Enel
è una delle poche aziende italiane ad aver
adottato un Codice
etico che specifica precisi criteri di condotta
per i propri dipendenti. Roberto Zangrandi, Responsabile
Identità e Immagine per Enel, ci spiega la
corporate responsibility secondo l'azienda.
Quali sono, per un'azienda, i vantaggi della
responsabilità sociale?
Uno dei vantaggi principali della responsabilità
sociale come strumento di gestione è l'abbassamento
complessivo del profilo di rischio dell'azienda. L'impegno
- non la costrizione - a una governance ambientale
che utilizzi i più stringenti strumenti di
certificazione - ISO, EMAS e così via - sui
processi critici significa fare le cose in maniera
più che corretta, insegnando a non sbagliare.
Banalmente, per un'azienda come Enel rientrare nelle
certificazioni ambientali più stringenti significa
ridurre la possibilità che ti scoppi una caldaia.
Per quanto attiene ai fornitori, chiedere loro di
aderire alla nozione etica di Enel significa non correre
il rischio che un subappaltatore che sta facendo degli
importanti lavori attorno a una cabina elettrica utilizzi
lavoro nero minorile e che per causa di questo la
sua attività venga sospesa. Per quanto riguarda
i clienti, significa abbassare la conflittualità.
Il comportamento etico dell’impresa
può auemntare la competitività di un'azienda?
Le
aziende che utilizzano la Csr (
Corporate Social
Responsibility, ndr) come strumento di gestione
accanto a quelli tradizionali abbassano notevolmente
il proprio profilo di rischio. Un investitore istituzionale
che sceglie un'azienda come Enel con una comprovata
responsabilità sociale sta marginalmente più
tranquillo, ed è per questo che le aziende
ritenute socialmente responsabili e hanno una performance
di borsa migliore a quella delle aziende che non ce
l'hanno: nelle correnti di rialzo rialzano più
delle altre, nelle correnti di ribasso ribassano un
po' meno. Questo per noi si traduce in quattrini perché
i fondi comuni che investono principalmente in aziende
socialmente responsabili aumentano e ci preferiscono.
Faccio un esempio: un 5% del nostro flottante, delle
azioni liberamente in circolazione sul mercato, è
stabilmente in mano a questi fondi comuni. E questa
cifra aumenta non dico di giorno in giorno, ma a un
ritmo che ci rassicura molto: siamo passati da 12
fondi comuni socialmente responsabili a più
di una trentina nel giro di un anno.
Quando è stato il momento di acquisire
un codice etico, pensavate già in termini di
tornaconto, per usare un termine brutale?
Quando Enel ha adottato il codice etico il tornaconto
- che non è un termine così brutale,
perché corrisponde ad un'opzione precisa della
responsabilità sociale - probabilmente non
era la priorità. Semplicemente, era arrivato
il momento di farlo. Nella strategia di diversificazione
di Franco Tatò Enel era diventata una conglomerata
di attività principalmente legate alla produzione
e distribuzione di energia, ma che spaziavano dall'autonoleggio
all'informatica distribuita. Per governare questa
complessità il consiglio di amministrazione
decise di dotarsi di un codice etico che valesse per
tutta la conglomerata, una sorta di minimo comun denominatore
per variate società appartenenti ad un unico
gruppo.
Il codice etico è uno strumento di uniformità
di approcci e di comportamenti su un vasto gruppo
di aziende. Questo codice, partorito in un anno e
mezzo di lavoro coordinato dalla funzione Audit di
Enel, è uno dei più aggiornati che ci
siano in giro, perché è contemporaneamente
un codice etico e di indirizzo sui comportamenti.
All'interno del quale c'è una disposizione
che obbliga l'azienda a redigere un bilancio sociale.
Quanto era importante, al momento della stesura
del codice, l'elemento di trasparenza?
Una delle prerogative del codice etico era proprio
quella di aumentare la trasparenza dell'azienda. Tant'è
che dentro sono contemplati tutti gli elementi fondanti
la responsabilità sociale: dai fornitori ai
clienti ai dipendenti e i finanziatori.
Quali sono i vantaggi della trasparenza per
un'azienda?
Per un'azienda a prevalente capitale pubblico come
la nostra, il principale vantaggio è l'equità
sostanziale di trattamento degli azionisti. Enel ha
a che fare con la splendida combinazione tipica delle
aziende a prevalente capitale pubblico, dove gli azionisti
possono essere al contempo dipendenti e clienti. In
quella che viene chiamata la catena lunga di governo
della pubblica amministrazione, i nostri clienti in
quanto contribuenti sono anche indirettamente azionisti
dell'azienda. Quando c'è questa complessità
di stakeholder che, oltre agli interessi generici
che li accomunano all'azienda, come un rapporto contrattuale
per la fornitura di energia elettrica o di combustibili,
sono anche contribuenti di uno stato che ti possiede
a più del 60%, esiste un vincolo strutturale
di rendicontazione che deve essere necessariamente
trasparente - se quell'azienda vuole stare al mondo.
La trasparenza paga in quanto mette a fattor comune
l'accesso all'informazione da parte del cittadino
contribuente, cliente, azionista, dipendente o fornitore
dell'azienda. Non possiamo parlare all'azionista in
un modo diverso da quello con cui parliamo al dipendente
perché molto spesso le due figure coincidono;
stesso discorso per l'azionista e il cliente: in oltre
2 milioni e mezzo di casi, sono la stessa persona.
Più del 10% secco dei nostri clienti retail
sono anche nostri azionisti, e comunque tutti
i nostri 30 milioni di clienti, comprese le aziende
e le seconde case, sono comunque contribuenti. E'
questo il vero nodo nella disclosure di Enel.
Senza contare che abbiamo il residente della Corte
dei Conti in azienda, che è una gioia che poche
altre imprese hanno.
Per chi sceglie di vederla come una gioia...
(Ride) Parole sue, non mie.
Qual è il riscontro dell'adozione di
un codice etico da parte di un'azienda italiana in
ambito europeo?
Enel è allineata alle cosiddette best
practice. Inoltre partiamo dal codice etico per
sistematizzarlo in un insieme di misure di governance
aziendali che, facendo riferimento al codice
etico, allargano gli strumenti di controllo da parte
dell'azienda su se stessa ma anche da parte dell'azionista
sull'azienda. Siamo stati la prima azienda in Italia
ad adottare il decreto legislativo 231 del 2001, quello
per la prevenzione dei reati societari. A questo abbiamo
affiancato l'adozione del codice di autodisciplina
delle aziende quotate, noto in Italia come codice
Breda, che nasce nel 2002 e viene aggiornato un anno
dopo, e accanto ancora un modello organizzativo interno
che è di fatto lo statuto dei comportamenti
degli organi societari e della relazione fra il vertice
e le linee manageriali, perché istituisce diversi
comitati. Abbiamo un consiglio di amministrazione
all'interno del quale c'è un comitato di controllo
firmato da consiglieri non esecutivi e dai due consiglieri
di minoranza, quelli espressi dai fondi comuni, a
tutela dell'azionista di minoranza.
Poi abbiamo il comitato sulle compensation che
decide lo schema di remunerazione delle fasce manageriali
fuori contratto, assegna le stock option
e così via. Infine abbiamo un comitato di direzione
molto "alla tedesca", dove confluiscono
tutte le direzioni della holding e i capi
delle divisioni operative. E' un modello molto "renano".
Se volessimo fare un paragone ardito - è una
mia opinione personale - il consiglio di amministrazione
con i suoi comitati di controllo e compensation
esercita le attività di indirizzo e di controllo
di un consiglio di sorveglianza, mentre il comitato
di direzione presiede alla gestione dell'impresa.
Questo modello si rintraccia in poche aziende in Italia,
e a livello internazionale ci sta aiutando molto,
è molto apprezzato dalle agenzie che danno
il voto per infilare o meno un'azienda negli indici
di sostenibilità, perché si traduce
in un'immagine di coerenza rispetto a un modello di
governance che ha preso quello che c'era
a disposizione in termini normativi e legislativi
e in qualche modo l'ha migliorato.
Che succede se un dipendente Enel infrange
il codice etico?
Viene deferito all'Audit che esperisce la sua inchiesta
e se il dipendente ha compiuto una manchevolezza rispetto
al codice etico senza conseguenze civili o penali
per l'azienda, gli viene comminata una sanzione all'interno
dell'azienda, che può essere di sospensione
dall'incarico, di rimborso del danno causato, o pregiudiziale
nel rapporto di lavoro fino alle estreme conseguenze,
se si configura la giusta causa per interrompere quel
rapporto. Non c'è un plotone di esecuzione
che lucida ogni mattina le armi, ma stiamo attenti.
Nel primo semestre del 2003 i casi di segnalazione
di infrazione del codice etico erano meno di dieci
e si sono risolti con alcuni richiami e una sanzione.
E i dipendenti sanno che, in una forma che salvaguarda
il loro anonimato e la loro riservatezza, possono
segnalare liberamente all'audit le infrazioni al codice.
Quale fondamento etico, secondo lei, deve
sottendere all'operato di un'azienda?
Fare soldi nel rispetto degli stakeholder,
quello che Enel si prefigge con la sua politica di
sostenibilità, che comporta una fortissima
responsabilità verso i nostri azionisti ma
anche verso i nostri dipendenti, clienti e fornitori.
Siamo presenti in seimila comuni italiani, e godiamo
di un accesso superiore a quello di quasi tutte le
altre aziende sul territorio, il che si trasforma
in responsabilità diretta in termini di qualità
del servizio. Abbiamo sulle comunità dove insistono
i nostri impianti produttivi con tutti i loro processi
critici un'attività di integrazione e di ascolto
sulla quale mettiamo più di qualche quattrino.
Il che non significa che abbiamo il consenso totale
delle comunità su cui operiamo: nessuno vuole
la centrale in cortile o il traliccio in giardino.
Il nostro approccio è comunque di dichiarazione
dei nostri principi e delle nostre necessità,
ma anche di assicurazione dell'ascolto delle istanze
degli stakeholder.
Infatti il vostro slogan è "L'energia
che ti ascolta".
A suo tempo, abbiamo fatto una gara fra una decina
di agenzie pubblicitarie alle quali avevamo dato un
brief piuttosto chiaro: volevamo un pay-off
che potesse essere utilizzato per tutta l'Enel e che
sottolineasse la vicinanza al cliente e al cittadino,
perché anche laddove non siamo più fornitori
di reti di energia elettrica abbiamo ancora i negozi
specializzati, in molti comuni partecipiamo ancora
all'illuminazione pubblica, in altri siamo fornitori
di gas. Enel, in quanto moloch monopolista nazionale
che copre come la palandrana dell'invisibilità
di Harry Potter tutto il Paese, è un'entità
pervasiva, c'è un rating di conoscenza del
nostro nome rispetto alla nostra attività che
supera il 95% della popolazione. Anche se in molte
città non siamo più i fornitori di energia
elettrica, Enel significa ancora elettricità:
quando c'è stato il blackout settembrino i
milanesi hanno chiamato noi, non l'azienda locale.
E noi eravamo lì ad ascoltare.
Alcuni sostengono che un'azienda che promuove
un comportamento etico dovrebbe intervenire anche
in territori che non appartengono al suo immediato
bacino di utenza.
La sostenibilità di un'azienda si basa su
tre pilastri: la responsabilità economica,
quella sociale propriamente detta, cioè verso
la società allargata in cui opera, e quella
ambientale. L'interazione di queste tre sfere genera
la sostenibilità, che è quindi la capacità
di esprimere strategie industriali sostenibili per
l'ambiente, corrette verso la società e che
rendano vivibile la vita della società nell'ambiente.
Noi abbiamo fatto un passo in più rispetto
a questa nozione teorica perché fra la sfera
della responsabilità economica e quella della
responsabilità sociale abbiamo messo un cerotto
che le collega strettamente e che si chiama solidarietà.
Abbiamo creato una Onlus che canalizza quelli che
un tempo erano elargizioni a pioggia, cioè
diffusive, del sistema Enel sul sociale e le coordina.
Deleghiamo a questa Onlus il nostro intervento sociale
in terlmini di filantropia aziendale: è una
scelta che Enel fa. Premesso questo, la responsabilità
sociale non si esaurisce nella filantropia aziendale,
ma è un "di cui della medesima".
Questo va chiarito, perché molti pensano che
un'azienda sia socialmente responsabile semplicemente
perché costruisce ospedali in Kenia. Balle.
Va benissimo l'ospedale in Kenia, se fa parte di un
quadro più ampio di un'azione che rispetta
anche la qualità dei prodotti che vendi.
Noi crediamo che la filantropia non debba essere
cause-related marketing. Con la nostra Onlus
finanzieremo progetti pluriennali a favore dell'infanzia
e della terza età, però crediamo anche
che la solidareità debba giungere prioritariamente
là dove l'azienda genera la sua ricchezza.
Dunque i nostri interventi saranno indirizzati in
quelle aree dove siamo presenti: l'Italia, la Spagna,
forse in futuro alcuni paesi dell'Est Europa. Questo
non ci impedisce di associarci a grandi progetti di
soccorso o di intervento un paesi lontani dall'Italia,
ma preferiamo interventire là dove generiamo
la ricchezza, perché crediamo che sia importante
il concetto di restituzione di risorse alla società
nella quale si opera.
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