Il capo ti spia
Serena Vinattieri
Dopo aver scoperto che un individuo è ripreso in media 300 volte al
giorno dalle telecamere di banche, aeroporti, stazioni,
supermercati, parcheggi e perfino sulle spiagge, la notizia che più
ci ha sorpreso e, se è lecito dirlo, dato fastidio, è stata quella
del controllo esercitato dai datori di lavoro sui computer
aziendali.
Negli Stati Uniti secondo un’indagine condotta dalla American
Management Association, i tre quarti degli impiegati vengono
infatti monitorati elettronicamente dall'azienda. Il 77,7% delle
società interpellate, oltre 1.600 tra piccole e grandi, spia in
qualche modo i suoi lavoratori. Il 19% ammette di controllare in
ogni momento posta elettronica, siti visitati, cartelle aperte e
qualsiasi oggetto visualizzato sullo schermo degli impiegati. La
percentuale della video sorveglianza, invece, è del 38%.
Una buona parte degli imprenditori americani ha definito tutto ciò
come una nuova forma di disciplina sull’uso dei computer nel posto
di lavoro e ha dichiarato che non ci penserebbe un attimo a
licenziare il dipendente perché ha fatto un utilizzo illecito, come
a dire privato, delle apparecchiature aziendali.
In Italia, sono ventimila i computer controllati
in orario di lavoro, secondo la relazione esposta al Senato dal
Garante della Privacy Stefano Rodotà nel maggio 2000: in dodici
mesi al suo ufficio sono giunte 27 mila questioni (7.000 più del
1998), tra cui 12 mila chiarimenti telefonici, 1.946 segnalazioni e
reclami, 615 quesiti formali e 199 ricorsi.
Tra i software più diffusi per la sorveglianza dei pc c’è WebSense,
il quale rende inaccessibili i siti giudicati sconvenienti e
permette una navigazione monitorata, richiamando i dipendenti che
navigano in rete per motivi non attinenti al lavoro.
La decisione di "spiare" i propri impiegati è stata presa
da alcune aziende come Fiat e Banca Sella, le quali hanno installato
WebSense su 5000 postazioni precludendo l'accesso ai siti che
accennano alla pornografia o alla droga. La notizia ha
comprensibilmente scatenato le preoccupazioni dei sorvegliati che
ritengono violata la loro privacy. L’Autorità garante per la
protezione dei dati personali ha chiesto alla società distributrice
del software e alle aziende che ne farebbero uso ogni notizia e
informazione utile alla valutazione della situazione.
La questione sulla quale dobbiamo interrogarci è se questo sistema
di controllo sul lavoratore, e l’individuo in generale, non tanto
se costituisca una limitazione della libertà personale, quanto in
quale misura la video sorveglianza incida sul diritto agli spazi
privati e ci conduce a una ridefinizione sia dei comportamenti
individuali sia delle relazioni sociali.
Link:
Computer,
vittima di maltrattamenti
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da
fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio Nuovi Media
|