Giovanni Moro, Alessandro Profumo
Plus valori. La responsabilità civile
dell’impresa
Baldini&Castoldi, 2003,
pp. 141, euro 13
“Ciò che è buono per la società
è buono anche per l’impresa”. Questa
frase pronunciata qualche tempo fa dal segretario
generale delle Nazioni Unite Kofi Annan è il
rovesciamento di un vecchio motto che serpeggiava
per il mondo degli affari. “Quello che conviene
all’impresa conviene anche al mondo che la circonda”
dicevano i vecchi manager posti di fronte a scelte
che coinvolgevano non solo le dinamiche dei profitti
dell’azienda di cui erano a capo, ma che avevano
anche ripercussioni sulla realtà circostante,
sulla vita delle persone che a quella stessa azienda
si rivolgevano come acquirenti, clienti, o che addirittura
non hanno nulla a che fare con i beni prodotti da
quell’impresa.
Quello compiuto da Kofi Annan è il semplice
rovesciamento di una frase che però porta significati
di vasta portata, che investono il mondo degli affari
e della società civile, mettendoli vicini e
facendoli dialogare. E allo stesso modo dialogano
Alessandro Profumo e Giovanni Moro nelle pagine del
libro Plus valori. La responsabilità
civile dell’impresa. Da una parte un protagonista
delle vicende economiche e finanziarie, Profumo, amministratore
delegato unico di UniCredito, uno dei più grandi
istituti bancari italiani; dall’altra un’esponente
della società civile, Moro, tra i fondatori
di Cittadinanzattiva,
organizzazione che ha lo scopo di sostenere e sviluppare
l’attivismo civico, la partecipazione attiva
e diretta da parte dei cittadini nelle dinamiche politiche
economiche e sociali che li investono nella vita quotidiana.
Dall’economia
all’etica, e ritorno.
Di cosa discutono Moro e Profumo nella loro conversazione
che lascia di tanto in tanto sopazio alle incursioni
di Oreste Pivetta? Parlano proprio di quella inversione
che Annan ha fotografato in una frase, spiegano e
raccontano il modo in cui, nel mondo contempraneo,
le imprese devono cambiare il loro modo di guardare
al profitto e di considerare tra i loro piani anche
la possibilità di prendere in considerazione
iniziative che abbiano carattere etico, che vadano
nella direzione di migliorare la vita della società
nel suo complesso. “Una società ben regolata,
coesa, rispettosa dei diritti e responsabile dei propri
beni comuni – dice Moro – è l’ambiente
indispensabile per lo sviluppo dell’impresa,
la quale ha quindi tutto l’interesse a contribuire
a realizzare queste condizioni”. Nella complessità
della vita che scorre fuori dal mondo della produzione,
le classi dirigenti iniziano a rendersi conto che
le imprese sono attori che possono contribuire attivamente
al miglioramento di questa complessità, a creare
dei presupposti per uno sviluppo civile di un mondo
più maturo impegnando, ad esempio, alcune delle
proprie risorse in attività di supporto e aiuto
a iniziative che guardano a zone svantaggiate del
globo.
Ecco allora che giö dal titolo del libro possiamo vedere
un altro ribaltamento linguistico: la definizione puramente
economica del plusvalore di memoria marxista scivola
verso una concezione etica del mondo degli affari trasformandosi
in
plusvalori. E infatti, sostengono gli autori,
un'impresa la cui produzione sia attenta allo sviluppo
sostenibile in modo da non offendere l'ambiente, adotti
misure per cui non si sfrutti manodopera infantile nei
paesi del Terzo Mondo, ² un'impresa che, al valore prettamente
commerciale del bene che mette sul mercato, aggiunge
il valore etico della costruzione di una societö civile
rispettosa dei diritti umani.
Questo in sostana ² il tema della responsabilitö sociale
dell'impresa, un tema che si sta affacciando con sempre
maggiore intensitö alle porte dei consigli di amministrazione
delle grandi aziende. E' da qua che nasce, ad esempio,
l'iniziativa di molti grandi nomi del mondo della finanza
e dell'industria di dotarsi di codici etici; ² dalla
presa di coscienza di questa realtö che la Commissione
europea ha pubblicato nel 2001 il libro verde dal titolo
Promuovere un quadro europeo per la responsabilitö
sociale delle imprese , in cui raccomanda alle
imprese di sostenere la vita sociale e culturale della
comunitö, condividendo i problemi del territorio, di
investire nella formazione, di difendere la salute e
la sicurezza dei lavoratori, di adottare insomma iniziative
che tengano conto delle dinamiche che sembrano correre
anche fuori dal mondo dell'impresa. Ed ² sempre per
questo motivo che possiamo rintracciare esempi di
matching
fund, esempi di aziende cio² che scelgono una causa
da finanziare e "vi impiegano una quantitö di denaro
pari a quella raccolta dai dipendenti", oppure casi,
come quelli ricordati da Moro, "in cui sono i dipendenti
stessi a segnalare i progetti in cui l'azienda investe,
o in cui l'azienda promuove con i dipendenti giornate
di mobilitazione per cause sociali".
Ma non chiamatela beneficenza.
Non dobbiamo pensare per÷ che la responsabilitö sociale
dell'impresa nasca da un miracolo che improvvisamente
trasforma ogni manager in un benefattore. Assumendo
la consapevolezza di giocare un ruolo attivo nello sviluppo
della societö, capendo che le proprie scelte possono
portare a dei benefÒci o a dei danni che coinvolgono
l'intera comunitö, le classi dirigenti non dimenticano
lo scopo principale di ciascuna impresa, espresso cosÒ
dalle parole di Alessandro Profumo: "Noi tutti coltiviamo
un obiettivo, aziendale e personale: quello di prosperare
il pið a lungo possibile. Se siamo convinti che far
crescere gli altri aiuti anche noi, che il bene della
societö ² anche il bene dell'impresa, si crea inevitabilmente
un circolo virtuoso".
Le iniziative che mirano a sottisfare esigenze di responsabilitö
sociale non nascono da semplice filantropia, ma dalla
ricerca del profitto e dall'osservazione che tali iniziative
contribuiscono a dotare l'azienda di un'identitö forte,
di un senso di identificazione nella vita che ruota
intorno alla produzione (dalla formazione dei dipendenti
alle iniziative che coinvolgono le loro famiglie, fino
ad arrivare alle campagne di raccolta di fondi destinati
a paesi del terzo mondo). Il marchio dell'azienda si
arricchisce cosÒ di un'immagine che la lega alle attivitö
intraprese con l'effetto di favorire un maggiore fidelizzazione
da parte di clienti e dipendenti. "Noi sappiamo che
comportamenti aziendali non responsabili possono far
cadere oggi la tua immagine - continua Profumo - mentre
comportamenti responsabili possono garantirti un vantaggio
competitivo nel tempo, perch³ nel tempo verrai percepito
come un attore positivo, o comunque qualcosa di diverso
rispetto ad altri". La responsabilitö sociale dell'impresa
non ha nulla a che vedere con la beneficenza, ² piuttosto
un atteggiamento da "manager illumninato", cosciente
dei legami che avvincono le dinamiche aziendali a quelle
sociali e che decide di ritagliarsi all'interno di questa
nuova realtö un ruolo attivo e positivo attraverso interventi
"indispensabili per gestire il sistema identitario dell'azienda
e che rappresentano un modo ragionevole per tenere alto
il rapporto fra l'azienda e i suoi clienti".
Non ² la prima volta che ci poniamo il problema di quanto
le aziende debbano guardare alle conseguenze che il
loro operato provoca nel mondo che sta loro intorno
e che contribuiscono a costruire: basta leggere un giornale,
accendere la tv, affacciarsi alla finestra e capire
quanto si parla, ad esempio, di inquinamento e di sperequazione
di reddito tra zone ricche e zone povere del mondo.
Non ² la prima volta che parliamo dell'importanza di
un manager illuminato che capisca che farsi visibilmente
carico di una responsabilitö sociale non ² n³ un impegno
inutile n³ una spesa superflua ma una prospettiva di
lungo periodo che finisce col premiare l'impresa: basta
ricordare, ad esempio, Adriano Olivetti. Non ² la prima
volta che ci viene in mente che gli esponenti della
classe dirigente, pubblica o privata, dovrebbero tener
presente che il ruolo di cui sono investiti li chiama
a rispettare, nei fatti e nei principi, il rispetto
dei propri dipendenti, di se stessi e della societö
tutta, nell'interesse della stessa azienda. Basta guardare
i casi Enron e Parmalat.
Link
Il sito di
Cittadinanzattiva
Il
libro
verde della Commissione europea sulla responsabilitö
sociale dell'impresa.
Su Caff³ Europa
Se
non ci pensa lo Stato, ci penso io
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it