Lo svezzamento
"pubblico" di Internet e' stato, in America, lungo e impegnativo. Solo
pochissimi anni fa il vice presidente Al Gore ha dichiarato chiuso il ruolo di
incubatore/finanziatore che il governo ha avuto per quasi un trentennio: "D'ora in
poi lasciamo che sia il settore privato a costruire l'infrastruttura perche' esso lo fara'
a un costo sicuramente minore dello Stato; successivamente verra' il nostro momento di
proporre, su questa infrastruttura, i servizi socialmente prioritari". L'Italia
comincia adesso a interrogarsi sugli stessi temi. "Il Governo ritiene lo sviluppo
della Societa' dell'Informazione un obiettivo fondamentale della propria azione" si
legge in una bozza di lavoro che dovrebbe confluire nella Finanziaria 2000-2002. Difficile
dissentire, ma in pratica? Alcune risposte dovrebbero venire, tra il 30 giugno e il primo
luglio, dal primo incontro romano del Forum per la Societa' dell'informazione
(http://www.palazzochigi.it/fsi/). Il parterre della conferenza e' sterminato e di
prim'ordine: ci saranno tutte le massime cariche istituzionali, i piu' alti rappresentanti
dell'industria, economisti e accademici vari, riuniti per cercare di delineare, tra essere
e dover-essere, lo scenario digitale italiano. Abbiamo incontrato Giuseppe Rao, giovane
grand commis delle telecomunicazioni e coordinatore del Forum, chiedendogli di anticipare
alcuni dei temi piu' caldi che emergeranno tra due giorni. "Tutto e' iniziato con un
decreto degli inizi di febbraio, in cui la Presidenza del consiglio delineava le tre
principali strutture che si sarebbero occupate dell'information society: il Comitato dei
ministri, il Comitato di coordinamento dell'attivita' dei ministeri e il Forum, la cui
missione e' quella di raccogliere e rielaborare i contributi alla discussione provenienti
dalle piu' diverse "parti" sociali.
"Le direttrici fondamentali che sono emerse dal lavoro sin qui
fatto si muovono lungo tre diverse necessita': diffondere la cultura informatica e
digitale, sviluppare l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e
delle reti e, infine, promuovere i servizi, i contenuti e la ricerca. Per raggiungere
tutti questi obiettivi bisognava prima delinearli con un certo grado di dettaglio,
sviluppando il piano d'azione che verra' discusso nel Forum e pubblicato in autunno e poi
individuare le leve finanziarie da utilizzare per poter realizzare gli interventi".

Tra le misure che verranno discusse nel Forum alcune spiccano per
concretezza. Sul versante dell'alfabetizzazione, ad esempio, una grande campagna
pubblicitaria di sensibilizzazione sui temi digitali, condotta con i mezzi tradizionali di
stampa e tv oltre a massicci interventi sulla formazione: nelle scuole di ogni ordine e
grado saranno inseriti dei corsi di informatica per gli allievi e gli insegnanti. Sul
versante dell'allargamento della dotazione informatica degli italiani, invece, verrano
analizzati vari piani di defiscalizzazione a favore delle aziende che investiranno in
tecnologia pro-Internet o rivolta al commercio elettronico mentre, per i privati, anche
sull'onda di quanto e' avvenuto in altri paesi, sono ormai a un livello molto avanzato
ipotesi di detraibilita' dal 740 o meglio ancora di concorrenza, da parte dello Stato,
nelle spese per i pc o altre apparecchiature elettroniche come i set-top box che
consentano l'accesso in rete del piu' vasto numero dei cittadini. A cio' vanno aggiunte
politiche tariffarie che rendano meno oneroso il collegamento da casa. Quello dei costi
telefonici costituisce infatti, da noi, un ostacolo particolarmente erto che molti
potenziali frequentatori del Web finiscono per non superare. Proviamo ad insistere col
nostro interlocutore: "Ma non sarebbe stato piu' coraggioso e significativo eliminare
completamente la Tariffa Urbana a Tempo? Negli Stati Uniti con uno scatto si sta collegati
anche tutto il giorno e questo ha contribuito non poco alla diffusione e all'uso
quotidiano della rete". "In Europa nessuno ha adottato una soluzione analoga -
risponde Rao - : non credo che i tempi, anche per la struttura della rete, siano ancora
maturi. Pensi che i service provider nostrani praticano le tariffe di abbonamento
standard, intorno alle 250/290 mila lire all'anno, presupponendo una mezz'ora al giorno di
connessione da perte dei singoli utenti: se aprissimo i rubinetti nella maniera che lei
propone rischierebbero di fallire tutti. Quello che il Governo puo' proporre, piuttosto,
andando nella direzione del servizio universale, e' di far si' che tutti gli italiani
abbiano la possibilita' - anche se abitano nelle parti piu' sperdute della penisola - di
collegarsi al costo di una chiamata urbana". Che e' gia' una buona cosa,
evidentemente, ma non abbastanza perche' il telelavoro o l'istruzione a distanza diventino
presto realta'.
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