra e non legge giornali, e che la metropolitana è il punto di raccolta e di passaggio più frequentato di qualunque città. Perché dunque non leggersi durante il tragitto un quotidiano, e pure gratis? L’idea inizialmente non trova interlocutori disposti a rischiare, ma intanto si comincia a parlarne e un bel giorno la Mtg-Modern Time’s Group, una holding che possiede televisioni, radio, ed è presente in Internet con società di e-commerce, oltre a una società di sottotitolazione di film che è la più importante al mondo, fiuta l’affare e dice sì. Due anni di sperimentazione e “Metro”, così viene chiamato il quotidiano, diventa il secondo giornale di Stoccolma e la pubblicità cresce così tanto che la Mtg decide di esportare il progetto a livello internazionale. Così nasce Metro International e adesso esistiamo in 20 città del mondo.


Quali?

Innanzitutto in tre città svedesi: Stoccolma, Göteborg e Malmö. Poi a Praga, a Budapest, Helsinki, Zurigo, e Newcastle in Inghilterra. In Olanda “Metro” è addirittura considerato un giornale nazionale essendo presente in otto città . Quindi a Toronto in Canada, a Philadelphia negli Stati Uniti, a Santiago del Cile e oggi anche a Roma. Ma non è finita: abbiamo intenzione di insediarci in altre grandi città.

Dove?

A Milano, per esempio, abbiamo partecipato al concorso bandito dal Comune per ottenere la possibilità di distribuire "Metro" nelle stazioni della metropolitana, e così anche a Barcellona. Ci sono però molte altre piazze dove siamo quasi al traguardo, e parlo del Sud America, degli Stati Uniti, dell’Europa e soprattutto dell’Asia, che è un mercato totalmente nuovo dove contiamo di sbarcare molto presto.

Nel panorama editoriale italiano come vi collocate?

Innanzitutto crediamo di svolgere un servizio “sociale” perché ci rivolgiamo per il 90% ad un’utenza che prima non leggeva. In secondo luogo, la filosofia di “Metro” è quella di un prodotto che si legge nel tempo necessario al viaggio in metropolitana: venti, venticinque minuti.

Quindi un prodotto rapido e accattivante…

Il modello grafico è quello svedese e funziona. Il formato tabloid aiuta la lettura. Le notizie sono dirette e chiare, scritte in un linguaggio molto semplice e molto breve. Ma il principio di fondo è la completezza dell’informazione. E infatti non siamo dissimili dai giornali tradizionali. Basta sfogliare "Metro" per rendersene conto: c'è tutto, dalle notizie sulla politica, a quelle internazionali, la cronaca, l’economia, lo sport e gli spettacoli, con i cinema e i programmi tv.

Non avevate come modello i giornali popolari tipo “Sun” o “Daily Mirror”?

Assolutamente no. “Metro” è all’opposto dei cosiddetti tabloid popolari. A parte il formato, il nostro è un giornale del mattino e non della sera, non si occupa di mondanità, non cerca il pettegolezzo, non pubblica foto di donne discinte. “Metro” è un quotidiano tradizionale dal punto di vista della scelta e gerarchia delle notizie, non tradizionale per la lunghezza degli articoli, degli approfondimenti e degli editoriali. Le notizie sono brevi, senza commenti, senza aggettivi. Uno dei nostri slogan pubblicitari più riusciti suona così “E’ successo e basta”, ed è esattamente quello che noi pensiamo: diamo l’informazione senza cercare di orientare il lettore. Non abbiamo una parte politica referente e questo ci consente grande libertà di movimento. Nessuno può accusarci di stare da una parte o dall’altra.


Ci sono anche pagine in inglese. Come mai?

Questo non faceva parte del format iniziale. E’ un idea che ci è venuta pensando ai turisti del Giubileo e del dopo Giubileo. Poi ci siamo accorti che queste pagine erano apprezzate anche dai romani, che si divertono a fare esercizio d’inglese o le fanno leggere a casa ai figli. Anche in questo modo possiamo dire di svolgere una funzione “sociale” e di “alfabetizzazione”. Siamo molto orgogliosi di dare al nostro pubblico, che va dall’extracomunitario allo studente al pensionato, un giornale completo, con tutte le notizie più importanti del giorno, scritto in modo chiaro e comprensibile. E ne abbiamo riscontro: “Finalmente un giornale che si capisce”, ci scrivono. Io mi auguro che questo serva a far capire agli editori italiani che forse il modo di fare i giornali in Italia va semplificato.

Vi sentite dunque un’alternativa al giornale tradizionale?

I giornali tradizionali sono fondamentali, però secondo me, bisogna selezionare meglio la qualità: forse si fanno troppe chiacchiere. Ciò non toglie che sia molto bello leggere sul “Corriere della Sera”, su “la Repubblica”, o su “la Stampa”, articoli di approfondimento e di commento.

C’è Internet nel futuro di “Metro”?

C’è il progetto da parte del gruppo di Metro International in Svezia di creare un portale che permetterà ai lettori di collegarsi con tutti i “Metro” del mondo, un modo innovativo per avere informazioni utili sulle diverse città, oltre alle notizie del giorno di quel paese.

Che rapporto avete con i lettori?

Molti utilizzano il nostro indirizzo di posta elettronica (metroroma@metro.se) e spesso già alle dieci del mattino riceviamo decine di e-mail. Questo significa che si portano il giornale anche a casa o in ufficio.

Come vi finanziate?

In modo chiaro e trasparente. Le entrate arrivano solamente dalla pubblicità, il giornale è gratuito e ha una percentuale consentita massima del 50% di pubblicità: il carico è identico a quello dei quotidiani a pagamento che è sul 45-47%, quindi il fatto di essere sulla stessa percentuale fa capire che non siamo un contenitore pubblicitario e che questo tipo di finanziamento serve a far vivere il giornale e a evitare il prezzo di copertina che non c’è e non ci sarà mai.

Quanti siete in redazione?

Dodici persone, tutti giornalisti, tutti assunti. Professionisti che lavoravano in altri giornali o che erano disoccupati. Oltre a me ci sono due capiredattori, Stefano Lugli e Giampaolo Roidi, due grafici, due inviati e cinque redattori. In più abbiamo assunto a tempo pieno anche un correttore di bozze. Io ho lavorato ventuno anni a “Il Messaggero”. Ho iniziato alle cronache di Roma, sono stato capo redattore centrale insieme a Rita Pinci con Pietro Calabrese direttore, e da ultimo capo cronista.

All’inizio il fatto di essere distribuiti gratis ha creato della diffidenza?

No. L’unica cosa che la gente pensava è che sarebbe stato gratis solo per i primi giorni, ed è dunque rimasta favorevolmente sorpresa dal fatto che il quotidiano è e rimarrà gratuito. Oggi “Metro” è sulla piazza romana il giornale più diffuso, con una tiratura di 230.000 copie. Se pensa che i due maggiori quotidiani italiani, “Repubblica” e “Corriere della Sera”, hanno usato “Metro” in concorrenza tra loro per pubblicizzare prodotti editoriali, allora significa che siamo un veicolo autentico e di livello.

Non vi sentite concorrenti di questi quotidiani?

Credo che a lungo andare questa formula avvantaggi anche i giornali in edicola perché il lettore che oggi trova “Metro” non ha nessun motivo per non continuare a comprare il suo quotidiano. Inoltre io penso che molti, tra i “non lettori” che raggiungiamo, possano in un secondo momento diventare “lettori acquirenti” di giornali tradizionali. Il nostro prodotto può essere paragonato alla scuola elementare, poi molti continuano e vanno all’università. Ripeto: occorre uno sforzo qualitativo maggiore. “Metro” può essere uno stimolo affinché questo avvenga, e se la qualità migliora sarà un guadagno per tutti.

Su quali basi potete affermare di essere un fenomeno editoriale di successo?

Il riscontro più clamoroso è che alle dieci del mattino il giornale è già esaurito, è molto difficile trovarlo perché va via tra le sette e le nove. Stiamo raggiungendo livelli di “resa” del 2-3%, cioé bassissimi. E soprattutto il segnale decisivo è il fatturato pubblicitario: in due mesi è cresciuto del 400%. Poi ci sono le lettere, le e-mail e le telefonate che arrivano ogni giorno in redazione. I lettori stanno identificando nel giornale un punto di riferimento. La grande forza del "Messaggero" era essere il giornale dei lettori: il fatto che dopo tre mesi abbiamo già una corrispondenza così forte è per noi un segnale importantissimo.

Vi considerate un giornale locale o nazionale?

Nazionale. Tutti i giorni i temi di apertura sono i grandi temi economici e sociali e poi c’è la cronaca nazionale e internazionale. Inoltre la cronaca romana ha lo stesso spazio delle altre sezioni. "Metro" non è un giornale di Roma: vogliamo, in venti minuti, informare il lettore su tutto quello che succede nel mondo, a Roma come in Palestina o nelle Filippine. E’ come e se fossimo una sorta di giornale radio di carta: lo leggi rapidamente, e poi se vuoi lo conservi per un approfondimento, un reportage, un inserto che ti interessa, i programmi tv, i cinema. Insomma, un piccolo spazio per un mix variegato e ricco di servizi e informazioni.

Quale potrebbe essere lo slogan di “Metro”?

“Quello che prima non c’era, oggi lo trovate in metro”. Di sicuro prima non esisteva e sono convinto che presto ci saranno imitazioni.


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