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In difesa della filosofia



Roberto Carifi con Tina Cosmai



Ecco la seconda parte dell'intervista a Roberto Carifi, pubblicata sul numero 143 di Caffè Europa 

Roberto Carifi, In difesa della filosofia, Le Lettere, Pag. 68 £ 18.000

Stiamo dimenticando noi stessi, le nostre capacità contemplative, speculative. Il nostro stato naturale di comprensione di tutto ciò che è, che esiste, è contaminato dai messaggi della tecnica, delle discipline analitiche e scientifiche, dalla dimenticanza del senso vero e infinito delle cose. La natura, l’uomo, la morte, il dolore, esistono eppure hanno perduto la libertà di esistere per come sono, nella loro semplicità d’essere.

S. Agostino sostiene che “l’amore è quello che conosce”, perché soltanto l’amore concepisce le cose per come sono, le lascia essere, non le contamina con finalità utilitaristiche. E’ una visione della vita che lascia spazio all’essere, che considera l’essere creato dal nulla, ex nihilo, sempre nella citazione di Agostino.

Ed è anche il pensiero di Roberto Carifi, il poeta filosofo che ha scritto un piccolo libro dal titolo In difesa della filosofia (Le Lettere Editore). “ In difesa della filosofia” spiega Carifi “perché sono convinto che la nostra sia un’epoca in cui domina il prassismo, l’ideologia del fare, in cui la dimensione contemplativa e meditativa, tipica della filosofia, va disperdendosi. Quindi la filosofia ha bisogno di essere difesa, anche se ci vorrebbero difensori più forti e più potenti di me. Io ho fatto ciò che potevo, ho dato il mio piccolo contributo a questa difesa del pensiero così come l’ha inteso l’Occidente fin dalle sue radici platoniche: pensiero come teoria, come sguardo capace di penetrare la verità”.


Qual è il legame tra filosofia e verità?

La filosofia è sempre domanda e ricerca della verità. E la verità è la semplicità stessa dell’essere, delle cose. Io credo che non si debba andare a cercare chissà dove la verità, perché essa è sotto i nostri occhi, ma spesso noi non riusciamo a vederla. La filosofia, come ci ha insegnato Platone, realizza pienamente il reale, quindi dà un fondamento veritativo alle cose e credo che sia proprio attraverso la filosofia che noi vediamo le cose nella loro essenza.

Allora lei attribuisce un significato ontologico alla filosofia…

La filosofia è prima di tutto un pensiero ontologico, perché è sguardo sull’intero, che vuol dire guardare le cose nella loro connessione con il tutto, mai isolate dalla totalità. La filosofia è contemplazione dell’intero fin dalle sue radici greche, si pensi a Parmenide per esempio, che per la prima volta afferma che l’essere è eterno. E con questo non intende certo negare la mortalità e la deperibilità delle singole cose e dei singoli esseri, ma affermare che tale vicenda appartiene a uno sfondo immutabile.

Senza lo sguardo rivolto all’orizzonte dell’essere nella sua interezza, la filosofia non può che perdere la sua originaria vocazione ontologica, perdendo infine se stessa. Vedere tutto in relazione all’intero significa andare oltre l’apparenza; citando Heidegger, la filosofia è uno sguardo dentro a ciò che è, è sguardo contemplativo e io insisto molto sulla filosofia come sguardo.

Nel suo libro lei parla di un guardare nella meraviglia, nello stupore, che definisce "stupore filosofico"…

In realtà non invento nulla perché sono stati Platone ed Aristotele ad affermare che la filosofia è stupore e meraviglia. Ma oggi questo stupore si è perduto, perché la filosofia ormai è un’ancella di altre discipline come la matematica, la fisica, la biologia, perdendo così la sua autonomia e il suo stupore originario, quello che si manifesta nella domanda sull’essere di ciò che è. La filosofia è meraviglia di fronte al fatto che le cose sono, di fronte al mistero della vita. Spesso è tragica e dolorosa, ma è anche e soprattutto gioia di contemplare l’essere di ciò che è.

La filosofia è metafisica e lo è in un doppio senso. E’ un discorso intorno alla physis, alla natura, all’essenza delle cose, ma è metafisica anche perché va al di là dell’apparenza meramente fisica della realtà. La metafisica ha un significato di riflessione intorno all’essere delle cose, uno sguardo che va oltre l’apparenza.

Dunque la filosofia è una domanda sulla creazione delle cose, della realtà?

Là dove avrebbe potuto esservi il nulla e permanere il nulla, c’è l’essere. Questo è un miracolo e la filosofia come io la intendo, è contemplazione su tutte le cose. Il botanico che si occupa di un albero, ha uno sguardo scientifico su quell’albero. Ma guardare l’albero con l’occhio del pensiero vuol dire guardarlo nella sua semplicità di albero, nel suo essere. Ciò che è importante è vedere le cose così come sono, lasciarle libere di essere. In questo la filosofia è sinonimo di amore; guardare le cose e lasciare che esse siano è amarle, è sottrarsi alla logica strumentale e capitalista che oggi domina il mondo, un atteggiamento di modificazione e manipolazione dell’essere delle cose.

Certamente il progresso porta in sé il bene e il male. Il progresso ci ha liberato da tante preoccupazioni e però d’altra parte ci ha regalato un mondo, quello della tecnica, che dimentica l’essere, che manipola l’essere. Anche il sentimento dell’amore tende all’“avere” e non all’“essere”: si ama per ricevere. Tutti i sentimenti umani sono snaturati in questa organizzazione violenta della realtà.

Lei insegna filosofia in un liceo; cosa fa la scuola in difesa della filosofia?

Nulla. Nella scuola la filosofia è snaturata, distrutta. La scuola è la tomba della filosofia, perché non vi si insegna il senso della filosofia. Gli studenti imparano nozioni, imparano che la filosofia è la madre di tutte le scienze, ma cosa sia davvero non lo sanno. Inoltre nella scuola si producono grossi equivoci filosofici, ad esempio le “idee” di Platone che sono concepite come un universo alieno alla realtà.

Invece il mondo delle “idee” platoniche rappresenta quell’orizzonte che noi dobbiamo avere sempre davanti, che riproduce il nostro domandare intorno all’essenza delle cose. L’idea dell’albero non è un’altra cosa rispetto all’albero, ma è l’albero nella sua essenza. Certamente Platone si è servito del mito, ha usato termini come “iperuraneo”, ma quello era il suo linguaggio. La concezione platonica delle “idee” ha una sua importanza ancora oggi, proprio perché l’uomo non si domanda più nulla: essa è una rivalutazione dell’orizzonte del senso delle cose.

All’interno di questa società nichilista, di perdita di riferimento all’essere, la filosofia non dovrebbe assumere un forte ruolo etico?

La filosofia ha essenzialmente un ruolo etico, che sta nel suo lasciar essere le cose. Come Heidegger sostengo che la scienza è solo metodo, la filosofia è soltanto via. La filosofia non si serve di metodi ma di vie, è un sentiero che il filosofo percorre, come un viandante che cerca, nella libertà della sua ricerca.

Inoltre sono convinto che la filosofia appartenga alla sfera religiosa dell’essenza umana, intendendo la religione come possibilità che l’uomo ha di stabilire un legame con la trascendenza. La filosofia, come ho detto in precedenza, va al di là del contingente, dell’apparente; quindi questa intonazione di verità e di amore è la sua impronta etico religiosa.


 

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