Questo articolo e' apparso sul "Corriere della Sera" del 19 aprile
Per 16 miseri cents, da myprospects.com, si puo' fare la conoscenza di
milioni di americani: ottenerne il nome, il reddito e le caratteristiche dello stile di
vita. Idem da Experian, la societa' che da sola gestisce informazioni di ogni genere su
un'enorme percentuale delle famiglie statunitensi. Da discreetresearch.com si puo'
verificare invece se una certa persona onora i debiti oppure no. Questo pero' succede in
America, dove non esistono leggi organiche sulla compravendita dei dati personali.
L'Unione Europea ha emanato nell'ottobre scorso una direttiva assai rigida che prevede la
necessita' dell'"esplicito consenso" ogni qualvolta una compagnia in possesso di
informazioni sul nostro conto avesse voglia di venderle a terzi. L'Italia ha da tempo una
normativa altrettanto stringente ma questa differenza "culturale" rispetto agli
Stati Uniti rischia - sostengono i critici - di paralizzare la crescita del commercio
elettronico con i negozi virtuali oltreoceano. "Se non vogliamo passare le nostre
giornate a dare o negare il nostro assenso al commercio che puo' essere fatto dei nostri
dati - scrive sul Financial Times Amitai Etzioni, docente alla George Washington
University - bisognera' delegare questa attivita' a qualche sistema automatizzato".
Il professore pensa ai due sistemi probabilmente piu' promettenti nel settore della
negoziazione della privacy online, ovvero il P3P, sviluppato dal W3C, e il
"digitalme" made in Novell. Entrambi i software, infatti, contengono le
preferenze, configurate una volta per tutte, sulla quantita' di informazioni sul vostro
conto che siete disposti a cedere a seconda degli usi che il sito che visiterete
dichiarera' di fare. Avverra' una sorta di trattativa tra il vostro browser e il sito per
cui, se le informazioni rimarranno nella disponibilita' solo di quel sito potrete
comunicargli anche il vostro numero di telefono altrimenti, se quello intendera' venderle,
non gli direte neppure il vostro nome e cosi' via.

La conseguenza piu' comune nel lasciar filtrare informazioni su di se'
e' il diventare vittima di "spamming", la spedizione non richiesta di messaggi
pubblicitari ma esistono anche rischi piu' seri, come vere e proprie forme di
discriminazione: se si sa che il signor X ha un conto in banca risibile o non compra mai
niente online, e' piu' probabile che sara' messo in attesa nel caso in cui si rivolga
all'assistenza clienti di un'azienda in possesso di quei dati.
Anche lasciando stare per un attimo il Web, tutta una serie di
tecnologie che semplificano la vita (carte di credito, cellulari, etc) hanno in se'
potenziali rischi per la privacy di chi le usa. Quello che conta e' che i dati personali
che da quegli strumenti possono essere ricavati (tipi di acquisti, persone chiamate) siano
usati correttamente. Lo stesso vale per Internet. La crescita tumultuosa della rete fa
della personalizzazione dei servizi un'esigenza sempre piu' pressante: se un sito si
ricorda chi siete la volta successiva che ci tornate e vi apre le porte senza che dobbiate
digitare sempre login e password e vi fa vedere solo le cose che vi interessano e che non
avete gia' visto in precedenza, beh questo e' un risparmio di tempo per il quale
probabilmente sarete grati. Il fatto che un sito sappia che siete appassionati di pesca
non e' grave, ma se qualcuno raccoglie le centinaia di tessere di questo tipo circa le
vostre piu' svariate preferenze allora il mosaico sulla vostra identita' diventa
pericolosamente nitido. Assemblati da efficienti database queste informazioni possono
restituire un identikit dettagliato della vostra persona, utilissimo per gli uomini del
marketing che vogliono vendervi i loro prodotti.

Oltre al P3P e a "digitalme" esistono altri sistemi per
garantire l'anonimato online: rifiutare che certi siti depositino i cookie nel vostro pc
(il browser vi avverte ogni volta che cio' sta per accadere); utilizzare software che
schermano la vostra navigazione (come anonymizer.com); non fornire le vostre generalita' o
mentire su di esse quando un servizio le chiede in contropartita della sua gratuita'
(e-mail o connessione a costo zero). Tutti questi dinieghi, pero', spesso potranno farvi
perdere i vantaggi che alla concessione di notizie su di voi erano collegati. Si tratta di
uno scambio, in cui i dati personali diventano la moneta con cui pagare: se quello che
prendete vale di piu' di quello che date, allora potra' valere la pena di allentare i
cordoni della vostra vita privata. La matematica della nuova economia, senza scandalo,
funziona cosi'.